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Coniugi sequestrati dai rapinatori

Coniugi sequestrati dai rapinatori

13 Giugno 2016, 11:30

Laura Frugoni

«Sento ancora il sapore di quel guanto di pelle nera premuto sulla bocca. Cos'ho pensato in quella mezz'ora? Mi è passata davanti tutta la mia vita. “Adesso questi ci ammazzano perché in casa non trovano un piffero e allora se la prendono con noi”. Sì, ho pensato di morire».

Forse qualcuno domani ci dirà che nel primo semestre del 2016 i furti in appartamento sono calati rispetto all'anno prima. Forse sarà pure così. Ma il gelido balletto delle statistiche non spiega, non scava, non misura la protervia degli incursori che cresce. Quello che è successo sabato notte in strada Paullo domani finirà nella lista delle rapine in villa «solo» tentate. In fondo se ne sono andati senza rubare uno spillo. Ma quello che hanno subìto Marzia e suo marito lascerà un trauma ancora più profondo rispetto allo choc di chi apre una porta e si ritrova le stanze violate, i gusci vuoti dei gioielli buttati sul letto. I ladri, questi ladri, non scappano più di fronte a un padrone di casa che si sveglia. I padroni sono loro.

Il mattino dopo Marzia si siede in giardino e accetta di ripercorrere la notte che è stata, «ma facciamo con calma, sono ancora tanto agitata». Preghiera superflua: il terrore ce l'ha negli occhi.

La casa dove abitano lei e il marito è una porzione di un rustico ristrutturato. Un bel posto, giardino interno, al riparo dalla strada: un'oasi verde incastonata nei palazzi, loro due ci sono venuti ad abitare un anno fa insieme al loro meticcio Ugo - il vero eroe della storia, ma questo lo racconteremo dopo - per stare vicini all'amica Marta, che occupa l'ala principale del complesso. «Mio marito è malato di Alhzeimer, è ricoverato in una casa di riposo e io sono rimasta qui sola», dice Marta. Lei l'altra notte non s'è accorta del raid: quando s'è svegliata era già successo tutto. Ma ora lo sa che nel mirino probabilmente c'era soprattutto la sua abitazione. Se non hanno varcato la sua soglia è stato solo per una questione di tempo.

Erano in tre: alti, grossi e incappucciati, «stranieri dell'Est», ne sono sicuri i coniugi. Il primo ad essere finito nelle grinfie dei rapinatori è stato Claudio. Erano più o meno le due e mezza quando è sceso al piano di sotto, ha raggiunto il cagnolino che continuava ad abbaiare e per rassicurarlo ha commesso un errore purtroppo fatale, di questi tempi. Ha aperto la porta dell'ingresso (che dà sul cortile interno). In quel momento dal buio è sbucato il primo rapinatore.

«Ha preso mio marito da dietro, l'ha immobilizzato mentre cercava di divincolarsi, gli ha tappato la bocca con una mano e l'ha trascinato dentro casa. Io stavo scendendo quando mi ha afferrata il complice, ha premuto anche a me la mano sulla bocca così forte che non riuscivo a respirare. Ci hanno legato i polsi con le fascette autobloccanti».

I rapinatori erano diventati tre e si sono divisi i compiti, c'era parecchio da fare in pochi minuti: bisognava salire al piano di sopra per frugare nei cassetti, impedire a marito e moglie di muoversi e gridare, cercare di acchiappare Ugo che continuava ad abbaiare come un matto.

«Mio marito l'hanno coricato nell'ingresso con la testa appoggiata al primo gradino, io rannicchiata appena sopra - la donna indica la scala che porta di sopra - All'inizio ero terrorizzata perché non rispondeva, temevo gli avessero dato un colpo in testa. Poi mi ha sussurrato: “Stai calma, non urlare. Vedrai che quando hanno finito di fare quel che devono se ne vanno”. Vedendo che stava bene mi sono rinfrancata un po'».

Non avevano armi, non hanno avuto bisogno di sibilare minacce di morte. Il momento più delicato è arrivato quando uno degli incappucciati ha chiesto a Marzia di consegnargli le chiavi della casa dove dormiva l'amica. «Gli ho detto che non le avevo».

Il loro tempo stava per scadere. Ugo fuori in giardino continuava ad abbaiare finché s'è svegliato Aron, il dobermann della vicina, e il concerto è diventato insostenibile per gli incursori. Costretti a scappare a mani vuote. I due ostaggi in casa propria si sono liberati a vicenda dalle fascette e hanno lanciato l'allarme: un quarto d'ora dopo la casa brulicava di poliziotti.

Il giorno dopo il giardino è tornato luminoso e quieto. Marzia si accende una sigaretta: «Mi sembrava un film. Mai e poi mai avrei pensato di vivere una cosa del genere».

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