Fu un successo planetario e vendette più di otto milioni di dischi in tutto il mondo. Senza dubbio un buon “raccolto”. Compie 45 anni “Harvest” - in inglese appunto raccolto, mietitura - uno dei tanti capolavori di Neil Young. Un periodo davvero d'oro quello degli anni Settanta per l'artista canadese classe 1945. Due anni prima infatti aveva inciso “After the gold rush”, nel '78 arriverà “Comes a time” e un anno dopo “Rust never sleeps” e il doppio live “Live Rust”. In mezzo anche un periodo cosiddetto di crisi (definito la “trilogia oscura”). Che, ascoltata oggi, tanto crisi poi non sembra. Meglio fermarsi comunque a questi titoli altrimenti un articolo non basterebbe.
Young è infatti uno dei mostri sacri del rock declinato in parecchie delle sue forme come country, canzone d'autore, rock psichedelico, perfino hard rock e chi più ne ha più ne metta. Con “Harvest” l'artista di Toronto ha regalato al pubblico un lavoro di rara sensibilità poetica (ad esempio la title track) ma allo stesso tempo ha anche saputo affrontare delle tematiche scomode, come quella dell'effetto distruttivo dell'eroina, in “The needle and the damage done”.
Chi scrive, classe 1966, lo ha scoperto un po' in ritardo, ma comunque “una vita” fa. Era il 1980 e al ginnasio il maggior esperto dell'opera del cantautore canadese era Antonio Bobbio, ora stimato chirurgo in quel di Parigi. Fu lui, che aveva un fratello e una sorella più grandi, a far sentire ai compagni di classe i primi lp del cantautore di Toronto, così come quelli dei Genesis - per cui non verrà mai ringraziato abbastanza - e, per stare in Italia, i leggendari concerti live di Fabrizio De Andrè e la Pfm. Tornando a Young, i suoi lavori avevano la capacità di colpire subito per la musicalità unita a una sofferta intensità. Di “Harvest” i pezzi che stregarono l'autore di questo articolo furono in particolare due: “A man needs a maid” e “Heart of gold”. Il secondo lo aveva già catturato qualche anno prima, sotto forma di cover realizzata dai Boney M. Il pezzo originale di Young è comunque molto diverso da quello che trova spazio in “Nightflight to Venus” (1978), ma la rivisitazione in chiave-disco dei Boney M. è molto piacevole come accadde spesso alle canzoni del gruppo (si pensi a “Ma Baker”, “Rasputin” o “Rivers of Babylon”).
Il primo pezzo, invece, “A man needs a maid”, fu scritto da Young per l'attrice Carrie Snodgress (con cui poi il cantautore si legò e che gli diede un figlio) dopo averla vista recitare nel film “Diario di una casalinga inquieta”. Questo brano suscitò polemiche a non finire. Letteralmente “maid” significa cameriera e Young si beccò durissime accuse di sessismo. Più o meno quello che subì Roberto Vecchioni vent'anni dopo con la celeberrima “Voglio una donna”. Polemiche a parte , “A man needs a maid” resta un brano che 45 anni dopo non ha perso nulla della sua magia.
“Harvest” però contiene anche altri pezzi che l'artista - con la chitarra, la voce in falsetto, le camicie a quadri in stile country western e la sua inesauribile forza - ha reso immortali come “Old man “, “Alabama” e “Are you ready for the country?”. Quarantacinque anni dopo, anche in Italia il cd di “Harvest” resta ancora in bella mostra in tutti i negozi di dischi, ormai quasi solo all'interno dei centri commerciali. Qualcosa vorrà pur dire. “Harvest” rimane infine una testimonianza più viva che mai degli anni Settanta. Un decennio con molte ombre ma che, almeno dal punto di vista musicale, resta insuperabile.
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