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Villa Alba, tre operatrici tornano in libertà

Villa Alba, tre operatrici tornano in libertà

03 Marzo 2016, 05:04

Georgia Azzali

Ventidue giorni passati tra le mura di casa. Lontane dalla struttura per anziani, chiusa dopo il blitz della polizia. Ma da ieri le tre donne di Villa Alba, accusate di maltrattamenti, sono (quasi) libere: niente più domiciliari per Maria Teresa Neri, la sorella Caterina e la madre Concetta Elia. Il Riesame di Bologna, a cui aveva fatto ricorso la difesa, ha infatti sostituito la misura degli arresti con quella della presentazione alla polizia giudiziaria. Insomma, ogni giorno tutte e tre dovranno andare in questura o in caserma per firmare.

Per ora si conosce solo il dispositivo: poche righe in cui viene messa nera su bianco la decisione del tribunale, presieduto da Alberto Albiani. «Diventa difficile ipotizzare le motivazioni: bisognerà aspettare un po' di giorni prima che vengano depositate - sottolinea il difensore, Filippo L'Insalata -. Comunque, il fatto che ora sostanzialmente siano libere è un passo avanti. Durante l'udienza ho tentato di far capire come le frasi intercettate siano state interpretate in un certo modo perché completamente decontestualizzate, ma ho anche espresso molte riserve sulla qualificazione del reato di maltrattamenti».

Cade, dunque, il divieto di oltrepassare la soglia di casa, ma è molto probabile che il quadro indiziario abbia retto, visto che è comunque rimasta in piedi una minima restrizione. I giudici potrebbero infatti aver ritenuto quasi ormai del tutto scemate le esigenze cautelari. E determinante potrebbe essere stata la decisione da parte di Maria Teresa Neri di sciogliere la società Villa Alba, di cui era rappresentante legale, e in cui figurava anche il compagno, non coinvolto nell'inchiesta. Dopo la chiusura della casa famiglia, con il trasferimento degli anziani altrove, e - soprattutto - dopo quest'ultima mossa, non ci sarebbero più concrete possibilità per le due sorelle e la madre di reiterare i reati.

Solo ipotesi, per ora. Ma proprio la scelta di cancellare la società nei giorni successi agli arresti potrebbe aver fatto la differenza. Se, invece, nelle motivazioni ci fosse un attacco all'impostazione accusatoria o una diversa qualificazione dei reati, a quel punto la procura potrebbe valutare un ricorso in Cassazione. Ma, al di là del provvedimento del Riesame, le tre donne restano indagate per maltrattamenti, e Caterina Neri anche per furto, visto il vizietto di portare a casa dall'ospedale, dove frequentava un corso per operatrice sanitaria, garze, cerotti e traversine.

Lei e la sorella avevano parlato durante l'interrogatorio di garanzia. Maria Teresa, la numero uno della società, aveva risposto alle domande del giudice; Caterina aveva letto una serie di dichiarazioni spontanee. Tutte e due sulla stessa linea: nessuna ammissione e il tentativo di spiegare. A volte, in modo «avventuroso». Come quando, davanti alle parole di quell'anziana intercettata che dice, in dialetto, «che sciaf...», Maria Teresa Neri replica: «Molti ospiti, appena li toccavi, li sfioravi, anche per lavarli, si lamentavano».

Insulti, umiliazioni, dileggi. E percosse. E' questo il quadro ricostruito dagli investigatori, coordinati dal pm Fabrizio Pensa. Ma gli anziani sarebbero stati anche imbottiti di farmaci per far sì che stessero più calmi. Un modo per fiaccare il corpo e lo spirito di quegli ospiti che forse a volte era difficile mantenere tranquilli. «Io ho dato farmaci sempre rispettando le prescrizioni mediche. Gli anziani non erano imbambolati, tanto è vero che quando è arrivata la polizia, verso le 6,30, erano tutti svegli», aveva replicato Maria Teresa Neri al giudice.

Durante la perquisizione nella struttura erano spuntati anche diversi rotoli di adesivo. Banali nastri per imballaggio, se non fosse che tutto quello scotch potrebbe far pensare, per gli inquirenti, ai rumori registrati durante le intercettazioni ambientali. Quella sorta di scricchiolio che si sente quando un nastro viene srotolato. Perché, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, alcuni pazienti sarebbero stati a volte legati con quelle strisce di adesivo. «Lo scotch non era usato per legare gli ospiti - aveva spiegato Caterina Neri al giudice - ma per fissare bene i pannoloni che indossavano».

Parole finite nel fascicolo dell'inchiesta. Che ancora non è chiusa.

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