Anna Orzi
Non vuole essere definito "eroe" Franco Plizza, ma nel suo comportamento - in quel lontano e fatidico 8 settembre 1943 - un po' di eroismo c'è. Eccome. Infatti, insieme ad alcuni colleghi dipendenti delle Ferrovie dello Stato nella stazione fidentina, soprattutto i compianti Nando Amadei e Bruno Frati, ha rischiato grosso salvando dalla deportazione nei lager nazisti molti carristi del 433° battaglione di stanza nella nostra città, alloggiati nella Rocca viscontea. Scrivendo così un bella pagina di solidarietà nella nostra storia.
Il fatto, citato nella pubblicazione di Aimi e Copelli "Fidenza nella Resistenza" e a lungo sconosciuto a tanti fidentini, fu ripreso dalla Gazzetta nel cinquantesimo anniversario, nel 1993. <
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Non ha saputo più nulla di quei ragazzi? <
Quell'8 settembre rimane scritto a lettere d'oro nel cuore di Plizza, oggi quasi novantenne e con qualche inevitabile acciacco, e ne torna a parlare, aggiungendo altri dettagli, quasi con pudore ad oltre settant'anni di distanza continuando a ripetere "non siano stati eroi".
Vive coi suoi ricordi che emergono da foto, ritagli di giornale, lettere, diligentemente raccolti in album che sfoglia con nostalgia. Si commuove parlando della moglie Maria, per tutti Mariella, deceduta un paio d'anni fa ricordando con tenerezza la compagna di una vita "sposata", dice, a dieci anni perchè si è innamorato di lei a quell'età.
Il figlio Enrico, la nuora Gaetana e il nipote Francesco di cui è orgogliosissimo, lo circondano di affetto, attingendo al patrimonio di valori espresso da questo padre e nonno che, insieme ad altri amici accomunati dagli stessi ideali di giustizia e libertà, davanti al prossimo in difficoltà, non si è voltato dall'altra parte.
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