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Adorni ha una ricetta sportiva

12 Marzo 2016, 07:59

Paolo Grossi

Vittorio Adorni è stato un atleta e un dirigente ai livelli più alti dello sport mondiale. Oggi ha 79 anni e ha girato il globo in lungo in largo. E' stato, di fatto, un ambasciatore della parmigianità, non solo per la sua tenacia nel far conoscere, appena gli era possibile, i nostri prodotti tipici, ma anche per la verve elegante, il tratto signorile, la disponibilità cordiale che unisce piuttosto di dividere. Caratteristiche, per lungo tempo, di tanti parmigiani, più o meno illustri.

Per avere da lui una visione della Parma di domani bisogna per forza di cose partire da quella di ieri. La «sua» Parma.

IL MONDO PICCOLO DI VIA MANTOVA

«Sono nato praticamente di fianco alla Certosa, e tutt'intorno c'erano i campi. Essendo del '37, i primi ricordi risalgono al tempo di guerra. Mai ho dimenticato la volta in cui, da una colonna di camion che trasportavano deportati verso la Germania e che si era fermata proprio davanti alla Certosa, due prigionieri si diedero alla fuga. Da alcune torrette partirono spaventose raffiche di mitra, che falciavano gli alti gambi di granoturco tra i quali si erano gettati i fuggitivi. Non li presero, per fortuna, ma a me, bambino, quell'episodio si conficcò nella testa. Poi regolarmente assistevo, dal cortile di casa, ai bombardamenti dello zuccherificio: i piloti cercavano di abbattere la ciminiera, sganciando bombe che scendendo sembravano bottiglie. Ci hanno provato spesso, ma non ci sono mai riusciti... Più sereni sono i ricordi dei giochi. Ero già ragazzo quando organizzavamo delle partite di calcio in via Mantova. Proprio sulla strada: quattro mattoni a far da pali, e un bambino di vedetta ad avvisare quando arrivava una vettura, in modo che potessimo scansarci per poi ricominciare. Insomma, c'era un traffico diverso da adesso».

Quel pallone è il primo approccio al mondo dello sport, un mondo da cui Adorni non uscirà più.

«Giocavo a calcio con i ragazzini della zona, e andavamo volentieri dentro la Certosa, che all'epoca ospitava un riformatorio, perché lì c'era un campo bellissimo. Ci mescolavamo agli ospiti e via con le partite. Poi nacquero le prime squadrette ma io ero un po' una schiappa. Fu così che, a 18 anni, un giorno mi feci prestare la bici che mio padre usava per andare a lavorare e, assieme a due amici, arrivai fino al Passo della Cisa. Eravamo inebriati dalle imprese di Fausto Coppi ascoltate alla radio, di cui tutti parlavano, anche per via della rivalità con Bartali. Fu amore a prima vista. Mi piacque tantissimo, anche la salita, con fatica annessa. Mi si aprì un mondo nuovo».

Dal mondo piccolo al mondo grande, quello che tredici anni dopo incoronerà con la maglia iridata Adorni a Imola. Nel mezzo però c'era stato dell'altro.

«Finita la quinta elementare alla Michele Vitali i miei mi mandarono a fare il garzone da Cilién, l' orologiaio di via Farini. Poi passai commesso alla ferramenta Ghirardi, e ancora, per quattro anni, in fabbrica alla Barilla».

PARMA CHE CAMBIA

La Michele Vitali non c'è più, e la Barilla ha cambiato sede. Cominciamo a parlare di una Parma diversa.

«Quando iniziai a correre in bici divenni buon amico di Pietro Barilla, andavo spesso anche a casa sua e lui all'epoca mi aveva illustrato i progetti di sviluppo dell'azienda. Aveva appena acquistato i terreni di Pedrignano. Poi, negli anni '90, dai miei uffici in via Barilla, a Barriera Repubblica, ho seguito i lavori di demolizione del vecchio stabilimento, con diversi ex operai assiepati in strada. Tanti di loro con gli occhi lucidi. Però voglio dire una cosa: in quella zona è stato fatto un eccellente lavoro, a riprova che non tutto quello che viene dopo è per forza di cose peggiore. Sono stati realizzati spazi commerciali ma anche abitativi e c'è tanto verde, così come nell'area ex Eridania. La nostra città, a voler sinceri, è stata sfigurata dai concetti edilizi e urbanistici del dopoguerra. C'era grande fretta che si è trasformata in approssimazione, senza alcuna lungimiranza. Condomìni addossati uno all'altro, strade strette, nessun marciapiede e non parliamo di spazi da trasformare in piste ciclabili. Negli ultimi anni si è venuta formando una sensibilità diversa, ma ormai molti danni erano fatti».

I TESORI

Per fortuna, però, c'è anche dell'altro. «Da sempre quando all'estero dico che sono di Parma la gente nomina subito, con sguardo estasiato, il prosciutto e il formaggio. ''Jambon, Ham, Fromage, Cheese''. Non si scappa. Poi uno può raccontare altre cose della città, ma il punto di partenza è sempre quello. Pensare a Parma per gli stranieri vuol dire pensare a un posto in cui si mangia e soprattutto si vive bene, con gusto. Avere poi qui la sede dell'Efsa è motivo di ulteriore prestigio. Credo comunque che non si faccia mai abbastanza per far conoscere e diffondere fuori dall'Italia le nostre specialità. Anche se non è facile perché ho toccato con mano quante contraffazioni esistano. Intanto una nota positiva è che i produttori in buona parte hanno compreso l'importanza di puntare sulla qualità. I consumatori, anche all'estero, sono sempre più avvertiti e riconoscono se un prodotto è ben fatto o no. E questo dovrebbe avvantaggiare il nostro territorio. E' un po' la lezione che viene dalla Barilla, che pur con grandi numeri ha sempre tenuto alto il livello di qualità».

IL VALORE DELLO SPORT

Tra i tanti incarichi su scala mondiale, Adorni ne ha avuto uno anche sotto casa. E' stato infatti, prima con Ubaldi sindaco poi con Vignali, assessore allo Sport in Comune.

«E' stata un'esperienza molto istruttiva, che mi ha fatto conoscere la macchina comunale ma anche l'universo delle società sportive della città, una galassia di realtà, quasi sempre su base di volontariato, che è benemerita per come tiene i ragazzi lontano dalla strada ma anche dal divano. Ed è un movimento che va aiutato, sia dagli Enti pubblici che dai privati che possono farlo. Pensiamo infatti che, a differenza dei miei tempi, nessun bambino o ragazzo oggi, per tanti motivi, è libero di giocare o fare sport in un prato. Se vogliamo che facciano attività fisica bisogna rivolgersi a una realtà organizzata. E lo sport, credetemi, per un giovane è una miniera, sia sul piano fisico che su quello mentale. Anche la testa, non solo il corpo, cresce in modo diverso in un ambiente sportivo. Si diventa persone, e quindi cittadini, migliori. Conviene a tutti, insomma, investire nello sport. Poi anche lì si può fare meglio perché in certi posti si pensa troppo a vincere, e questo fa perdere di vista altri valori. Se io avessi iniziato a pedalare pensando ai soldi e alla fama non li avrei mai ottenuti. A me piacevano le montagne, la sfida con me stesso e gli altri. E' così che si alimenta la passione. I ragazzi devono divertirsi e conoscere l'amicizia, la solidarietà, anche il sacrificio. E' lo sport che diventa maestro di vita».

OGGI E DOMANI

«Io dico a tutti che a Parma si vive bene. Chi si stabilisce qui trova tanti servizi e opportunità, oltre a una città aperta, colta e ben collegata, con il resto del mondo. Abbiamo la tipica ospitalità della terra emiliana, e grazie al tessuto imprenditoriale siamo anche riusciti a stare a galla nella crisi economica. Però per me, che sono amante dei Paesi nordici, la città è un po' sporca. E sarebbe invece un biglietto da visita importante un certo decoro. Ma ciò dipende principalmente dalla nostra educazione: anche per questo dico che fare sport può renderci più educati».

Poi c'è la cultura, il teatro.

«Al Regio sono andato per tanti anni, iniziando da bambino quando, in cambio di una mancia, facevo la fila in biglietteria per qualche loggionista. Mio zio era una maschera e mi infilava in teatro quando c'erano le opere. Ultimamente devo dire che il programma non è granché. Parma però ha tanti teatri e la gente li frequenta. Penso anche alle realtà dialettali, che tutelano un patrimonio che si va perdendo. Mi piacciono molto i ragazzi di «Io parlo parmigiano» che si sono dati una missione apprezzabile. Si guarda meglio avanti se si sa bene da dove si viene. In questo senso ho aderito volentieri a un'iniziativa promettente come «Parma io ci sto», in cui personalità di varia estrazione si confrontano per formulare proposte che possano dare respiro allo sviluppo futuro di città e provincia. Credo si rivelerà molto utile».

ELOGIO DELLA LEGGIADRIA

La chiacchierata è finita. Ma prima di separarci, Adorni ci regala un aneddoto con cui vorremmo chiudere una pagina aperta a suon di raffiche di mitra. «Nel '66 il Giro d'Italia partiva da Montecarlo. La sera prima c'era una cerimonia e tutti i capitani, io in maglia rosa perché avevo vinto l'anno prima, sfilavano con un mazzo di fiori. Eludendo il protocollo, scavalcai una transenna e porsi i fiori a Grace Kelly, presente con Ranieri. La mattina dopo fu lei a dare il via alla tappa e avvicinandosi a me sussurrò ''E' stato molto gentile ieri sera''. Io gonfiai il petto per l'emozione». E noi con lui cinquant'anni dopo, nel segno, magari un po' retrò, dell'orgoglio parmigiano.

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