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Il caso migranti diventa nazionale

Il caso migranti diventa nazionale

16 Settembre 2017, 10:37

Luca Pelagatti

Ci sono le telecamere, i microfoni, gli impianti per le trasmissioni via satellite. Ci sono la diretta e il caso eclatante di cronaca: quello che manca sono i testimoni, le voci in presa diretta. E pure quelli, e non sono tanti, che accettano di metterci la faccia e il racconto alla fine sembrano aver una gran voglia di svicolare. Il giorno dopo il caso di San Michele Tiorre, quello della donna minacciata da un gruppo di residenti che non vogliono i migranti, si accendono i riflettori della cronaca nazionale. Ma in molti svelano il desiderio di veder svanire al più presto il polverone. La dimostrazione arriva nella maniera più eclatante: per le strade di San Michele e di Felino si sono aggirate per tutta la giornata le telecamere della Rai con l'inviato del programma «La vita in diretta». Ma nonostante dalla mattina sui social sia rimbalzata la notizia della presenza della troupe pochissime persone hanno accettato di parlare, di raccontare lo stato d'animo del paese. Sicuramente diviso ma forse anche un po' spaventato di avere creato tanto clamore. Il risultato? Per tutto il pomeriggio dalla piazza della chiesa alla provinciale non si è visto quasi nessuno e davanti alla villetta bianca al civico 3 di via Martiri della Libertà è stato impossibile per le telecamere in attesa cogliere l'umore dei residenti. «A questo punto, dopo tanta rabbia riversata verso una cittadina incolpevole spero che i toni di tutti si abbassino - ha dichiarato il sindaco di Felino, Elisa Leoni. - Se veramente si vuole il bene pubblico si spengano i riflettori e si collabori in un clima sereno e il più costruttivo possibile».

Giusto, ma una volta accesa la macchina dei media non è così facile azzittirne gli altoparlanti. Dal municipio ammettono infatti di avere ricevuto, oltre a quella della «Vita in diretta», richieste di interviste e incontri dalle redazioni di trasmissioni nazionali come «Terra» e «Piazza Pulita» così come da Radio Capital. E anche oggi, secondo le scalette delle trasmissioni in programmazione, dovrebbe essere un'altra giornata dedicata al caso dei migranti da ospitare in quella casa. «Noi volevamo mettere a reddito quella abitazione per aiutare la nostra congiunta con problemi di salute», ha ripetuto Silvio Fogu, il marito della donna che secondo il suo racconto è stata aggredita davanti alla casa. «Abbiamo provato ad affittarla a dei lavoratori della zona ma senza esito. Allora abbiamo saputo dalla agenzia a cui l'avevamo affidata che esiste questa possibilità di affittare alle associazioni che, in collaborazione con la prefettura, si occupano di accoglienza di migranti. E abbiamo siglato l'accordo». Tutto in regola, tutto trasparente, si ribadisce oggi durante la diretta. Ma le voci contrarie, quelli che si oppongono scelgono altre vie, altre considerazioni. «Non sappiamo chi sono, come possiamo fidarci ad averli come vicini di casa? Io, per esempio non li voglio», taglia corta una signora anziana che preferisce però non vedere il nome sul giornale. Mentre le voci si inseguono. Per il momento, però, sembra confermato che i migranti che saranno ospitati nella casa di via Martiri saranno ivoriani e che arriveranno a gruppi di setto/otto per volta. Seguiti per le ventiquattro ore da un educatore della onlus. «Ma saranno liberi di andare in giro e come possiamo essere certi che non creino problemi in paese?», è la conclusione di una altra residente che però, prudentemente, aggiunge: «Sia chiaro, io non sono razzista». Sempre doveroso ribadirlo. Ma una considerazione balza all'occhio con la violenza asettica dei numeri: l'arrivo annunciato di venti stranieri ha fatto alzare i toni e le voci. Ma, come dice qualcuno, venti persone in più poco possono cambiare in un comune che, secondo i dati ufficiali ha, ad oggi, 8872 residenti. Di cui ben 929 sono già stranieri. Inutile però chiederlo a loro, a chi arriva da lontano. Nel piazzale della chiesa, dalle finestre aperte volti di immigrati si sporgono a sbirciare le telecamere. Ma appena gli si chiede un commento arretrano di colpo, svaniscono nella penombra delle case, convinti che, vista l'aria che tira, è meglio tenersi lontano dalle polemiche. Un silenzio che regna ancora di più sulla villetta nell'occhio del ciclone. Rispetto alle altre vicine, quasi uguali, si differenzia solo per la presenza di eloquenti cartelli in due lingue. «Zona videosorvegliata», dicono le scritte. Adesso le telecamere sono quella della Rai, dopo saranno di vigilanza. Ma si spera che per allora, almeno, sarà tornata la pace.

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