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«Io, viva grazie al trapianto di midollo»

«Io, viva grazie al trapianto di midollo»

di Patrizia Celi

05 Marzo 2017, 11:28

A 5 anni salvata dalla donazione. Ora, a 24, è la referente dell'Admo

Serena ha vinto la sua sfida più grande, quella per la vita, quando aveva soli cinque anni. E la talassemia, la malattia ereditaria del sangue per la quale non c’è cura. Il trapianto di midollo era riuscito e molto probabilmente avrebbe potuto continuare a vivere. Certo, per scongiurare completamente il pericolo ci sarebbero voluti dieci anni senza ricadute, ma intanto c’era quella splendida festa organizzata da mamma e papà, con mille palloncini colorati a riempire la casa della famiglia Giannetta, come se non bastassero i parenti e gli amici accorsi per accoglierla.

Ricorda solo questo del suo secondo trapianto; «ultimo» lo definisce lei, creando curiosità in chi l’ascolta. Il primo l’aveva fatto quando aveva solo due anni e mezzo e non era andato a buon fine. La donatrice è sempre stata sua sorella Sara, più grande di lei di otto anni. Quindi Serena è una persona doppiamente miracolata: perché a cinque anni le è stata restituita la vita e perché, circa due anni prima, è sopravvissuta quando il suo corpo ha rigettato le cellule impiantate.

Serena ha continuato a camminare nella sua vita fino al presente, in cui è una splendida ventiquattrenne dai grandi occhi colmi di gioia e dal sorriso smagliante e contagioso. Ma in cui, soprattutto, ricopre la carica di referente provinciale per Parma di Admo, l’Associazione donatori di midollo osseo. Questo incontro fortuito è diventato per lei un impegno capace di guarire ferite profonde e un dolore soffuso che si è sempre respirato nella sua famiglia. «Mentre io esorcizzavo la mia esperienza con l’attività nell’Admo, anche mia madre apriva il suo cuore scrivendo un libro su come avevamo affrontato la malattia («Un prato verde» Edizioni dell’Iride, ndr), per dare speranza a chi si appresta a percorrere la nostra stessa strada» spiega Serena. Nella città ducale vive da sei anni, dopo il trasferimento dalla natia Lecce per gli studi universitari di Beni artistici.

L’incontro con Admo è avvenuto nei pressi del banchetto informativo dell’associazione, durante una festa universitaria. «Vuoi informazioni?» le hanno chiesto. «So già tutto!» ha risposto ed è iniziato un dialogo che l’ha presto condotta ad andare insieme ai volontari nelle scuole, «a raccontare la mia storia, per testimoniare con la presenza il valore della scelta di diventare donatore di midollo» sottolinea.

Da allora la vita di Serena è drasticamente cambiata e gli anni dolorosi della prima infanzia hanno avuto un nuovo significato. «Non mi sono mai sentita una bambina diversa dagli altri, perché la mia famiglia non mi faceva sentire tale. Ma ero malata e questa condizione mi ha segnato» ricorda Serena. «Per me era normale andare in ospedale e anche ora quel profumo di disinfettante che si sente in corsia mi è familiare» aggiunge. E conclude con un messaggio per tutte le persone malate, soprattutto per i bambini e ragazzi che vivono esperienze come la sua: «Non dimenticate che la vita è bella».

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