Sandro Piovani
Nulla da dire: se cercate un crociato doc, rivolgetevi a Gigi Apolloni. Lo si potrebbe definire uno di quei signori del calcio d'altri tempi. E forse proprio questa sua «nobiltà» calcistica gli è costata cara, addirittura un esonero. Perché, anche dopo mesi, ripercorrendo la vicenda di un Parma che, dopo un ko interno pesante con il Padova (1-4), ma ancora a 4 punti dalla prima (il Venezia ndr), si prende tutte le responsabilità di un lavoro che stava portando avanti da un anno e mezzo. Lui non attacca nessuno, né i compagni di viaggio (Scala, Minotti e Galassi) responsabili comunque delle scelte di mercato e tanto meno la società. E si capisce che rompere il silenzio, per lui, non è stato facile. Orgogliosamente (e semplicemente) afferma che «sì, un po' di questa serie B la sento anche un po' mia. In piccola parte, nonostante ci sia stato poco tempo per lavorare o aggiustare in corsa le cose che non andavano. La sento mia per tutto quello che abbiamo fatto, sin dalla serie D. In ogni caso bisogna fare tanti complimenti al ds Faggiano, a D'Aversa e al suo staff perché la missione non era certo semplice, non è mai facile vincere un campionato e tanto meno i play-off. Hanno fatto un lavoro decisivo e importante».
Che cosa ha provato quando le hanno comunicato l'esonero?
«Beh, una grandissima amarezza. Eravamo all'inizio di un campionato che era difficile. Sapevamo che avremmo incontrato delle difficoltà. Sì, l'amarezza c'è stata. Un gran dispiacere. Secondo me c'erano le basi per lavorare sul Parma del futuro».
A quei tempi abbiamo avuto la sensazione che lei abbia pagato anche errori non suoi. Ripensandoci, lei rifarebbe tutte le stesse scelte?
«Quando uno fa l'allenatore ci sono momenti in cui le colpe si pagano, magari non soltanto le mie. Però parto da un principio: nel mio ruolo io sono il responsabile e devo prendermi le mia decisioni con molta responsabilità. E questa è stata sempre una mia prerogativa. Chiaramente con il senno del poi magari valuterei altre cose, che forse ho tralasciato. Diciamo che sarei più attento a certi particolari».
Un'esperienza negativa che forse le ha lasciato qualcosa di nuovo. Un insegnamento in più.
«Questo è il mio modo di pensare... Ed errare è umano. Come dico sempre, vince la squadra che sbaglia meno. Perché non esiste una squadra che non sbaglia. Questo vale nel percorso di un allenatore ma anche dei giocatori, di una squadra. Bisogna trarre insegnamento dagli errori, per evitare di ripeterli ma anche per poter crescere e migliorare. Fa parte del mio ruolo ma anche nel percorso personale. Perché io ci ho messo anche il cuore. Nella mia esperienza non ho mai smesso di metterci la passione. Metterci tutto quello che ho imparato e che ho sempre cercato di trasmettere alle mie squadre».
Quando il Parma ha conquistato la B, cosa ha provato?
«Ero felicissimo, molto contento. Per la città, per i tifosi. Meritano palcoscenici importanti. E avere fatto quello che è stato fatto, da una società appena nata, non era certo facile. Parma poi è casa mia. Ero felice».
Intanto il Parma sta diventando «cinese»: cosa ne pensa?
«Credo che ci sarà una continuità col lavoro iniziato due anni fa. Mi aspetto che rimanga una componente parmigiana nella società. E che ci sia tanta serietà e rispetto per una storia ultracentenaria, dove il Parma ha vissuto momenti belli e meno belli. Poi Hernan (Crespo, ndr) è una garanzia».
Anche lei dunque si aspetta che il Parma torni tra le grandi. Che ambisca alla serie A.
«Sì, credo di sì. Il Parma rappresenta tanto per la città e la gente, ma rappresenta tanto anche per il nostro calcio: se non sbaglio è il quarto club italiano in Europa. Chiaro che mi aspetto che questa storia venga rispettata e che quindi possa tornare tra le grandi».
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