Roberto Longoni
Della serie: del malato non si butta via nulla. Erano una doppia risorsa, i pazienti. Parco buoi sul quale sperimentare medicinali per conto dei produttori, ma anche miniera da cui estrarre informazioni da rivendere alle aziende farmaceutiche. Questa la tesi dei carabinieri del Nas di Parma comandati dal capitano Gianfranco di Sario che per oltre due anni, coordinati dal pm Giuseppe Amara, hanno indagato sulle attività di Guido Fanelli e degli altri 15 a loro volta arrestati quasi due mesi fa (a essi vanno aggiunti anche 56 indagati a piede libero a vario titolo).
E' una metastasi di guai, per l'ex primario della Seconda anestesia del Maggiore, ai domiciliari dall'8 maggio in compagnia di 25 ipotesi di reato: l'inchiesta «Pasimafi» si arricchisce di un altro filone a suo carico. La compravendita di dati clinici - stando sempre all'accusa - avrebbe rappresentato un'altra fonte di guadagno per il 62enne «Briatore della sanità». E ora anche di questo si chiede conto al «boss» (così pare che amasse lui stesso definirsi), presidente della commissione del ministero della Salute madre della legge 38 del 2010 sull'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Alla luce delle dichiarazioni rilasciate dall'amministratore di una casa farmaceutica, la Procura di Parma ha disposto il sequestro di oltre centomila euro a Fanelli.
La cifra si aggiunge ai 470mila euro già congelati sui conti correnti del professore, insieme con due società di comodo al momento in cui lui e gli altri vennero investiti dalla pioggia di accuse e manette. Dalla tempesta (giudiziaria) perfetta è stato bloccato a riva anche il Pasimafi V, lo yacht della società Craig Up riconducibile all'ex primario, dal quale l'inchiesta ha preso il nome.
L'idea della compravendita dei dati clinici risalirebbe a oltre due anni fa. Stando alle intercettazioni, a parlarne a Fanelli sarebbe stato Bruno Cammi, della Pls Educational, impresa specializzata nella gestione della comunicazione e nella realizzazione di grandi eventi. Cammi, a sua volta denunciato dai carabinieri, in una telefonata (nella quale, tra l'altro, si vanterebbe di aver già sperimentato il sistema nel lontano 1987) nell'aprile del 2015 avrebbe proposto al luminare della terapia del dolore di organizzare un archivio personale con le informazioni sensibili «rubate» dalle cartelle cliniche dei pazienti.
Un database a uso e consumo delle aziende farmaceutiche, pronte a sborsare migliaia di euro (definite brioche dall'ex primario, secondo quanto ascoltato dai carabinieri durante alcune telefonate del medico alla moglie) per entrarne in possesso. Sapere su larga scala quali farmaci siano prescritti dai medici permette infatti ai produttori di studiare adeguate strategie di marketing e di promozione. E' come avere in mano le radiografie del «mercato della sanità».
Progetto ambizioso, legato ai numeri del Gruppo interregionale ricerca contro il dolore. «Raccattiamo tutta la Campania, l'Emilia-Romagna, la Toscana, l'Umbria, la Calabria: arriviamo ad avere uno spread di 20 milioni di abitanti» esclamerà - sempre stando alle indagini - un entusiasta Fanelli, riferendosi agli ampi orizzonti forniti dalla piattaforma Gircd. «Noi abbiamo fatto 1.100 pazienti con l'attività normale» risponde uno stretto collaboratore a Fanelli dopo essersi sentito chiedere di mettere nell'«archivio» tutti i «dati che reputi essenziali ai fini scientifici e commerciali».
Insomma, il paziente al centro di mille attenzioni: ma non della scienza medica, bensì di quella di far soldi. Non importa che i presunti guadagni fossero alle spalle delle sofferenze e delle possibilità di cura altrui. Accuse pesantissime anche dal punto di vista etico. Intanto, per quanto riguarda quelle prettamente giudiziarie, l'ex primario non sarà più difeso dall'avvocato Mario Bonati. Il legale ha rimesso il mandato ieri mattina.
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