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Crac Parma calcio: chiesti 735 milioni di risarcimento

Crac Parma calcio: chiesti 735 milioni di risarcimento

30 Marzo 2019, 10:32

La replica degli avvocati di Ghirardi

Georgia Azzali

C'è uno spartiacque nella storia del Parma calcio targato Ghirardi. E' il 30 giugno 2013: in quel giorno di inizio estate, quando viene chiuso l'esercizio contabile, la società crociata è già di fatto una società fallita. Il patrimonio netto è sotto di 42,5 milioni. Ma nessuno si assume la responsabilità di gettare la spugna. Di portare i libri in tribunale. Si va avanti, con una serie di maquillage contabili, fino al 19 marzo dello scorso anno, quando il tribunale dichiara il fallimento del club, sommerso da un passivo di 118 milioni. Ma negli anni il patrimonio societario si sarebbe deteriorato di 735 milioni: è questa la cifra vertiginosa che i curatori fallimentari, Angelo Anedda e Alberto Guiotto, chiedono venga complessivamente messa sotto sequestro a 17 ex della società, tra dirigenti, amministratori e sindaci. Il ricorso, basato sulla relazione della JNP Forensic, la società di revisione che ha ricostruito la storia del dissesto per conto dei curatori, è stato presentato nei giorni scorsi al tribunale di Bologna (sezione imprese), tramite l'avvocato Danilo Galletti. La richiesta principale era quello di un sequestro «inaudita altera parte», ma il giudice ha detto no, fissando l'udienza a metà marzo per la discussione in contraddittorio, alla fine della quale verrà presa la decisione.

Quell'«insana gestione»

Centottanta pagine per indicare ragioni - e responsabili - del crac. E' la prima radiografia completa del dissesto del club, acquisito dalla famiglia Ghirardi nel 2007 dal commissario Enrico Bondi, dopo lo scandalo Parmalat. La squadra passa sotto il controllo della Eventi Sportivi spa. Ma fin da subito le acque sono agitate. Il saldo resta sempre negativo e ci sono anche - si legge nel ricorso - «evidenti segnali di tensione finanziaria, difficoltà di liquidità, ritardi nel pagamento di tributi, contributi previdenziali, nonché difficoltà nel rispettare i parametri economico-patrimoniali e finanziari imposti dalla disciplina di vigilanza sulle società sportive». Eppure, non c'è alcun cambio di marcia. Si va avanti, aumentando l'incidenza delle componenti di reddito straordinarie e si punta soprattutto al realizzo di plusvalenze in gran parte fittizie. Mentre i costi da sostenere vengono sempre differiti nel tempo. Un'«insana politica gestionale», secondo la curatela fallimentare, che avrebbe progressivamente trasformato la società da «impresa sportiva in un'impresa commerciale». Fino all'estate di tre anni fa, quando «il capitale sociale è completamente eroso». E' così che, sulla base della ricostruzione effettuata da JNP, è possibile datare «senza dare adito ad equivoci il dissesto al 30 giugno 2013».

Premi «ingiustificati»

Un anno dopo, arriva un grosso contraccolpo per l'immagine del Parma calcio: la squadra resta fuori dall'Europa League per non aver pagato circa 300.000 euro di ritenute Irpef. Ma sono altri i fattori che, secondo i curatori, producono la miscela che poi fa esplodere il club. Si parte dai «premi di valorizzazione», ossia quelle somme che le società sportive sostengono quando trasferiscono temporaneamente un giocatore, di solito del settore giovanile, in un'altra squadra. Per esempio, la cifra può essere parametrata al numero di presenze. Ma nel caso del Parma si tratterebbe di premi «di importo anomalo, e la cui dazione non appare sorretta da idonee argomentazioni».

Non solo. Il club crociato avrebbe anche assunto opzioni per l'acquisto di determinati giocatori che poi si sono rivelate particolarmente onerose. E poi c'è quel giro di denaro tra le società della galassia Ghirardi, oltre all'assunzione di debiti: soldi a favore di aziende correlate, come la Eventi Sportivi, la Sts, la Five Group e la Tg Finim.

L'operazione Nova Goriça

Sono solo alcuni degli aspetti della gestione Ghirardi finiti nel mirino dei curatori. Perché tra le avventure spericolate c'è anche l'operazione Nova Goriça. Sono in totale 29 i calciatori che vengono ceduti in prestito dal Parma alla squadra slovena, molti dei quali nella stagione 2013-2014. Tutti «accompagnati» da incentivi all'esodo. Una somma che sostanzialmente coincide con la retribuzione annuale, da pagare in rate mensili. Nella maggior parte dei casi, poi, il giocatore è acquistato a titolo gratuito o pagato per poi passare contestualmente in prestito alla squadra slovena; altre volte, invece, il calciatore veniva comprato dalla stessa Nova Goriça per poi essere trasferito in prestito allo stesso club sloveno. L'unica cessione del Parma alla squadra slava è del 29 giugno 2013: si tratta di Enow Salomon. Il prezzo è di 1 milione: soldi che il club gialloblù non incasserà mai, ma l'operazione consentirà al Parma di iscrivere una plusvalenza di 1 milione, in quanto Salomon era stato in precedenza acquisito dallo Spezia.

Sul fronte dei debiti, invece, si registrano quattro acquisti di giocatori dal Nova Goriça: Celcer Uros, Jogan Alen, Sirok Matija e Vetrih Amedej. In totale, 863.000 euro pagati alla società slovena, quando ormai quest'ultima aveva perso il proprio patrimonio sociale. Non solo. Al momento dell'acquisto il Parma, quasi contestualmente, concede i calciatori in prestito gratuito, aggiungendo anche altri soldi come incentivi all'esodo. Un danno complessivo, secondo i curatori, di 3 milioni e mezzo di euro.

La plusvalenza del marchio

Molte le operazioni e i «marchingegni contabili» che hanno portato al crac. Ma certo è che la cessione del marchio «Parma Fc» a ParmaBrand, piccola società della galassia di Ghirardi, oltre al contratto per i rapporti con la concessionaria di pubblicità Gsport, segna una tappa fondamentale. Una tappa nella corsa contro il tempo per cercare di mascherare, secondo i curatori, la realtà tragica dei conti. Il passaggio del marchio viene fatto al prezzo di 31 milioni, più altri 8 come una tantum per gli effetti contrattuali del rapporto con la Gsport. Da non dimenticare, poi, la data: 27 giugno 2013, ossia tre giorni prima della chiusura dell'esercizio. La cifra per il passaggio del marchio viene stabilita in base a più perizie fatte, a partire dal 2010, da parte del perito Marco Baccani. «Un prezzo di cessione abnorme, pari a 31 milioni - scrivono i curatori nel ricorso - che consente alla società di iscrivere a bilancio una plusvalenza di 22 milioni». Cifra spropositata per la procedura, dal momento che il tecnico incaricato dalla procedura fallimentare è arrivato a una stima di 2 milioni. Insomma, per i curatori «un'operazione in realtà fittizia, posta in essere a fine esercizio al solo fine di iscrivere una rilevante plusvalenza che ha consentito di mantenere il patrimonio netto sopra lo zero».

Le responsabilità degli ex

Sono andati avanti, i vecchi amministratori. Nonostante, a partire dal giugno 2013, fosse chiaro a tutti - secondo i curatori - quale era la situazione (disastrosa) del Parma calcio. Avrebbero dovuto far partire la procedura per la liquidazione, in assenza di una ricapitalizzazione, e invece non fecero nulla. E, allora, sarebbero tutti responsabili i 17 citati nel ricorso. Ci sono i «soliti noti»: Tommaso Ghirardi e il suo braccio destro, l'ad e direttore generale, Pietro Leonardi, ma figurano anche diversi consiglieri in carica tra il 2009 e il dicembre 2014, quando poi la società fu ceduta alla Dastraso. Nel mirino anche gli ex sindaci Mario Bastianon, Francesco Sorlini, Maurizio Magri e Osvaldo Francesco Maria Riccobene e gli amministratori di Eventi Sportivi, Andrea Zaglio e Ottavio Martini. Nella lista compaiono, poi, anche Silvia Serena, consulente legale dell'ex società crociata, e Roberto Giuli, l'amministratore di EnergyT diventato socio al 10% e sponsor del Parma.

Le cifre richieste dai curatori? Si va dai 60 milioni che la procedura fallimentare vorrebbe far sequestrare a Ghirardi e Leonardi fino ai 20 chiesti ad Arturo Balestrieri. E' il depauperamento del patrimonio societario che ognuno, nel proprio ruolo, avrebbe causato. Secondo i curatori, infatti, gli ex amministratori sarebbero venuti meno ai loro doveri, non portando avanti con diligenza i loro compiti. Anche chi non aveva ampie deleghe dovrebbe rispondere del dissesto, perché le responsabilità - si legge nel ricorso - discendono dagli articoli 2381 e 2392 del codice civile, che sanciscono i doveri nella gestione delle società.

Per quanto riguarda i sindaci, invece, «la vigilanza sugli assetti amministrativi, organizzativi e contabili della società in bonis è stata meramente simbolica». Obblighi, poi, c'erano anche per gli amministratori di Eventi Sportivi, la società controllante del Parma Fc, ma sia Zaglio che Martini avrebbero «tranquillamente protratto l'attività di "orientamento strategico" di Parma Fc sulla falsariga delle medesime linee di indirizzo pregresse, così concorrendo ad aggravare il dissesto». Infine, per quanto concerne Silvia Serena, essendo stata consulente legale da maggio a dicembre 2014, «si collocava presumibilmente in condizioni di vantaggio informativo», si sottolinea nel ricorso.

Ora spetterà al giudice decidere se e quanto sequestrare ai vecchi protagonisti del Parma calcio. Senza dimenticare che, comunque vada, sarà possibile sia per i curatori che per i convenuti fare reclamo contro la decisione del giudice. E sempre tenendo presente che siamo sul piano della responsabilità civile. Altra storia, la vicenda penale. L'inchiesta è in corso, e tra i personaggi finiti nel mirino dei sequestri solo Ghirardi e Leonardi risultano indagati per concorso in bancarotta fraudolenta. Ma nuove iscrizioni potrebbero essere molto vicine.

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