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Elisabetta Pozzi all'Arena Shakespeare

Elisabetta Pozzi all'Arena Shakespeare

02 Luglio 2017, 12:00

Mariacristina Maggi

Ha scavato dentro l'anima delle più grandi eroine tragiche, è stata Medea, Cassandra, Clitennestra e ora Elisabetta Pozzi vestirà i panni di Atossa, madre di Serse, nella più antica tragedia greca di tutti i tempi, «I Persiani» di Eschilo, in scena in prima nazionale mercoledì e giovedì prossimi (alle 21) all'Arena Shakespeare di Fondazione Teatro Due. Regia di Andrea Chiodi e un cast di dieci attori. Musiche originali di Daniele D'Angelo. Ed è una nuova, emozionale sfida per Elisabetta Pozzi, una delle più interessanti attrici-autrici del teatro italiano, capace come poche di mettersi sempre in gioco, rinnovarsi e consegnare ogni volta qualcosa di sé: forse è questo il segreto di Betta, come la chiamano gli amici. Per lei la scena è vita vera, da rivivere e riscoprire penetrando anche negli angoli più bui e oscuri dell'essere, senza risparmiarsi mai, artisticamente e umanamente. E' un caso unico, infatti: in un mondo in cui prevale il mero spettacolo Elisabetta Pozzi è tra le più alte espressioni del nostro teatro. E ogni volta si «accende» (è lei stessa a dirlo) con la passione e professionalità di sempre e con emozione ci racconta questa nuova sfida. Impresa non semplice quella di portare in scena una visione contemporanea sul dramma della disfatta dei persiani a Salamina ad opera dei greci...

«Nel mio lavoro cerco sempre di affrontare testi di cui sento la necessità: è l'unico modo per restituirne la potenza e la poesia. Mi piace impossessarmi della materia e farla rivivere: per far sì che accada devo guardare dentro di me e far emergere anche aspetti che spesso non conoscevo nemmeno. Questa è in assoluto la più antica opera teatrale pervenuta che riportiamo integralmente grazie all'intensa traduzione di Giorgio Ieranò; ed è una tragedia che non parla di miti ma per la prima volta di un fatto di cronaca avvenuto realmente (la battaglia di Salamina) raccontato attraverso lo sguardo dei vinti: parla di pietas nei confronti del nemico. Eschilo compie un atto di una grandezza e originalità straordinarie: quello di riportare in modo dettagliato e profondo, come un reporter di guerra, la sconfitta dalla parte del nemico: ponendo al centro il problema dell'altro,
del “barbaro”, cercando così di comprenderlo e rappresentarlo umanamente. Io sarò una madre che si strazia dal dolore per la sconfitta del figlio: il dolore spaventoso di una madre che con inquietudine attende notizie circa la spedizione contro la lontana Grecia comandata dal figlio Serse. Sono tanti i momenti di commozione, c'è una battuta che arriva al cuore: “Io taccio da tempo soffrendo stravolta dal dolore: questa disgrazia mi supera e mi lascia senza parole”».

Una tragedia che è allo stesso tempo una profonda meditazione sull'esperienza del dolore: quindi, anche se portata in scena per la prima volta nel 427 a.C. di grande attualità?

«Non sarò io a dirlo: sarà lo spettatore a leggerne tracce di attualità. E' un dramma raccontato con toni asciutti, secchi, senza retorica: il dolore in scena è puro. Senza dubbio il tema della guerra riguarda il nostro quotidiano e numerosi possono essere i riferimenti; è una tragedia che ricorda quanto da un momento all'altro tutto si possa ribaltare ed Eschilo mette infatti in allarme il popolo ateniese invitandolo a non varcare mai il limite umano, a non peccare di “hybris”».

Messaggio di evidente attualità per un lavoro di squadra tra lei, il regista Andrea Chiodi e suo marito Daniele D'Angelo che ha curato le musiche.

«Mi piace lavorare con gli altri, confrontarmi e ricominciare sempre da capo. Ci conosciamo da tempo, ci prendiamo carico l'uno dell'altro con generosità, accettazione e siamo motivati dalla stessa “necessità”. Le musiche contemporanee sono parte integrante del lavoro: un suono della coscienza tra presente, ricordi ed evocazioni».

Se non sbaglio «I Persiani» non è solo messinscena ma anche l'inizio di un'avventura?

«Frequentando spesso il teatro di Siracusa mi sono resa conto quanto la tragedia greca se affrontata con vitalità e passione possa coinvolgere e accendere curiosità anche nei giovani. Spero che l'Arena abbia un futuro e che diventi un punto di riferimento nazionale del teatro antico, oltre che uno spazio frequentato anche dalle scuole: nel cuore pulsante di una città del nord come Parma, in un luogo contemporaneo, riconsegnare nuovamente vita alle origini del nostro teatro penso sia un'idea straordinaria da proteggere e amare con partecipazione da parte di tutti».

Informazioni e biglietteria: 0521/230242/ biglietteria@teatrodue.org-www-teatrodue.org.

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