Francesco Bandini
Non si è voluto piegare a quella che fin da subito ha vissuto come un'ingiustizia, una pretesa assurda e spropositata, e si è battuto fino all'ultimo, per anni. E alla fine Davide ha avuto la meglio su Golia: il piccolo contribuente Fabio Sartori ha messo al tappeto il gigante rappresentato da Equitalia e Agenzia delle entrate. E non si è accontentato di vincere, ma ha voluto gridarlo a tutti, scrivendolo su Facebook, dove immediatamente ha avuto centinaia di «mi piace», di condivisioni e di commenti entusiasti. L'ha fatto per mandare un messaggio di incoraggiamento ai tanti che si trovano in una situazione come la sua e che magari sono tentati di buttare tutto all'aria, o, peggio ancora, di compiere gesti estremi. «Non mollate – dice al telefono con la Gazzetta –, non scoraggiatevi, ma mettetecela tutta e battetevi. Lo so che è dura, ma la mia esperienza insegna che si può vincere».
Sartori ha 38 anni e gestisce la trattoria «La Sevra» di Sala Baganza. Lui e la sua famiglia l'hanno rilevata quindici anni fa, per due anni l'hanno ristrutturata, poi si sono messi in attività. Circa sei anni dopo, la mazzata, inaspettata e tremenda. Una cartella esecutiva di Equitalia che avrebbe fatto venire un infarto a chiunque: 187mila euro da pagare al fisco. La contestazione riguarda un presunto scarico Iva non dovuto. In pratica, nello stesso immobile ci sono sia la trattoria, sia gli uffici della società immobiliare proprietaria dei muri e che ha effettuato la ristrutturazione. Secondo la contestazione, non sarebbe stato dovuto lo scarico Iva per la ristrutturazione della parte relativa agli uffici, sebbene vi si acceda attraverso lo stesso ingresso della trattoria e quindi siano da considerarsi accessori rispetto alla parte commerciale.
Come siano arrivati a quella cifra esorbitante, Sartori ancora non l'ha capito: «Però so che ci sono interessi, commissioni, more e il solito 30% che Equitalia ruba a tutti». La prima reazione del padre è stata di pagare, «ma io ho detto che sarebbe stato impossibile e che non avevamo quella cifra. Loro chiedono subito un terzo e il resto a rate, ma noi, dopo la ristrutturazione che era costata anche più del previsto, non avevamo neanche un terzo della somma. Mio padre diceva che con quelli si perde sempre e che non valeva la pena opporsi». Ma Sartori ha deciso che non poteva arrendersi. «Tanti, quando arrivano le cartelle, pensano che conviene di più pagare che mettersi a combattere. Ma quando ti arrivano cartelle come la mia, o dai la vita o fai la guerra. E io l'ho fatta».
Soprattutto , è andato avanti per un altro motivo. «In questi anni giornali e tg non facevano che parlare di persone che si suicidavano perché non potevano pagare i dipendenti o arrivare a fine mese, ma io so che tante di quelle persone avevano a costo una cartella di Equitalia e che quello era il vero motivo della loro disperazione. Se quella cartella l'avessi pagata, con cosa sarei andato avanti? Con che soldi avrei potuto fare la spesa per la trattoria, Con che soldi avrei pagato i miei dipendenti? Avrei dovuto dire loro – che hanno mogli, figli e un mutuo – che non potevo pagarli perché dovevo pagare una cartella ingiusta di Equitalia?». Lui a farla finita non ci ha pensato, «perché non c'è nulla per cui valga la pena ammazzarsi», ma a chiudere bottega ci ha pensato eccome: «Abbiamo provato a vendere, perché si arriva a una situazione in cui sei saturo». Poi però è sempre andato avanti, con la forza della determinazione, dettata dalla convinzione di essere nel giusto, e soprattutto con la forza della famiglia. «Perché quando ti succede una cosa come questa, alla fine ti senti sempre solo se non hai una famiglia grande e forte alle spalle, che ti sostiene e ti incoraggia quando cercano di annientarti, di aggredire i tuoi averi e di farti passare la voglia di combattere». Sartori su questo ha potuto contare ed è proprio a questo che attribuisce il suo successo.
Vinto il primo grado e, proprio pochi giorni fa, anche l'appello, Fabio Sartori è felice e sollevato, sebbene non si nasconda che, volendo, Equitalia potrebbe adire un ulteriore grado di giudizio. «Dopo che ho raccontato la mia esperienza su Facebook, in tanti in paese mi hanno contattato e molti sono stati anche i clienti in trattoria che sono venuti a stringermi la mano. Uno mi ha scritto in un commento che ho avuto fortuna, ma io dico che non è giusto vincere perché si ha fortuna, ma perché si è dalla parte della ragione». E a chi si trova nelle sue stesse condizioni, manda un messaggio: «Se c'è qualcuno che per colpa loro vuole mollare tutto, con la vita e con l'attività, io dico: pensateci bene, non vincono sempre».
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