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Maxi frode fiscale, giudizio immediato per la Bonvicini e altri 6 collaboratori

Maxi frode fiscale, giudizio immediato per la Bonvicini e altri 6 collaboratori

29 Dicembre 2017, 09:37

Georgia Azzali

Ha ancora sostenitori, Wally Bonvicini. Gente che è pronta a scommettere sulla «paladina» dei diritti dei cittadini vessati da Equitalia. Ma per la procura, che ha messo insieme una mole di documenti e intercettazioni, la presidente dell'associazione antiusura Federitalia aveva costruito un sistema collaudato per truffare il Fisco, facendo sparire fiumi di denaro. E' in carcere dal 16 settembre, quando scattò l'operazione «Parola d'ordine» portata avanti dalla Finanza, e ci rimarrà ancora. Il pm Emanuela Podda ha chiesto il giudizio immediato, e ora si attende solo la fissazione della data della prima udienza, dopo la decisione del gip Mattia Fiorentini. Traducendo: niente udienza preliminare, ma subito il processo. Un rito speciale consentito quando la «prova è evidente» e che blocca la scadenza dei termini di custodia cautelare. Entro 15 giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato, però, ci sarà la possibilità per gli indagati di scegliere un rito alternativo: patteggiamento o giudizio abbreviato (che garantirebbe lo sconto certo di un terzo, in caso di condanna).

Wally Bonvicini, 65 anni, ex imprenditrice nel settore dell'abbigliamento, è l'unica ancora dietro le sbarre tra le sette persone arrestate tre mesi e mezzo fa. Ma anche per Sante Scian, Tom Vigini, Sauro Terzuoli, Serena Redditi e per i due parmigiani Barbara Oleari e Giuseppe Antoniazzi, tutti ai domiciliari, scatterà il giudizio immediato. E se per la numero uno di Federitalia si dilatano i tempi della carcerazione, per tutti gli altri si prolungano gli arresti tra le quattro mura di casa.

Solo pochi capi d'imputazione sono stati stralciati (e non andranno a giudizio immediato), ma non le accuse principali, a partire da quella di associazione a delinquere finalizzata alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte e alla mancata esecuzione dolosa dei provvedimenti del giudice, sia in Italia che all'estero. Perché il meccanismo ideato da Bonvicini e Scian, suo braccio destro, prevedeva - secondo gli inquirenti - un rompicapo di società sparse tra la nostra penisola e alcuni Paesi stranieri. Veniva creata una miriade di trust, con il «trustee» (il gestore) fittiziamente residente in Slovenia, e società ad hoc con sede sempre in Slovenia, oltre che in Senegal e in Croazia. A volte era la stessa Bonvicini a figurare come legale rappresentante delle aziende, ma più spesso avrebbe agito in nome e per conto di Diaw Ababacar, il prestanome senegalese tuttora irreperibile.

E se Wally e Scian sono considerati i capi dell'associazione, gli altri indagati avrebbero comunque preso parte alle attività illecite. In particolare, i parmigiani Antoniazzi e Oleari, rispondendo alle decine di telefonate che arrivavano ogni giorno a Federitalia, avrebbero convinto le persone a presentare la documentazione per poi far valutare il loro caso agli «esperti» dell'associazione antiusura, predisponendo le varie pratiche.

Tra apparizioni in tv - soprattutto quando cinque anni fa si candidò alle elezioni comunali - dibattiti e incontri, Wally Bonvicini aveva fatto una marea di proseliti. E soprattutto clienti. Perché le pratiche predisposte dall'associazione costavano almeno qualche centinaia di euro.

Le mosse erano mirate. Federitalia, soprattutto a partire dal 2012, aveva cominciato a inondare le procure d'Italia di denunce per usura ed estorsione nei confronti di Equitalia e delle banche. Azioni strumentali, secondo gli inquirenti, per avere la possibilità di usufruire della sospensione della procedura esecutiva grazie al Fondo vittime dell'usura: un tempo che consentiva il trasferimento dei patrimoni all'estero. Querele presentate e ripresentate identiche per anni, nonostante le archiviazioni. E denunce di fatto fotocopia, da qui anche l'accusa di calunnia per la Bonvicini e per altri suoi collaboratori, come la stessa Oleari.

Tutto alla luce del sole, invece, secondo la numero uno di Federitalia. Che ha respinto le accuse anche quando si è seduta davanti al pubblico ministero. Ma le sue «spiegazioni» non hanno convinto. E si è arrivati al giudizio immediato.

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