Lucia Brighenti
«Con la musica è più semplice imparare, perché aggiunge alle nozioni l’impatto emotivo». La incontriamo così, seduta al pianoforte intenta a insegnare canzoni inglesi ai bambini, Silvia Rossi, direttrice di cori parmigiana e docente di didattica della musica, direzione di coro e repertorio corale presso il Conservatorio di Bologna. Nelle scuole elementari del Convitto Maria Luigia di Parma, dove studia la figlia, dà una mano alle maestre che hanno creato il progetto «Sing a Long Song», proprio per far imparare l’inglese attraverso il canto. A Parma è secondo maestro della Corale Verdi (il primo è Fabrizio Cassi, «una persona con cui si può parlare e ragionare e con cui ho un ottimo rapporto», sottolinea Silvia Rossi), ma il suo lavoro la porta ben più lontano, fino in Giappone, dove da alcuni anni viene chiamata a preparare un coro di professionisti per la messinscena di opere italiane. Spesso ha lavorato con cori di bambini (in passato ha tra l’altro diretto le voci bianche della Corale Verdi) e lei stessa ha iniziato a cantare sin da piccola. «Sono figlia di due appassionati di musica: - spiega – i miei genitori non erano musicisti, ma mio padre era un loggionista. Ho frequentato le scuole elementari delle Luigine: a scuola celebravamo sei messe l’anno, con canti per ciascun momento liturgico. In questo modo ho imparato un repertorio di canti vastissimo e mi sono appassionata alla musica. Quindi, quando è stato il momento di iscrivermi alla scuola media, ho scelto quella del Conservatorio».
In Conservatorio si è diplomata in pianoforte e canto. Come ha scelto poi la direzione di cori?
«Non vivevo bene la competizione individualistica del concertista, che è sempre in lotta con se stesso e con il pubblico. L’impatto psicoaffettivo del solista non è facile: come direttore di coro è vero che sei in qualche modo da solo, ma ti appoggi anche su quanto sai trarre dai tuoi coristi. In più, sentire tante voci che cantano assieme creando un’armonia è per me una soddisfazione immensa».
Si è formata con Romano Gandolfi: cosa ha rappresentato per lei questo maestro?
«Per me Gandolfi è stato un punto di riferimento molto forte. L’ho seguito come studente in molte tournée (in Brasile, a Barcellona, in Argentina): studiavo le parti e osservavo il suo modo tutto personale di comunicare le proprie idee al coro. Aveva la capacità di rendere vivo ed espressivo ogni brano di musica».
Com’è questo lavoro dal punto di vista di una donna?
«Il mondo al femminile è sempre un po’ più complesso. Non credo che fare il direttore di coro sia un lavoro da uomo, ma bisogna mettere in preventivo che per una donna certe strade sono un po’ più complicate».
Lei ha diretto cori di bambini e di adulti: quali le differenze?
«Il lato positivo, con i bambini, è che ogni tappa è una vittoria. Sono vittorie che si raggiungono mediamente in tempo lungo. Con gli adulti il lavoro è meno faticoso».
Poi ha vinto il concorso per una cattedra nel Conservatorio di Bologna... Ci sono affinità tra il dirigere un coro e insegnare?
«In entrambi i casi devi sapere, devi saper fare e devi saper far fare. Ogni persona che hai difronte è un microcosmo: oggi le individualità sono molto forti e ti devi saper rapportare a ognuno».
Tornerà ancora in Giappone?
«Ci torno proprio a giorni per dieci repliche di Traviata, con un coro di sessanta giapponesi: l’opera sarà diretta da YutakaSado, con scene e costumi di Italo Grassi. Mi chiamano perché cercano una persona che abbia respirato l’humus verdiano, che li faccia lavorare sulla parola, sul contenuto simbolico che spesso è celato nei libretti d’opera. Il rapporto tra parola e musica è per loro molto importante. Il bello di questo coro è che ogni volta che cantano un’opera è come se fosse la prima volta, hanno sempre voglia di riscoprirla».
Secondo lei cosa bisognerebbe fare per far amare la musica ai giovani?
«Bisognerebbe fare cantare in coro o suonare in orchestra i bambini dagli zero ai quattordici anni, tutti, come succede a Vienna. Fare musica non vuol dire necessariamente suonare o cantare Verdi, va bene anche il musical, la musica etnica e folcloristica».
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