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Dossena: «Non ho mai creduto al suicidio di Tenco»

Dossena: «Non ho mai creduto al suicidio di Tenco»

23 Gennaio 2017, 11:29

Vanni Buttasi

La notte più tragica del Festival di Sanremo. Tra il 26 e il 27 gennaio 1967 fu trovato morto il cantante Luigi Tenco. Si era ucciso in una stanza, la 219 come ricorda «Il libro nero del Festival di Sanremo» di Romano Lupi e Riccardo Mandelli, edito da Odoya, dell'hotel Savoy.

Tra coloro che arrivarono per primi nella camera d'albergo del cantautore genovese anche il produttore discografico parmigiano Paolo Dossena. Cinquant'anni dopo, abbiamo parlato con lui di quella tragedia che scosse tutta l'Italia.

Realtà scioccante

«Quell'immagine è sempre lì, fissa nella mia mente - racconta -. E mi riappare ogni volta che, nel corso degli anni, mi viene chiesto di raccontare, di ricordare. Non è il replay di una fiction ma è l'immagine di una realtà scioccante: la faccia immobile, terrea dell'amico Luigi, gli occhi chiusi come nel sonno, apparentemente senza tracce di violenza, né di spari. Sono arrivato lì seguendo uno stretto corridoio nel seminterrato dell'hotel. C'era del sangue, non c'era pistola e non vidi tracce di ferite. Pensai che si fosse tagliato le vene. Urlai all'amico Mario Simone, che mi seguiva, di chiamare subito un'ambulanza. Dalida lo accarezzava, disperata, in lacrime. Ma mi sbagliavo, non c'era più niente da fare. Luigi era morto».

Tragica notte

Dossena si ferma un attimo nel racconto di quella tragica notte, poi aggiunge: «Morto suicida o ucciso, questo io non lo so con certezza. So che non ho mai creduto al suicidio. So che il suo corpo non era assolutamente nella posizione descritta ufficialmente e che, di certo, non c'erano pistole vicino a lui. So che ancora oggi mi tornano in mente le sue parole del giorno prima, seduti insieme all'amico Mario al tavolo di un bar: “Paolo ho paura, è già tre volte che hanno cercato di uccidermi”. Con tanto di dettagli. Ma nessuna risposta alle nostre domande: perché? chi?».

Il discorso con Dossena si sposta su quell'edizione del Festival di Sanremo, dove «Ciao amore ciao», la canzone di Tenco, era stata eliminata e la commissione, che avrebbe potuto ripescarla, scelse invece «La rivoluzione» di Gianni Pettenati.

«Io ho prodotto “Ciao amore ciao” per Rca - racconta il discografico parmigiano -, seguendo fin dall'inizio la nascita del progetto, con i suoi rischi e le paure, ma anche la gioia e il divertimento di una bella avventura che stava per cominciare con l'amico Luigi e con la splendida Dalida. Non bisogna dimenticare che Tenco allora non era importante, tanto meno un mito, come può esserlo oggi. “Un giorno dopo l'altro”, sigla televisiva di un famoso Maigret, pubblicato precedentemente, non aveva ottenuto buoni risultati di vendita e il progetto Sanremo con una grande star come Dalida, di cui ero da molto tempo il fortunato produttore, avrebbe dovuto aiutare la sua affermazione».

Poi lo stesso Dossena racconta della storia d'amore sbocciata tra il cantautore genovese e la cantante francese: «Finora abbiamo parlato della parte professionale ma, poi, nella vita succedono cose incontrollabili e imprevedibili: nasce un grande, grandissimo amore. Nessuno lo doveva sapere e non lo ha mai saputo, c'era un patto segreto tra noi, i quattro amici delle serate romane, delle partite a poker, delle cene e degli scherzi. Farlo trapelare in quel momento avrebbe avuto il sapore di un'operazione scandalistica da ufficio stampa. La decisione era presa e a maggio dell'anno successivo Luigi e Dalida si sarebbero sposati a Parigi. In silenzio e commossi abbiamo brindato all'evento».

Anche Gino Paoli, che conobbe Tenco a Genova, durante la giovinezza, ricorda che «non era una persona cupa, triste e introversa. Era allegro, con tanta voglia di scherzare e di fare casino. E se i ragazzi si riconoscono ancora in lui è perché era un giovane qualunque e un po' ribelle».

Curioso, infine, l'aneddoto raccontato da Ricky Gianco: «La prima registrazione di “Quando” non gli piaceva. E' andato avanti a registrarla per mesi e, alla fine, è uscita la prima versione che aveva fatto».

Romano Lupi e Riccardo Mandelli, nel loro volume «Il libro nero del Festival di Sanremo», dedicano a Tenco un capitolo dal titolo «Il sacrificato: colui che è fatto sacro».

Scenari diversi

I due autori ricostruiscono la vicenda, analizzando tutti i particolari di quella notte fino alla riesumazione della salma il 15 febbraio 2006.

«Tutti gli elementi della notte
di Sanremo, combinati con quelli dell'ambiente che abbiamo descritto - scrivono nel libro Lupi e Mandelli -, si adattano meglio a scenari diversi dal suicidio. Si potrà sempre dire che sono chimere, illazioni, fantasie ma la ricostruzione più coerente è che Tenco sia stato ucciso da un commando dei servizi segreti paralleli, informali, deviati dal solco della democrazia. Uomini di estrema destra e criminali mossi dalle indicazioni di Lucien Morisse, che doveva salvare la carriera della ex moglie, in pericolo per le iniziative annunciate dal suo partner. Lucien Trzesniewski - il vero nome di Morisse, figlio di due deportati nei lager nazisti - non aveva alibi. Nessuno sa dove fosse mentre Tenco moriva. Certo è che si era fatto largo presto nello spietato mondo dello show business».

Lupi e Mandelli, infine, ricordano che «Lucien Morisse morirà suicida l'11 settembre 1970 sparandosi un colpo di pistola in testa. Dalida avrà un'altra storia d'amore con Richard Chanfray».

La loro relazione andrà avanti fino al 1981. Anche Chanfray morì suicida con Paula nel 1983 a Saint-Tropez: la coppia fu uccisa dalle esalazioni di gas della loro auto. Infine Dalida fu ritrovata cadavere, nella sua casa di Parigi, il 3 maggio 1987.

Quanti suicidi, difficili da capire, dopo quella tragica notte di Sanremo di cinquant'anni fa.

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