Patrizia Celi
Sono sempre di più le donne alcoliste. Di ogni età. Nonostante l’alcolismo sia un fenomeno profondamente di genere, che per la donna significa maggiori danni all’organismo e più difficoltà terapeutiche. I dati di incidenza della nostra città confermano quelli a livello nazionale: se negli uomini si registra una stabilizzazione della dipendenza, le donne alcoliste negli ultimi anni sono in progressivo aumento.
Ai servizi dell’Azienda Usl di Parma nel 2014 oltre un terzo dei pazienti presi in carico è stato di genere femminile (97 donne), mentre nel 2011 erano solo 53. «Al di là dei numeri, è di grande interesse sociale il contenimento dei danni da alcol nelle donne, visto il loro insostituibile ruolo centrale nel mantenimento e nella crescita affettiva dei singoli e delle famiglie», ha detto Rocco Caccavari, presidente dell’associazione Mario Savini, che su questo tema ha promosso il convegno «Donne Alcoliste» in collaborazione con l’Azienda ospedaliero universitaria di Parma e l’associazione «In Viaggio». Sbalzi d’umore, aggressività
ma anche tristezza e depressione sono solo alcuni degli effetti dell’alcolismo al femminile, che investe anche l’area della fertilità, gravidanza, allattamento e menopausa, come ha sottolineato la ginecologa Barbara Galanti.
«Nelle donne gli effetti dell’alcol sul sistema nervoso centrale sono più gravi e importanti rispetto all’uomo - ha spiegato il neurobiologo e psichiatra Giuseppe Fertonani – Per le caratteristiche neurobiologiche del cervello femminile, più complesso e deputato ad una diversa produzione di ormoni». L’alcol ha un’azione importante su tutti i tessuti e sul sistema nervoso centrale, che per effetto dell’abuso disconnette alcune funzioni cerebrali. Nella corteccia quindi alcune aree iniziano a lavorare in modo autonomo, come nel sistema della gratificazione che dovrebbe guidare alla ricerca di un benessere globale e invece la orienta verso la dipendenza. E se l’azione tossica dell’alcol è potenziata nella donna, risulta più complesso anche l’intervento terapeutico perché i farmaci vanno assunti in dosaggi minori per la predisposizione di genere a maggiori effetti collaterali. «La soluzione è un percorso di cura integrato, estremamente flessibile e personalizzato – prosegue Fertonani – in cui tutti gli strumenti farmacologici, della psicologia e psicoeducazione, ma anche il contributo dei gruppi di mutuo-aiuto, siano alleati nello sforzo di rimodulare alcuni circuiti cerebrali».
Un ruolo importante ha anche un’alimentazione adeguata, come ha detto il nutrizionista Leone Arsenio, che ha rilevato come sia da contrastare l’errore alimentare, come l’abuso o la riduzione del cibo assunto, entrambi causa di iperglicemie. In campo come sostegno ci sono le risorse delle donne, come ha
sottolineato la psichiatra Carmen Cimmino. «Esiste uno specifico femminile nel riconoscere paure e sofferenze, che è
una risorsa notevole per entrare in contatto con i propri conflitti e risolverli se solo si offre
alla donna uno spazio e un tempo per accoglierli ed elaborarli», ha detto la specialista. Ma spesso la donna non ha spazi e tempi per sè, «schiacciata a panino», come ha sottolineato la sociologa Vincenza Pellegrino, tra il carico di cura, educativo e lavorativo che moltiplica le condizioni di vulnerabilità e fragilità.
Spesso si arriva così alla dipendenza, anche multipla, ad esempio con alcol, gioco d’azzardo e gratta e vinci, che consente comunque di mantenere un’identità pubblica solida e il sostegno alla famiglia. Intercettare queste fragilità è per la Pellegrino la vera sfida dei servizi.
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