Roberto Lurisi
Una storia lunga 54 anni è anche una storia di persone e non solo di fatti. Per il Basket Parma i tantissimi volti di giocatrici che ne hanno indossato la casacca dal 1962 al 2016 sono davvero le tante storie, i numerosi aneddoti, le mille sensazioni, le vittorie e le sconfitte sia sul piano personale che su quello sportivo. Mariachiara Franchini, classe 1979, ha avuto la fortuna di vivere la squadra fin da bambina, crescendo da parmigiana doc nel settore giovanile, approdando in prima squadra, diventandone un punto fermo, provando l’esperienza di giocare in altre società in giro per l’Italia, arrivando alla Nazionale e vivendo l’ultima stagione, a carriera conclusa, nel ruolo di preparatrice atletica. Le sue parole abbracciano le sfaccettature di tutte le sensazioni e dei ruoli che ha ricoperto.
Cosa si prova due giorni dopo la fine di una società così gloriosa?
«Tanto dispiacere. E’ il sentimento più forte in questo momento. Si sapeva e si respirava l’aria della possibile chiusura e chi, come me, ha vissuto l’ultimo campionato all’interno dello staff tecnico ha capito che le cose non andavano per il verso giusto. Ma davvero ho sperato fino all’ultimo che arrivasse qualcuno a salvare la situazione. Magari anche all’ultimo giorno».
E, oltre al logico dispiacere, cos'ha provato?
«Il Basket Parma è stato la mia seconda casa fin da bambina. Tra allenamenti e partite ho passato una gran parte della mia vita in società. Alla fine anche con il ruolo di preparatrice atletica. Sono stata una giocatrice del settore giovanile e poi della prima squadra. Ho visto tante ragazze crescere. Con alcune sono cresciuta insieme, altre le ho viste dall’alto di qualche campionato in più giocato e con un’esperienza diversa. Perché lo sport comunque unisce sempre, indipendentemente dall’età. Peccato che tutto questo sia finito».
E secondo lei perché è finito?
«Errori ne sono stati commessi. Sarebbe sciocco non ammetterli. Spiace anche che non ci sia stata un’attenzione diversa da parte della città o dell’imprenditoria, o comunque di chi poteva intervenire. Ma evidentemente i problemi erano talmente grossi che diventava difficile farlo».
Proviamo, senza voler infierire, a capire qualche errore…
«Mi viene in mente soprattutto una situazione sulla quale si poteva cambiare rotta. Bisognava decidere ad un certo punto di lavorare forte e scommettere sul settore giovanile. Si poteva anche scendere in A2 e non sarebbe stato un dramma. Si sarebbe potuto costruire qualcosa di solido e meno dispendioso. Forse il Basket Parma esisterebbe ancora».
Quali sono i più bei ricordi a livello personale di questa lunga carriera in gialloblù?
«Potrà sembrare strano, ma in effetti io non ho vissuto molto l’era dei successi degli anni '90 e degli inizi del 2000. Ero giovanissima o a giocare in altre squadre. Per esempio non ho vinto lo scudetto, ma solo la Coppa Italia del 2002. E allora i miei ricordi più belli sono sicuramente legati ai quattro titoli conquistati nelle giovanili. Forse è anche per questo che avrei voluto che Parma insistesse di più sulle sue ragazzine negli anni successivi ai miei perché ho saputo cosa si prova».
Ora nasce una nuova società la Tiger Parma Basket Academy, quale può essere l’augurio?
«Ho letto che partiranno dalla B e allora penso davvero che debbano avere il coraggio di lavorare sulle giovani, salvando il settore giovanile del Basket Parma».
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