Michele Ceparano
Dal suo sguardo traspaiono un dolore infinito e una grandissima dignità. Quelle che ha sempre mostrato in questi giorni in cui ha visto la propria famiglia distrutta da un figlio che lui ha perdonato e che, come ha già detto, non abbandonerà mai. Ieri pomeriggio, in quell'appartamento al sesto piano di via San Leonardo 21, dove suo figlio Solomon ha ucciso martedì 11 luglio, esattamente due settimane prima, sua moglie Patience, di quarantatré anni, e sua figlia Maddy, di appena undici, Fred Nyantakyi è tornato per la prima volta dopo questo fatto tremendo.
Fred, che lì aveva vissuto tre anni prima di partire per Londra dove sognava di costruire un futuro migliore per la sua famiglia, ha infatti partecipato al sopralluogo in esecuzione di un decreto di ispezione sul posto del delitto.
Assieme a lui, alle 15.30, ha varcato il portone dello stabile anche l'altro figlio, Raymond, quello che ha scoperto il duplice omicidio commesso dal fratello.
Il ragazzo, però, nell'appartamento non è rientrato, solo suo padre ieri è stato nella casa del dolore.
Assieme a lui la pm Paola Dal Monte, il dirigente della Squadra Mobile Cosimo Romano, gli uomini della Polizia scientifica arrivati da Bologna e i consulenti tecnici, oltre all'avvocato difensore di Solomon, Vincenzo Agostino Cecere.
Prima di entrare, dall'altra parte del marciapiede, Fred, che era accompagnato anche da alcuni parenti, è stato a colloquio con la pm e con il dirigente della Mobile.
Qualche passante, di origine ghanese, lo ha però riconosciuto e gli ha teso la mano per salutarlo e per fargli sentire il proprio affetto.
Fred nell'appartamento è, comunque, rimasto fino alle 16.45, quando se ne è andato assieme al figlio e ai parenti che lo hanno atteso fuori, in via San Leonardo. In silenzio. Con dolore, ma anche con tanta dignità. Quella mostrata anche all'interno della casa durante il sopralluogo.
Il lavoro degli investigatori nell'appartamento è continuato, invece, fino alle 19. Tre ore e mezza in cui sono stati compiuti accertamenti tecnici per poter avere un quadro ancora più preciso rispetto a quelle due ore di quel maledetto martedì 11 luglio: dalle 14.30 quando Solomon, come ha confessato, ha ucciso la madre e la sorella, alle 16.30 quando le telecamere lo hanno ripreso alla stazione di Parma.
Qualche risposta in più l'aveva già data l'autopsia che era stata effettuata giovedì scorso all'ospedale Maggiore, ma si scava ancora per squarciare definitivamente il velo su movente e dinamica del duplice omicidio.
Un delitto terribile perpetrato in un appartamento a cui, dopo il sopralluogo di ieri pomeriggio, sono stati di nuovo apposti i sigilli. Un episodio che ha scosso il quartiere di San Leonardo, ma anche tutta Parma.
Infatti, davanti al condominio, ieri presidiato dagli agenti con la consegna di far entrare nello stabile soltanto i residenti, parecchi passanti indicavano con il dito il numero 21 e le auto rallentavano. Una donna in bicicletta, inoltre, vedendo i poliziotti davanti alla casa, chiedeva con timore se lì era successo «di nuovo qualcosa di brutto». Alle 18 abbandona l'appartamento anche il legale di Solomon. «Il mio assistito è molto turbato - ribadisce quanto già dichiarato nei giorni scorsi l'avvocato Cecere -. E' un ragazzo che deve essere aiutato».
Nel frattempo i poliziotti continuano a lavorare, ispezionando anche il balcone che si affaccia su via Corini. Perché se il caso potrebbe anche dirsi chiuso, in questa vicenda ci sono ancora dei tasselli da mettere insieme. Alle 19, come detto, finisce il lavoro degli investigatori. E' stata un'altra dura prova, a giudicare dai volti tesi di chi sta facendo le indagini.
Verso il portone del civico 21 di San Leonardo chi passa, comunque, alla fine di un altro caldo pomeriggio, continua a buttare l'occhio, anche se sul marciapiede sono spariti da giorni i messaggi, i lumini, i fiori e i giocattoli che gli amici e la gente del quartiere avevano lasciato per la piccola Maddy e per Patience, la sua mamma. Due vite che sono state spezzate troppo presto.
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