Lucia Brighenti
Si è conquistato le prime ovazioni della serata con «Ella giammai m’amò», Michele Pertusi, al suo debutto nel ruolo di Filippo II, re di Spagna; così come Vladimir Stoyanov è stato applaudito con «Per me giunto è il dì supremo» nel ruolo di Rodrigo. Alla prova della ribalta il giudizio è stato sostanzialmente confermato: sono stati Pertusi e Stoyanov gli artisti accolti con più calore, ieri sera, per la prima di Don Carlo, insieme al direttore Daniel Oren (alla guida della Filarmonica Toscanini) e al maestro del Coro del Teatro Regio, Martino Faggiani.
Ma gli applausi hanno baciato tutti: José Bros (Don Carlo, infante di Spagna), Serena Farnocchia (Elisabetta di Valois), Marianne Cornetti (Principessa Eboli), Ievghen Orlov (il Grande Inquisitore), il regista Cesare Lievi.
Si è aperto così il Festival Verdi 2016, ieri sera nel Teatro Regio, con un sostanziale successo sancito da un pubblico folto.
Una serata dedicata al soprano Daniela Dessì, recentemente scomparsa, ricordata come donna e artista generosa. In particolare, la Dessì era stata l’ultima interprete di Elisabetta di Valois a Parma. Il titolo verdiano, mancava dalle scene del Teatro Regio dal 1998, cioè da oltre diciotto anni. Il nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma - realizzato in coproduzione con Fondazione Carlo Felice di Genova, Opera de Tenerife, Teatro Nacional de São Carlos di Lisbona – è dominato dal «gelido marmo d’avel» nelle scenografie firmate da Maurizio Balò: l’opera si apre su un’enorme, schiacciante lapide di Carlo V, e anche le scene successive sono create nello stesso marmo bianco, che non può non ricordare quello dei monumenti funebri.
La morte, del resto, è molto presente nell’opera e nel modo di intenderla del regista Cesare Lievi (che a Parma, in passato, aveva già lavorato per il Teatro Due ma che per la prima volta in città dirige un’opera lirica del Teatro Regio): il colore del lutto ritorna anche nei costumi dello stesso Balò, e domina una corte di Spagna in cui la Chiesa ha più potere del re, imponendo una concezione di Dio che fa dell’uomo un essere piccolo, destinato a diventare cenere. Una Chiesa onnipresente, che ha orecchie ovunque, con monaci incappucciati che si affacciano a più riprese dal fondale, per origliare i dialoghi degli altri personaggi (un esempio per tutti: quando Filippo II, a Rodrigo che chiede libertà per il popolo di Fiandra, risponde: «Ha nulla inteso il re... No – non temer! Ma ti guarda dal grande Inquisitor!»). Tutto si conclude con Carlo V che porta dentro la sua tomba Don Carlo, e con Elisabetta che sorride, consapevole che questa è l’unica libertà possibile.
Completavano il cast Simon Lim (un frate), Lavinia Bini (Tebaldo, paggio d’Elisabetta), Gregory Bonfatti (Conte di Lerma, Araldo), Marina Bucciarelli (voce dal cielo), Daniele Cusari, Andrea Goglio, Carlo Andrea Masciadri, Matteo Mazzoli, Alfredo Stefanelli, Alessandro Vandin (deputati fiamminghi). Lo spettacolo, completato dalle luci di Andrea Borelli, sarà trasmesso da Tv Parma, questa volta non in diretta ma in differita, vista la scelta del Teatro Regio di rivolgersi a una piattaforma internazionale per la registrazione in alta definizione. Le opere del Festival Verdi saranno perciò trasmesse su varie piattaforme e canali in Italia e in oltre trenta paesi nel mondo.
I COMMENTI NEL FOYER
Ilaria Notari
Negli anni furono Boris Christoff e Nicolai Ghiaurov ma soprattutto Cesare Siepi a conquistare il pubblico del Regio nei pur rari allestimenti del complesso Don Carlo di Verdi. E la tradizione è stata mantenuta anche ieri sera con un Michele Pertusi, al debutto nel ruolo di Filippo II, vero protagonista della serata. Molto apprezzato per la sua linea di canto anche il baritono bulgaro Vladimir Stoyanov. Ancora una volta dunque, sono le voci scure maschili a reggere il peso dell’opera.
In sala per la prima del Festival Laura Casalis Ricci: «Bella l’azione scenica e anche i costumi, ma la scenografia specie all’apertura del sipario nel primo atto mi è sembrata la vetrina di un gioielliere di via Montenapoleone con tutto quel marmo e le quinte della parti». Al lavoro per il Tg5 c’era il caposervizio News Mediaset Alessandro Mischi: «Mi sembra molto bella la scenografia nella quale giganteggia la figura di Pertusi. Perfetta la scena che rende perfettamente il lato lugubre del periodo della Santa Inquisizione. Vulcanico come sempre il maestro Oren che dirige con l’anima e anche con il corpo». Spesso presente al Regio, c’era anche l’architetto modenese Ivan Galavotti per il quale «lo spettacolo è finalmente degno di Parma. Unico neo, non ho trovato la Spagna nella scenografia. Per Ursula Riccio presidente dell’Associazione Viva Verdi: «Il più grande nel cast è indubbiamente Pertusi. Ottimo anche Posa mentre non mi piace Eboli, nessuna presenza scenica e vocalmente poco precisa». In rappresentanza del Club dei 27 il Presidente Enzo Petrolini: «Mi piace la regia perché non dà fastidio, è rispettosa dei cantanti e considerando i registi che ci sono in giro, va molto bene. I costumi ottocenteschi invece non mi sono piaciuti. Non hanno niente a che vedere con l’autodafè e l’Inquisizione. Ho apprezzato certe soluzioni registiche e la scenografia con la tomba in marmo di grande effetto». Lo spettacolo è piaciuto anche a Paolo Zoppi: «Bellissima inaugurazione, degna del Festival. Superbo Pertusi. Non mi piace Bros, la voce balla. Bene anche il baritono Stoyanov che non ha mancato gli appuntamenti». Andrea Begani è d’accordo: «Il tenore è il punto debole dell’opera. La Farnocchia sufficiente. Mi è piaciuta Eboli usa molta esperienza in scena». Simona Scalercio Manfredi, impegnata nella realizzazione di Verdi Off, ha apprezzato lo spettacolo: «La scenografia è molto severa. Anche Serena Farnocchia è stata all’altezza. Bene in “Tu che le vanità”. Ottima la direzione di Oren che ha reso dei colori stupendi in orchestra». Cariparma Crédit Agricole ha inteso affiancare il proprio brand alla serata: «E’ importante costruire intorno a questa manifestazione una fitta rete di sostegno», hanno dichiarato i vertici Fassati e Maioli in sala con alcuni ospiti. Gianluca Montacchini tra una foto è l’altra commenta la prova di Pertusi: «Lo aspettavamo al varco con questa opera e lui nella maturità di oggi ci ha dimostrato che è all’altezza di ogni ruolo».
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