Patrizia Celi
Ricorre il 25 novembre la Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una violenza di genere per contrastare la quale si moltiplicano negli ultimi anni le campagne di sensibilizzazione ma che ancora fa registrare numeri elevati di feminicidi: 4 nella nostra regione solo nel 2014 (oltre a 6 tentati omicidi) e 115 in Italia (dati rilevati dalla stampa). Tra loro in gran parte mogli e compagne, perché quasi sempre si tratta di delitti perpetrati in ambito familiare. In totale sono state 2.431 le donne accolte nei Centri antiviolenza della regione, per il 65% italiane.
Se per loro nel territorio c’è una rete di sostegno che intercetta e accoglie, cosa avviene della controparte? Quell’uomo che dapprima insulta, poi fa partire uno schiaffo; si scusa ma dopo pochi giorni strattona e intanto prosegue con la violenza psicologica, che mira alla sottomissione e all’annullamento dell’autostima e dell’autonomia della compagna. E infine conclude con le botte, quelle pesanti, che lasciano i segni. C’è anche per questi maschi violenti una rete di sostegno che intercetta il rischio che la violenza si ripeta? A Parma c’è un innovativo progetto di «accompagnamento al cambiamento per gli uomini», seconda esperienza nazionale promossa da soggetti pubblici. «Ldv» (Liberiamoci dalla violenza) è il suo nome che non lascia adito a pietismi o negazioni: l’uomo violento è colpevole, ma si può tentare un percorso di presa di coscienza che conduca ad un abbandono delle pratiche dominanti.
È un progetto della regione Emilia Romagna, avviato a Modena nel 2011 e un anno fa anche al Centro Ldv della Casa della salute di largo Palli. Qui il maschio può trovare ascolto e aiuto nella massima riservatezza. Ci si arriva spontaneamente o su segnalazione dei servizi sociali. Attualmente si sono rivolti al centro 15 uomini di cui 8 hanno effettuato il primo colloquio e 5 già affrontano un percorso terapeutico guidato da psicologi. «Il problema della violenza di genere viene sempre affrontato dal punto di vista della vittima - spiega Jody Libanti, psicologo e psicoterapeuta del Centro Ldv dell’Azienda Usl di Parma – Ora noi ci occupiamo anche della responsabilità maschile perché l’atto violento non è un raptus o una perdita di controllo, ma una scelta, un’azione strumentale che ha un fine». Il percorso è necessariamente volontario, perché la base del trattamento è la motivazione. Il cammino verso un nuovo modo di rapportarsi nelle relazioni si svolge lungo incontri individuali che affrontano quattro tematiche: il tema della violenza, per farla emergere senza negarla o sminuirla; la presa di consapevolezza, cioè la comprensione che la violenza dipende da me e non è causata dal comportamento dell’altra; il legame tra il presente di soprusi e la mia storia personale; infine l’analisi delle conseguenze di quella che è ormai sancita come scelta di vita personale. Al cammino individuale seguirà quello di gruppo, non appena si raggiungeranno numeri significativi per omogeneità di intenti.
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