Georgia Azzali
L'ha colpita senza pietà. Fino a farla morire. Era livido e gonfio, il corpo di Alessia Della Pia. Sfigurato dalle botte. Di quel compagno che sarebbe dovuto essere a migliaia di chilometri di distanza. Perché Mohamed Jella - questo il nome dell'uomo a cui i carabinieri stanno dando la caccia - quasi tre mesi fa avrebbe dovuto far ritorno in Tunisia: dal 14 settembre, infatti, su di lui pende un ordine di espulsione del questore di Ferrara. Un provvedimento firmato 24 ore dopo la sua scarcerazione dal penitenziario della città emiliana, dove aveva finito di scontare una condanna per rapina.
Ricercato per omicidio
Carta straccia, quell'atto. Perché il destinatario si è ben guardato dal lasciare spontaneamente il territorio nazionale (sette i giorni di solito previsti per fare le valigie). E i casi di accompagnamento coatto sono ancora piuttosto rari, anche se ora l'allarme terrorismo sta facendo aumentare i rimpatri. Non un jihadista, Jella, ma un tipo pericoloso. A 27 anni, ha già accumulato una marea di precedenti. Oltre che alcuni anni di galera. Ma è un uomo libero. «Indesiderato» in Italia, eppure di fatto senza alcuna restrizione. Anche se da domenica è ricercato per omicidio volontario.
Botte e colpi di mattarello
Per ore si è accanito su Alessia, in quel piccolo appartamento al primo piano di via dei Bersaglieri 7. Colpita con calci, pugni, ma anche con un mattarello. Il primissimo referto del medico legale, Antonio Banchini, è un distillato di brutalità: incisivi asportati, traumi al volto, al capo, alla schiena, ai glutei, alle cosce, alle ginocchia. L'autopsia non è ancora stata fissata, ma pochi dubbi rimangono sulla morte. Pare escluso, invece, che il compagno abbia tentato di affogarla; più probabile, secondo i primi riscontri, che la donna fosse bagnata, perché l'uomo le aveva gettato addosso dell'acqua nel tentativo estremo di rianimarla. Gli investigatori, coordinati dal pm Andrea Bianchi, non hanno dubbi: è Jella ad aver martoriato Alessia. L'uomo è stato visto da un vicino di casa mentre trasportava il corpo della compagna fuori dall'appartamento. E' lui che alle 12,38 di domenica chiama il 118 dicendo: «La mia compagna sta male, abbiamo bisticciato». Ed è sempre Jella che, all'arrivo dei soccorritori, indica il corpo della donna, adagiata nell'androne del palazzo. La donna è già morta. Pochi secondi, e poi lui scompare. Gira l'angolo del condominio e se ne va.
Il movente della gelosia
Lo stanno cercando in quel sottobosco di piccoli spacciatori nordafricani. E' probabile che qualcuno lo stia aiutando. Ma la droga potrebbe non avere nulla a che fare con l'omicidio. Gli inquirenti stanno scavando nel rapporto tra i due. Perché se è vero che Alessia si era trasferita in quell'appartamento da poco meno di un mese, i vicini non la vedevano così frequentemente tra quelle mura. Più spesso, invece, Jella entrava e usciva di casa con una ragazza. Una ventenne «bellissima e dai tratti esotici», così la descrivono gli abitanti della palazzina. La giovane è già stata rintracciata e sentita dagli investigatori, ma per ora sulla sua identità non emergono indicazioni. Sicuramente la ragazza non era presente domenica mattina nella casa di via dei Bersaglieri, però potrebbe essere stata lei al centro della nuova discussione tra i due conviventi.
Scontri, ma nessuna denuncia
Litigavano spesso. E forse ormai lei era esasperata da quel rapporto sempre più sfilacciato. Una gelosia comprensibile nei confronti di quella ragazza che andava e veniva da casa sua. Tuttavia, non aveva mai presentato alcuna querela per lesioni (o altri reati) nei confronti del compagno. Alessia, come tante. Con la speranza di poter «redimere» quegli uomini violenti. Donne incolpevoli, rese fragili da anni di sopraffazioni. Qualcuna trova la strada del coraggio. Altre (ancora troppe) vanno ad aggiungersi al lungo elenco di vite spezzate.
Gabriele Grasselli
Massimo ha parlato con l'assassino domenica mattina, il giorno del massacro. Lo ha fatto davanti al cadavere devastato di Alessia Della Pia, depositato come un sacco sanguinante sul pavimento dell'androne del palazzo. Gli ha fatto domande, gli ha chiesto spiegazioni, lo ha aiutato ad aprire il lucchetto che chiude la catena del passaggio al cortile per permettere l'arrivo dell'ambulanza. Poi lo ha visto allontanarsi mentre già l'ingresso del condominio Acer di via Bersaglieri si era riempito di soccorritori che però per Alessia non potevano fare più niente. Massimo Mercati, 40 anni, meccanico, inquilino dell'alloggio accanto a quello in cui la 39enne è stata ammazzata di botte, non sapeva domenica di avere di fronte un uomo senza pietà, Mohamed Jella, il pregiudicato che adesso tutti stanno cercando. «Li ho sentiti litigare, urlare fin dal mattino alle 7. Sentivo dei colpi, dei rumori, delle grida. Ma del resto era già successo tante volte, quasi sempre, da quando erano arrivati, in ottobre...». Massimo parla al plurale: in realtà, nel paio di occasioni in cui aveva osato bussare alla porta dell'alloggio di fianco al suo per chiedere di fare meno chiasso, aveva parlato solo con lui, Mohamed. «Solo una volta ho intravisto una donna, ma era seduta e mi dava le spalle». Anche lui, come quasi tutti gli altri residenti del palazzo (che hanno avvistato invece più e più volte la misteriosa ventenne, un'altra donna che Jella picchiava furiosamente con regolarità fra le stesse quattro mura), non aveva mai visto Alessia Della Pia. «L'ho vista in faccia per la prima volta soltanto l'altra mattina, quando lui l'ha appoggiata, seduta, contro il muro dell'androne, sotto le cassette della posta». L'ha vista cioè dopo che i colpi bestiali di Jella le avevano spaccato i denti, la testa, dopo che le aveva reso il corpo un grumo di lividi, dopo che aveva cercato persino di affogarla nella vasca. «Per tutta la mattina - racconta Mercati - avevo avvertito le solite urla e i soliti rumori. Poi a un certo punto più niente. Poi ancora. Quindi verso l'una ho sentito dei movimenti strani, diversi. E la porta che si apriva. Dico la verità, ho guardato dallo spioncino...». Massimo dal piccolo oblò riesce a distinguere la figura di un uomo che sta trascinando un corpo sul pianerottolo del loro piano, il primo, verso l'ascensore. «Ho capito che la faccenda era grave, che c'era qualcuno che stava male, ma non pensavo... Sono uscito, ho fatto le scale, sono arrivato giù quando l'uomo ha tirato fuori dall'ascensore la persona a terra e poi l'ha portata giù dai tre gradini che ci sono per arrivare all'uscita. E quindi l'ha appoggiata sotto le cassette delle lettere, L'ha messa seduta». Pochi secondi irreali.
Davanti a Massimo ci sono una donna massacrata, esanime e un uomo che piange disperato. «Gli ho chiesto “ma cosa stai facendo? Non vedi in che stato è?. Lui mi ha risposto: “Sta male, chiamo il 118”. Io gli ho detto: “Ma se sta male dovevi lasciarla in casa, perché l'hai portata fino qui?”». Lui piangeva, si disperava. E io, anche se non sono un medico, mi stavo rendendo conto che quella donna era morta. Era troppo bianca, poi quelle ferite, i denti rotti, non si muoveva...”. Mohamed Jella ritorna in casa. Mercati decide di chiamare il 113: «Ho telefonato tre volte. Non mi hanno mai risposto». Intanto il vicino, sempre piangente, torna giù («aveva il giaccone, le scarpe, era vestito come uno che doveva uscire di casa...»). Per fare arrivare l'ambulanza davanti al portone occorre togliere la catena che impedisce l'ingresso delle automobili nel cortile. «Mi ha chiesto se avevo la chiave perché stava arrivando il 118. Gli ho detto di sì, ho preso la chiave, l'ho accompagnato ad aprire il lucchetto della catena. Poi siamo tornati dentro». Arriva l'ambulanza: «La prima ad avvicinarsi alla donna è stata una dottoressa. Appena l'ha vista ha detto “qui bisogna chiamare le forze dell'ordine, è morta”. Intanto ho visto il mio vicino uscire dal palazzo e poi girare l'angolo. Poi non ne ho più saputo nulla». Massimo ora si tortura: «Potevo seguirlo, ma ero in ciabatte, poi non avevo ancora messo a fuoco bene la situazione. Soprattutto avrei potuto fare qualcosa prima per quella povera donna, forse avrei potuto evitare che morisse. L'ho detto anche ai carabinieri, forse se avessi bussato prima, se fossi andato anche domenica mattina a chiedere di smettere di fare tanto rumore... Ma avevo paura, devo dirlo. Il coraggio l'ho trovato solo quando ho visto quell'uomo che trascinava il corpo fuori dall'appartamento. L'avessi trovato un po' prima... I carabinieri mi hanno rincuorato dicendomi che invece di un cadavere probabilmente ce ne sarebbero stati due». Massimo dice che Jella parla bene l'italiano: «E le volte che ho bussato da loro è sempre stato molto pacato, tranquillo, persino gentile». La belva si scatenava appena chiusa la porta. Nel racconto di Massimo Mercati c'è un ultimo particolare da sottolineare. «Domenica mattina, sul presto, a un certo punto, ho visto uscire dall'alloggio un uomo sui 50 anni. Aveva in mano una valigetta. Ho pensato fosse un dottore». Chi era?
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