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Due parmigiane in missione per salvare l'arte dalle macerie

Due parmigiane in missione per salvare l'arte dalle macerie

23 Febbraio 2017, 06:06

Chiara Cacciani

L'appello era arrivato già a inizio settembre, dopo la prima zampata del «mostro». Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e il loro patrimonio storico-artistico da censire e provare a salvare.

Si cercava la collaborazione di un ampio numero di professioni: restauratori, tecnici, autisti, amministrativi. E l'adesione è stata amplissima.

«Anche la Soprintendenza di Parma e Piacenza, ha detto sì: disponibilità a mandarci in tutte le regioni interessate salvo l'Abruzzo, ma solo perché più distante». Ines Agostinelli e Annarita Ziveri lo raccontano al telefono da Camerino, alla metà esatta della loro esperienza: partite il 12 febbraio, rientreranno a Parma il 5 marzo. Funzionario restauratore l'una, assistente tecnico l'altra, non sono nuove alle missioni in emergenza per conto della «nostra» Soprintendenza.

«Ma molto di ciò che abbiamo visto non ce l'aspettavamo. La quantità di neve caduta, ad esempio: inimmaginabile. E che avesse fatto ancora più danni delle scosse». E poi lo stremo morale delle popolazioni terremotate: «Da stringere il cuore». Come quella donna incontrata pochi giorni prima nell'Ascolano mentre piangeva sulle macerie della sua casa. «Ci ha raccontato che lì aveva investito tutti i soldi messi da parte, per trasferircisi in vecchiaia...».

La prima chiamata, in realtà, risale a circa un mese fa: dal Lazio, per il recupero tra le macerie di pezzi di affresco ed opere d'arte in vista di un futuro restauro. Poi ci ha pensato proprio la neve a fermare tutto, partenze comprese. «Ma subito dopo è arrivata la richiesta dalle Marche: c'era necessità di esperti per i sopralluoghi nelle chiese sparse su tutto il territorio. In team con gli strutturisti incaricati di verificarne l'agibilità, il nostro compito è andare in ricognizione e segnalare i beni d'arte che vanno spostati, che hanno bisogno di essere protetti con coperture o messi in sicurezza», spiegano.

Per capire la vastità del patrimonio presente e la ricchezza culturale a rischio, basta un dato. Anzi due: a fronte di 2500 richieste di sopralluogo, ogni settimana - e solo per i rilevamenti - nelle Marche sono attive 12 squadre inviate dal ministero per i Beni artistici, culturali e turistici.

La prima settimana delle due parmigiane è trascorsa nella zona di Ascoli Piceno, punteggiata di chiesette isolate, costruite spesso su cime di monti e a servire paesi di poche anime. «Oggi sono tutte inagibili e gli abitanti, ce l'hanno raccontato loro stessi, non hanno nemmeno più il conforto di ritrovarsi per partecipare alla messa». Difficili anche le condizioni di lavoro. «Per colpa della neve, alberi e rami sono caduti ed hanno reso difficilmente percorribili le strade: se ce l'avessero detto - ironizza, ma neanche troppo, Ziveri - ci saremmo portate dietro anche un machete. E' una situazione inimmaginabile: un conto è vederla in tivù, un conto è viverla».

Il tono è di sgomento: «Ci siamo trovate a sprofondare nella neve fin oltre il ginocchio, o in mezzo a distese di fango create dal suo scioglimento, al cospetto di case sbriciolate e altre che hanno retto il terremoto ma non il peso della nevicata..».

Citano «quel convento di clausura di 1400 metri quadrati, dove oggi 9 suore, di cui due gravemente malate, sono costrette a vivere strette in uno scantinato per i danni alla struttura e per le esigenze di una eventuale evacuazione».

O Vitavello, ad esempio, dove il nucleo antico del paese era già stato inghiottito anni da una frana e il paese ricostruito più in basso. «Restava una chiesetta, quella di San Michele Arcangelo, con bellissimi affreschi del 1500 su una parete di fondo. Uno era stato appena restaurato e per gli altri c'era già un progetto di Italia Nostra. Abbiamo verificato che piove dal tetto, e abbiamo segnalato la necessità di proteggerli». E poi chissà.

«Solo il nostro mestiere può mettere mano a situazioni del genere - continuano con convinzione -. Si tratta di costruzioni isolate e spesso lontane dal turismo: in assenza di tornaconto economico, non le restaurerebbe nessuno. Ma restano un pezzo di storia, della storia del nostro Paese, solo lo Stato può salvarle. E noi siamo orgogliose di fare parte di questo Ministero che, con pochi fondi, fa tutto questo e mette a disposizione la professionalità di persone appassionate». «E' uno sforzo grande, soprattutto coi pochi mezzi che abbiamo - ribadisce Agostinelli -. Ma è prezioso».

Se ne sono rese conto ancora di più iniziando la seconda settimana di missione in una delle zone più colpite dal sisma, tra Camerino e Castelsantangelo sul Nera. Raccontano di paesi fantasma, vivi solo dei movimenti delle forze dell'ordine e di tanti, tanti vigili del fuoco. «Se non ci sono state vittime, lo sa?, è perché molte sono seconde case. Se ne sono tutti scappati via prima della seconda scossa». Quella micidiale.

«Ogni mattina raggiungiamo Visso, la “porta” della zona rossa. E' un punto presidiato, e solo dopo aver dimostrato perché siamo lì possiamo raggiungere Castelsantangelo e unirci alla squadra dei vigili del fuoco che ci accompagna nei sopralluoghi alle chiese. Sono tutte inagibili, c'è il rischio di crolli, spesso le mura sono cadute sulle strade e bisogna scavalcarle per raggiungere le nostre mete. Alcune possono essere salvate, una invece non c'è: è solo un cumulo di sassi avvolti da un telo verde. Ma noi abbiamo chiesto di proteggere anche i resti: perché gli affreschi - volendolo - si potranno recuperare».

Un futuro incerto, quello delle opere d'arte. L'incognita sono ovviamente i soldi - tanti - che serviranno per i restauri. «Noi intanto restiamo a disposizione: torneremo a Parma, ma poi siamo pronte a rifare le valigie».

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