Una 26enne nigeriana nervosa, tremolante e scontrosa per un bagaglio di guai quasi cucito addosso. Una bimba in lacrime, divisa dalla mamma (a sua volta disperata) da un treno che parte fin troppo in orario, come per uno scherzo del destino: la piccola resta a terra, mentre la madre parte, prigioniera al di là della porta automatica del vagone. A prima vista, le due storie non hanno alcun punto in contatto: la seconda rappresenta un piccolo dramma familiare, la prima rientra nello sfascio collettivo legato allo spaccio e al consumo di droga. Eppure, si sono svolte a pochi minuti l'una dall'altra, con la stazione come scena e con una protagonista in comune: una assistente capo della Polfer che prima ha arrestato la giovane africana che trasportava un carico di cocaina e poi ha arrestato il pianto di Reandra, un anno e mezzo, alla quale il treno aveva appena portato via la mamma. Da una parte il Codice penale (e il fiuto), dall'altra la sensibilità e l'abitudine a trattare con i bimbi, visto che Anna Semeraro è a sua volta una neomamma. Ma andiamo per ordine. La prima delle due storie vede entrare in scena di buon'ora, qualche giorno fa, la ventiseienne. Non è un volto noto e non è nemmeno in cattiva compagnia. Ma la pattuglia della polizia ferroviaria impegnata a vigilare sulla sicurezza dei passeggeri decide di procedere a un controllo. A mano a mano che si avvicinano alla straniera, gli agenti si convincono sempre più della necessità di vederci chiaro. La donna, infatti, tradisce un notevole nervosismo. Eppure, i documenti sono in ordine, compreso il permesso di soggiorno, e il controllo al terminale non evidenzia guai in sospeso con la legge. C'è qualcosa in particolare che insospettisce i poliziotti: la borsetta della nigeriana contiene tre cellulari che in realtà ne valgono 5 (due sono provvisti di dual sim). Telefoni roventi, per come continuano a squillare, rendendo la giovane sempre più inquieta e scontrosa. A questo punto, la 26enne, residente a Parma ma a un domicilio non ben precisato, viene accompagnata in ufficio. La perquisizione personale viene affidata ad Anna Semeraro e a una collega. Presto, si scopre il motivo di tanto nervosismo. La giovane, dalla forme non proprio giunoniche, indossa una sorta di push-up molto particolare. Il reggiseno è imbottito con 17 involucri termosaldati pieni di polvere bianca. In tutto, sono 234 grammi di cocaina. Arrestata per traffico di stupefacenti, la 26enne viene accompagnata in carcere a Modena. Si sta indagando per scoprire provenienza e destinazione della droga.
Il tempo di concludere gli atti, e l'assistente capo si trova in braccio una bimba mai vista, singhiozzante. A portargliela sono due passeggeri ai quali è stata affidata dalla madre, una giovane albanese residente a Parma. La donna e la piccola sono reduci da un viaggio al di là dell'Adriatico. Ore e ore di strada, un mucchio di bagagli: scaricate le prime valigie, la mamma è tornata sul treno per prendere le rimanenti. Ma la portiera si è chiusa prima che lei potesse scendere. Il treno è ripartito in direzione Milano. La piccola poco dopo finisce tra le braccia di Anna Semeraro. Le braccia giuste, perché l'assistente capo riesce a tranquillizzare la bimba, facendola anche giocare. La madre, scesa alla stazione di Fidenza e riportata indietro dagli uomini della Polfer avvertiti «in diretta» dai colleghi parmigiani, la ritroverà quasi sorridente.
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