Margherita Portelli
Continua, inarrestabile e in (apparente) controtendenza, la ripresa del caro vecchio vinile. L’oggetto musicale per eccellenza, il disco, non solo resiste, ma - udite udite (è il caso di dirlo: in senso letterale) - va sempre più di moda. Pensate che in Inghilterra lo scorso novembre i guadagni delle vendite della musica in vinile hanno superato quelli della musica digitale e, giunti alla fine dell’anno, da oltremanica sono arrivati dati ancora più incoraggianti: le vendite nel 2016 sono cresciute del 53%. Gli appassionati di musica che cedono al fascino della puntina, badate bene, non sono solo anziani nostalgici dei raduni rock e allergici a smartphone e mp3: ad acquistare 33 giri sono anche, e soprattutto, i giovani. Ragazzi nati nell’era del digitale, che magari non hanno nemmeno mai fatto collezione di cd, ma che - ritrovando a casa dei nonni vecchi giradischi - si lasciano conquistare da un modo tutto nuovo (per loro) di ascoltare la musica. Continuano, magari, a concedersi lo streaming online nel trantran quotidiano, ma scoprono un poco alla volta la bellezza di aspettare un disco e gustarselo a casa, comodamente seduti sul divano, rigirando fra le mani la copertina.
Anche in Italia la tendenza rispecchia quella inglese e nel piccolo della realtà parmigiana gli esperti confermano: il vinile piace e ci sono tutte le premesse per una stabilizzazione di questo costume di ritorno. «Tanta è la richiesta perché parecchia è l’offerta» assicura Marco Corradi di Music Mille, fra i pochi negozi di musica sopravvissuti in città. Se David Bowie e Beyoncé in Inghilterra hanno riportato le vendite del vinile a quelle di 25 anni fa, anche le star di casa nostra - da Ligabue a Tiziano Ferro al duo Mina/Celentano - da qualche anno hanno ripreso a incidere i propri brani anche sui più ingombranti dischi di una volta. «La crescita è sorprendente - continua Corradi -. È presto per dire se il mercato discografico si sia “buttato” di nuovo sul vinile, ma credo proprio che il fenomeno sia destinato a perdurare. Il suono analogico è gustoso e soddisfa l’orecchio anche dei più giovani, che sempre più spesso sono disposti a spendere qualcosa in più per concedersi un vero e proprio oggetto da collezione».
Il costo di un album in vinile può andare dai 20 ai 26 euro e il negozio di dischi è il «tempio» in cui farsi ispirare per l’acquisto. Anche se in edicola di tanto in tanto si trovano collane per musicofili, le vendite qui non impennano. Ce lo conferma Claudio Melloni, edicolante: «Da noi si vende poco: era uscita una collezione in vinile lo scorso anno ma non era andata affatto bene». Preferisce non parlare di fenomeno, ma di ritorno, Alberto Dal Pozzo, dell’associazione Kolosseo, che con il parmigiano Mario Bianchi organizza fiere del disco usato in centro e nord Italia. «C’è tutta una generazione nuova che si sta avvicinando a questo supporto - commenta -. La fetta di mercato che si è ritagliata il vinile è di certo ancora limitata, ma la crescita è evidente e sorprendente». Anche la grande distribuzione è tornata a proporre i dischi in vinile. Ne sono ben contenti i dj che in questi anni non si sono mai piegati a monitor e chiavette usb. «Parlando con un dj inglese della differenza tra “suonare” vinile o mp3 - sottolinea Roberto Ugolotti, dj dell’associazione Vinylistic - facevo notare che c’è tutta una sensorialità nel far passare uno dopo l’altro i dischi per scegliere quello da ascoltare (o far ascoltare): visiva, tattile, olfattiva; tutto questo influisce profondamente su quella che poi sarà la sensazione squisitamente uditiva. Cosa che, al contrario, non avviene se la stessa operazione di cernita si effettua guardando un monitor e scorrendo con la rotella del mouse su una lista di titoli».
L’esperienza del suono torna così a materializzarsi e, a quanto pare, molti sembrano apprezzare.
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