Chiara Pozzati
Spettatore per caso. Anzi per cinque euro «di fumo», come dirà lui stesso in aula. Ma quello che Andrea Alongi proprio non si aspettava è che la sua testimonianza sul caso Bonsu, otto anni dopo, diventasse un cult.
Un caso dell’estate, dopo la messa in onda durante una puntata di «Un giorno in pretura». Virale sui social network – basta digitare il suo nome su Facebook per accorgersi della sfilza di gruppi creati in suo onore – al punto di guadagnarsi un posto di rilievo sul nostro sito prima, e sulle testate online dei principali quotidiani nazionali poi.
«I vigili lo chiamavano scimmia» dice durante l’interrogatorio del pm, Roberta Licci, ai tempi a capo dell’inchiesta, e sempre davanti a lei «mima» i gesti degli orango che ha visto fare ad alcuni agenti all’interno del comando. Per i vigili coinvolti il processo si era chiuso con pene pesanti. La Cassazione, lo scorso aprile, ha però rinviato alla Corte d’Appello il procedimento derubricando il capo d'imputazione da sequestro di persona ad arresto illegale, ma il reato più grave di falsità ideologica è già passato in giudicato. Lui era uno dei tanti testi sentiti, ma oggi cosa ne pensa? «Bah, io nemmeno ce l’ho Facebook. Tra qualche giorno verrò dimenticato, basta una sparatoria americana, aggiornamenti su Brexit, o qualcosa sui diritti civili, per essere archiviato».
La reazione è schietta, ironica, disinvolta come peraltro è stata anche di fronte ai magistrati. Ma che fine ha fatto Andrea otto anni dopo lo tsunami per il pestaggio dello studente ghanese? «Di novità ne ho poche, vivo sempre qui, in quartiere Montanara» ti risponde svelto. E un «Cinghio domina», detto con orgoglio, «non me lo leva nessuno». Compirà 25 anni a dicembre ed è disoccupato: «Mettiamola così, potrei essere laureato – parla a briglia sciolta -. Perché con tutti gli argomenti che mi interessano faccio sempre la stessa cosa. Mi metto davanti al computer e “mi sparo” tutte le informazioni che riesco a reperire su wikipedia». Un passato delicato il suo, segnato da molto dolore. E oggi? «Semplicemente non ho una vita». Te lo dice così, a brutto muso, «perché sono arrabbiato col mondo». Ma poi ci ripensa su e qualcosa da dire ce l’ha: «Sono caduto nel tunnel della droga anni fa, è vero, ma con fatica sono riuscito a tirarmene fuori. Non mi faccio più».
E ripete come un mantra: «Tu dai tutto alla droga, ma lei ti toglie ancora di più. Prima avevo amici, ero “superiore”. Finita quella tutti scomparsi. Oggi sono una persona migliore, ma sola». Rovescia se stesso al telefono, senza paura «perché sono uno cresciuto in strada e so stare al mondo». Sempre in bilico tra l’ironia, lo scherzo. Ma il retrogusto amaro si percepisce. Cosa dice di quella puntata che suo malgrado ha acceso i riflettori su di lui? «Niente. Alla fine quando è successo tutto io avevo 17 anni, e mi sono limitato a dire quello che ho visto, la verità. Poi ho sempre pensato che i vigili dovessero fare multe e continuare così, ma questa è un’altra storia». Del Movimento 5 Stelle apprezza solo il sindaco Federico Pizzarotti: «Perché è d’accordo sulla marijuana libera. Per il resto la politica è spazzatura».
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