Mara Varoli
Spinto da un compagno contro il muro della scuola, è caduto violentemente a terra: così Carlo (non è il suo vero nome) si è rotto un braccio. E se per lui, che per di più soffre di un disturbo da quando è nato, è stata «una tragedia», per gli insegnanti, a detta della madre, «è stato solo un incidente».
Carlo vive a Salso, ha 14 anni e un sogno: quello di diventare grande e farsi strada. E' bravo a scuola, con una media che va dal 7 all'8. E c'è da andarne fieri. Perché quando aveva due anni gli è stata diagnosticata una patologia: spettro autistico. In pratica, Carlo presenta alcune caratteristiche dell'autismo: fa fatica a socializzare, gli dà fastidio la confusione e ha un basso livello di sopportazione della frustrazione. Non a caso è seguito costantemente da una psichiatra e da una logopedista: a maggior ragione oggi, che frequenta le superiori. D'accordo con gli specialisti, l'educatrice e l'insegnante di sostegno, fino a poche settimane fa non usciva nemmeno dall'aula, allo squillare dell'intervallo, «ma proprio per aiutarlo a socializzare - racconta la mamma - abbiamo provato a farlo uscire, sempre sorvegliato dall'insegnante di sostegno». Ma mercoledì qualcosa è andato storto. Erano le 11 del 9 marzo, l'ora della merenda. E come accade tutte le mattine Carlo ha mandato un sms al papà per avvertirlo che stava facendo l'intervallo: «E' una questione di sicurezza e a mio figlio piace tenerci aggiornati su quello che fa - continua la mamma -. Ma dopo quel messaggio di mercoledì c'è il buio. O meglio, per noi e per lui è accaduta una vera tragedia». Carlo, infatti, racconta alla mamma, che alle 11 stava passeggiando nel corridoio lungo il muro, quando «poco lontano dall'aula - sottolinea la madre di Carlo - un ragazzo, o forse due, lo ha spinto contro il muro e mio figlio è caduto a terra. Gli ho chiesto se c'era la sorveglianza, ma lui mi ha risposto che gli insegnanti erano in classe a correggere delle verifiche. Sta di fatto che mio figlio cadendo a terra si è fratturato l'omero sinistro. Una botta pesante». Il racconto di Carlo è proseguito fra lacrime e paure: «Dopodiché mio figlio dice che sono stati chiamati gli insegnanti, che lo hanno aiutato ad alzarsi e lo hanno accompagnato in classe. Seduto al suo banco, è stato soccorso con il ghiaccio, che gli è stato messo sul braccio, sopra alla felpa». Carlo però continuava a piangere, «così l'insegnante di sostegno alle 12,25 e cioè dopo quasi un'ora e mezza ci ha telefonato dicendo che era caduto e che gli faceva male il braccio - prosegue la mamma -. Sono corsa a scuola e l'ho portato immediatamente al pronto soccorso: anche i medici erano increduli nel sentire che la scuola mi ha avvertito dell'accaduto solo dopo un'ora e mezzo. Gli hanno fatto i raggi: frattura scomposta dell'omero. Così siamo saliti in ortopedia, dove mercoledì decideranno se operarlo. Per il momento, 30 giorni di prognosi e il braccio è stato immobilizzato. Il chirurgo mi ha vietato di mandarlo a scuola, perché anche un piccolo movimento sbagliato potrebbe peggiorare la situazione». Carlo è a casa ma continua a piangere per lo spavento e per il disagio: messo come è messo non può usare il computer e nemmeno giocare ai suoi videogiochi preferiti. Non riesce nemmeno a lavarsi o a vestirsi da solo: «Anche per mangiare devo aiutarlo - sottolinea la mamma -. E di notte non dorme: piange. La mattina successiva, quella di giovedì 10, mio marito ha telefonato a scuola per avere un appuntamento con il dirigente e gli hanno detto che poteva venire lo stesso giorno alle 12,30. Così sono andata a scuola, ma il preside era troppo impegnato per ricevermi e quindi ho bussato alla vice, che mi ha accolto con gli insegnanti che dovevano essere vicino a Carlo nei minuti dell'intervallo fuori dall'aula». Ed ecco che dal confronto esce una seconda versione dei fatti, molto diversa da quella di Carlo, secondo il racconto della madre: «Io ho attaccato dicendo che ero molto arrabbiata, perché mio figlio non era stato sorvegliato come richiesto. E ho ribadito che sono stata avvertita di quanto era successo solo dopo quasi un'ora e mezza - insiste la mamma -. A quel punto, la vice preside ha chiesto chiarimenti ai due insegnanti, come se fosse all'oscuro di tutto e loro hanno sottolineato che al contrario erano presenti quando mio figlio è caduto a terra. E che sarebbe caduto anche l'altro ragazzo, il quale stava giocando a calcio con un tappino ed è volato addosso a Carlo. Ma non solo, che i ragazzi sono ingestibili e che questi incidenti accadono. Cerco di capire come ci si può comportare con degli studenti, che magari hanno problemi come mio figlio, e che vogliono stare insieme agli altri: li chiudiamo in una gabbia? Ma la sorpresa è la seconda - continua la mamma -. Quando ho chiesto il perché non sono stata avvertita prima, loro mi hanno risposto che sì con il senno di poi effettivamente dovevo essere chiamata subito, ma che, addirittura, è stato mio figlio a non volerlo, perché gli dispiaceva disturbarci al lavoro. Un paradosso. Tant'è che dopo aver sottolineato bene che a me interessa solo la salute psicofisica di Carlo, ho annunciato che per il resto se ne occuperà il mio legale. Per cui loro mi hanno liquidata con un: "E noi risponderemo". Non ho ricevuto nemmeno le scuse e la vice non ha nemmeno accennato all'assicurazione, che paghiamo per tutelare i nostri figli. In più, da quello che mi risulta nei confronti di quel ragazzo non è stato preso nessun provvedimento disciplinare. Mi hanno abbandonato. Solo l'educatrice mi ha chiamato per sapere come sta mio figlio. Così dopo il referto di mercoledì, con il mio avvocato procederemo sui nostri passi, anche se - conclude - la preoccupazione maggiore è per mio figlio e per il suo stato psicologico: era appena riuscito a integrarsi con la classe. E ora, non so come riuscirà ad uscire da questa situazione. Per la scuola, invece, "è stato solo un incidente", mentre per noi e, soprattutto per lui, una vera tragedia».
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