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Deborah Lettieri: «La Parma che vorrei» Video

25 Giugno 2016, 10:38

Vanni Buttasi

Una finestra sulla Tour Eiffel e una su piazza Garibaldi. Da Parigi Parma non è così lontana per Deborah Lettieri, stella del Crazy Horse con il nome, che è già una garanzia, di «Gloria di Parma».

Nell'intervista non manca un po' di nostalgia da parte di Deborah, che non rinnega la sua scelta artistica. E il suo sogno continua ancora.

Quando e dove sei nata?

«Sono nata a Parma il 30 luglio di una trentina di anni fa (forse non si domanda mai l'età ad un'artista ndr)».

Dove giocavi da bambina?

«Al Jazz Dance Studio di Parma, la scuola di danza era un luogo dove trovare passione, amore, studio e gioco al tempo stesso. Solo di rado passavo i pomeriggi in Cittadella, vicino a dove vivevo, o al Parco Ducale, vicino alla casa dei nonni, o nel parchetto davanti a casa, sotto gli occhi attenti di papà Raffaele che poteva guardarci dal balcone».

Che scuole ha frequentato?

«La Don Milani per i primi due anni poi la Jacopo Sanvitale, successivamente la Don Cavalli e il Melloni, infine l'università a Parma, nella facoltà di Scienze motorie».

Qual era il tuo sogno da ragazzina?

«Diventare una ballerina... a volte i sogni diventano realtà».

Come era allora Parma?

«Il mio ricordo di Parma è quello di una città a misura d'uomo, tranquilla, fatta di spostamenti in bicicletta, di concittadini che si conoscono e che si fermano al bar per prendere un caffè quando si incontrano casualmente per strada. Una città colta, che mostra fiera il suo enorme patrimonio culturale. Una città in cui si parla volentieri di Verdi, Toscanini, Bertolucci solo per citarne alcuni».

Come ti divertivi?

«Il mio divertimento era la danza. Una volta tornata a casa, finivo i compiti in fretta per andare a scuola di danza; che fosse classica o moderna ho sempre preferito la mano alla sbarra alla “vasca”, in via Cavour».

Quando ha iniziato a lavorare?

«Una frase che mi piace molto e che trovo esemplare dice “Scegli un lavoro che ami e non dovrai lavorare un singolo giorno della tua vita”».

Come è stato lasciare Parma?

«Uscire dalla comfort zone di Parma è stato difficile ma il mio coraggio di sognare, la forza della mia motivazione, la voglia di raggiungere gli obiettivi che avevo in testa, mi hanno permesso di valicare il confine e di seguire il mio cammino. Amo la mia città e spesso mi manca, come mi manca la mia famiglia che ancora vive lì, ma ciò non toglie che oggi sono pienamente convinta di aver preso la strada giusta».

Da Parigi come vedi oggi la tua città?

«Come un'oasi di pace».

E come vedi i parmigiani?

«Trovo gli italiani in generale più aperti, socievoli e sorridenti rispetto a persone di altre nazionalità. I parmigiani non fanno eccezione, sono persone particolarmente accoglienti, estroversi laboriosi e colti... particolarmente attenti ed educati».

Quando ritorni a casa, hai nostalgia quando poi riparti?

«Un briciolo di nostalgia mi accompagna tutti giorni, non solo quando riparto da casa».

Hai rimpianti per avere lasciato famiglia a Parma?

«No, nessun rimpianto: la mia famiglia mi manca molto, ma la mia vita è nel posto e nel momento in cui sono adesso e loro questo lo capiscono. Con il loro sostegno tutto diventa semplice».

Come ti rapporti con la tua famiglia?

«Non sono mai stata telefono-dipendente. Ci mandiamo spesso messaggi e ci chiamiamo quando possiamo. La domenica è il giorno preferito perché spesso li trovo a pranzo insieme. Grazie alle videochiamate, al giorno d'oggi mi sembra quasi di essere seduta a tavola con loro. Mia sorella ed io abbiamo un rapporto bellissimo, molto aperto. Il rapporto con mio papà è stato segnato dall'assenza di mia mamma, la nostra relazione oggi diventa grande, si fortifica e mi sento sempre più legata a lui. È venuto a trovarmi a Parigi proprio poco tempo fa e i momenti che abbiamo passato insieme sono già fra i miei ricordi più preziosi».

Hai una ricetta per rilanciare la tua città? E quale ruolo possono giocare i giovani?

«Mi piacerebbe poter dire di sì...».

Come i francesi giudicano Parma, la petite capitale?

«Quando parlo di Parma i francesi mi dicono di voler partire per una vacanza eno-gastronomica con me».

Sei soddisfatta della tua esperienza al Crazy Horse di Parigi?

«Moltissimo, era un sogno nel cassetto che si è realizzato e non mi ha mai delusa. La mia crescita professionale continua e approfitterò di ogni istante finché potrò».

Perché hai scelto il nome Gloria di Parma?

«Il nome d'arte al Crazy Horse viene dato dalla direzione artistica e dalla show manager, alla fine della formazione, e prima del debutto sul palco. Viene scelto sulla base di peculiarità che sono risultate interessanti ai loro occhi durante il primo periodo di conoscenza. Il cognome “Di Parma” è stato la prima proposta, perché già un marchio importante, era un bellissimo modo per sottolineare la presenza di una ballerina italiana dopo più di trent'anni di assenza. Gloria veniva da sé... l'autoironia è molto importante per il Crazy Horse. Non potevo che accettare».

Nel tuo lavoro hai mai ricevuto proposte indecenti?

«No, nessuna proposta indecente. Ammiratori, corteggiatori, fans, mail, regali, pensieri… Ma niente di indecente, solo cose apprezzate».

Ritornerai a vivere a Parma?

«Non lo so, lascio tutte le porte aperte».

Finita questa esperienza, metterai a frutto la tua laurea in scienze dell'attività motoria?

«Può darsi, mi ricollego alla risposta di prima: qualche anno fa ho capito di avere più possibilità di raggiungere il successo quando si prendono in considerazione davvero tutte le opzioni. Per ora mi concentro sul momento presente e ne godo appieno».

Infine tre aggettivi per definire Parma?

«Sofisticata, colta, appetitosa».

© Riproduzione riservata

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