Stefano Pileri
«Un congresso di partito in primavera? Non scherziamo: ci mancherebbe solo quello in piena campagna elettorale per il Comune…». Il vecchio dirigente di partito non è uno di quelli che parlano volentieri, ma sbotta di fronte all’ipotesi di un congresso nazionale del Pd nei prossimi mesi.
Non basta la risicata vittoria del Sì in città a scacciare i peggiori incubi del Pd parmigiano in vista delle prossime amministrative. Il voto di domenica, con la pesante sconfitta di Renzi, le sue dimissioni, il rischio di una resa dei conti dentro il partito, con o senza congresso. Il terremoto nazionale rischia di far arrivare le sue conseguenze fino a Parma. E di rendere ancor più arduo il percorso da qui alle elezioni che, nelle speranze del Pd, dovrebbero riportare il centrosinistra alla guida del Municipio dopo quasi vent'anni. Di fronte a un simile scenario è più che normale l’agitazione che attraversa in queste ore i democratici parmigiani. Tutti poco disponibili a sbilanciarsi con dichiarazioni ufficiali, ma con gli occhi puntati su quanto sta avvenendo a Roma. In particolare sulla direzione nazionale annunciata per oggi dal vicesegretario Guerini, poi spostata a venerdì e infine convocata per domani pomeriggio.
Lì si inizieranno a capire le intenzioni di Matteo Renzi su governo ed elezioni anticipate ma soprattutto sugli equilibri all’interno del partito, su quello scontro con la minoranza interna uscita vincitrice dal referendum, scontro che si trascina ormai da mesi. Si vedrà se davvero l’avrà vinta chi, come i bersaniani, chiede un congresso in primavera, chi propende per ottobre e chi addirittura vorrebbe anticiparlo a gennaio. E non si tratta di una questione di poco conto per il Pd di Parma che in primavera si troverà alle prese con la campagna elettorale. E’ vero che qui l’attuale minoranza, e cioè l’ala che fa capo a Bersani, un tempo molto forte in città e provincia, conta pochi sostenitori. A Parma, come nel resto dell’Emilia Romagna, quasi tutto il partito si è via via spostato sulle posizioni di Renzi, con tanti distinguo e qualche critica velata ma senza scontri frontali. Tanto che nell’ultima campagna referendaria, praticamente tutti i dirigenti si sono impegnati, chi più chi meno, per il Sì. E in città non si sono viste iniziative per il No con qualche esponente di spicco del Pd. «Chi non era d’accordo con il nuovo corso, più che dare battaglia ha preferito andarsene – fa notare un segretario di circolo –. E non è un caso che ci sia stata un’emorragia di iscritti, sostituiti solo in parte da nuovi arrivi. In città ci sono ormai alcuni circoli vicini alla chiusura». Ma molti scommettono che qualcuno dei tanti renziani dell’ultima o penultima ora siano pronti a lasciare il carro del segretario. «Più che ai contrasti e alle vendette ora bisogna pensare all’unità del partito – dice la deputata Patrizia Maestri in partenza per Roma -. Bisogna superare gli errori del passato e lavorare insieme a Roma, come a Parma».
Qui a Parma, la prima scadenza è già fissata, fra quindici giorni. Il 22 dicembre si chiudono i termini per la presentazione delle candidature alle primarie del centrosinistra per il candidato sindaco. Primarie che si terranno poi poco meno di due mesi dopo, il 19 febbraio. Per ora le candidature in gara sono quelle di Paolo Scarpa e del capogruppo del Pd in consiglio comunale Nicola Dall’Olio. Girano altri nomi, qualche provocazione e tante congetture. Sulla bocca di tutti resta soprattutto l’ipotesi Giorgio Pagliari. E non è un mistero che molti stanno chiedendo al senatore di farsi avanti. Lui finora non si è sbilanciato. Ma ormai la scadenza si avvicina.
Gli interventi di Serpagli e Romanini
«Non è il risultato che ci aspettavamo e quello per cui abbiamo lavorato in questi mesi ma, come ha detto Matteo Renzi, in politica le sconfitte ci sono e si debbono accettare ma bisogna anche capire cosa non ha funzionato e provare a ripartire senza commettere gli stessi errori». Il segretario provinciale del Partito democratico, Gianpaolo Serpagli, usa queste parole per commentare l’esito del referendum sulle riforme costituzionali e sottolinea due aspetti positivi. «In questo passaggio elettorale – spiega – tanti italiani sono tornati ad interessarsi di politica e quindi a votare: questo è un dato positivo, ora spetta a noi riuscire ad interpretare meglio questo bisogno di partecipazione. Inoltre nel Comune di Parma ha prevalso il sì, e questo ci fa ben sperare per il futuro visto che abbiamo davanti mesi in cui affronteremo una sfida decisiva per il futuro della nostra città, sono certo che tutti gli uomini e le donne del Pd continueranno a lavorare per il bene del territorio e dei suoi cittadini come hanno sempre fatto».
«Ci tengo, anche in questo momento non facile – conclude Serpagli – a dire grazie alle decine di esponenti del nostro partito e non solo, che hanno speso il loro tempo a sostegno del Sì e il risultato di Parma città, dimostra che è stato fatto un buon lavoro. La maggioranza degli italiani ha fatto una scelta diversa, ma questo non scalfisce l’impegno e la voglia di cambiamento che, come Pd, dobbiamo continuare a portare avanti sia a livello locale che nazionale».
Chiaro l'intervento di Giuseppe Romanini, deputato del Pd: «Il risultato elettorale non si presta ad altre interpretazioni: gli italiani hanno votato e scelto di respingere la riforma della Costituzione. Il voto è stato chiaro e l’altissima partecipazione al voto, segno positivo di vitalità democratica, ne rafforza la nettezza. Non posso tuttavia, dopo essermi speso totalmente per un risultato diverso, nascondere l’amarezza per questo esito. Resto convinto di aver combattuto per una causa giusta e che il nostro Paese abbia veramente perso l’opportunità di cambiare in meglio, di avere istituzioni più vicine ai cittadini, un parlamento più forte nel suo ruolo, un governo più stabile e direttamente responsabile nei confronti dei cittadini elettori».
«Abbiamo certamente commesso molti errori, il principale quello di non essere riusciti a mantenere il confronto sul merito delle proposte di modifica ed aver lasciato che altre argomentazioni inquinassero il dibattito politico - ha considerato Romanini -. Il voto premia Grillo, Salvini e Berlusconi. E Matteo Renzi, con coerenza, ha annunciato le proprie dimissioni. Si apre una stagione di incertezza nella quale non sarà facile ritrovare nuovi equilibri senza un rinnovo della rappresentanza sancito dal voto popolare. Rimango convinto che la responsabilità nostra, del Pd anzitutto, sia quella di proporre all’Italia un’alternativa autenticamente riformista, facendo ammenda degli errori compiuti ma lavorando da subito ad una proposta credibile da proporre agli italiani». r. c.
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