Oltre a quello finito in modo catastrofico sul campo (con la vittoria degli ospiti per 4-1), il 19 novembre scorso ci fu un Parma-Padova anche fuori dallo stadio. Un'occasione tutt'altro che sportiva, durante la quale a perdere furono tutti: per strada, prima della partita, si scatenò una battaglia urbana breve ma intensa, tra teppisti travestiti da tifosi. Teatro dello scontro fu l'esterno del bar Primavera affacciato sulla rotonda tra via Torelli e via Zarotto, scelto da alcuni padovani per prendere il caffè prima della partita. Volarono bottiglie e fumogeni e poi tavolini e sedie. E calci e pugni, mentre il titolare dell'esercizio abbassava la serranda in fretta e furia, per evitare la devastazione interna. A terra - questa la buona notizia - non rimase nessuno. Anzi, finiti gli scontri, i protagonisti si tolsero le sciarpe dal volto, fecero scivolare i cappucci sulle nuche e cercarono di ricomporsi. Per andare al Tardini, come se niente fosse.
Non ci furono fermati, quel giorno. Ma nemmeno gli investigatori rimasero fermi. A un mese dall'assalto al bar Primavera, la Questura ha presentato il conto a chi, in un modo o nell'altro, è stato ritenuto coinvolto in quel momento di follia pseudocalcistica. Al termine delle indagini della Digos, la sezione Anticrimine di borgo della Posta, a carico di undici ultrà parmigiani ha fatto scattare i daspo. Già ieri quegli undici le ge-
sta di Calaiò & soci le hanno potute seguire da uno schermo televisivo, a distanza più che di sicurezza da Reggio
e dai bollori del tifo vissuto
dal vivo. Niente trasferta. Niente spalti, ma una serie
di firme in occasione delle gare di campionato, tanto perché chi di dovere sappia dove si trovi il destinatario del provvedimento vieta-stadio. E così per loro sarà per anni: uno intero per chi in qualche modo rimase più ai margini della battaglia, cinque per chi invece ci si sarebbe lanciato a capofitto.
Non si sta parlando proprio di ragazzini alle prime armi, di gente alla quale dovrebbe far difetto la maturità. Il più giovane tra i colpiti dai daspo della Questura ha 42 anni. Alcuni degli undici non hanno mai partecipato a un disordine, mentre altri loro compagni di disavventura non sarebbero proprio delle reclute del tifo violento. A carico di un recidivo, già noto alle forze di polizia, è scattato anche un avviso orale. Si tratta di un ammonimento che potrebbe preannunciare altri guai, nel caso che il destinatario decida di proseguire con comportamenti ritenuti scorretti.
Tuttavia, non cantino vittoria gli ultrà dell'opposta fazione coinvolti a loro volta negli scontri. La Questura di Parma e quella di Padova stanno per terminare le indagini per identificare gli ultrà veneti che menarono le mani quel giorno. E pare che i provvedimenti che dovrebbero essere firmati nel giro di pochi giorni siano ancora più numerosi di quelli che hanno riguardato i parmigiani. Dolori in entrambe le curve, insomma.
Due curve tra le quali le ruggini ci sono. E di vecchia da-
ta. Il Parma e il Padova sono tornati a fronteggiarsi in novembre dopo essere stati separati da abissi di categorie per lungo tempo. Difficile ricordare il perché della lunga antipatia. Anche se tra i ricordi dei tifosi (di entrambi gli schieramenti) spicca il «furto» di uno striscione padovano da parte dei crociati. Certi oltraggi non vengono perdonati tanto facilmente. Ma anche la legge, si pensi a chi per cinque anni deve stare alla larga dagli stadi, ha la memoria lunga.
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