Lucia Brighenti
Tanto tuonò che non piovve. Lo Stiffelio del regista Graham Vick, opera del Festival Verdi che sulla carta aveva scatenato le polemiche preventive dei loggionisti, alla prova dei fatti ha conquistato gli applausi del pubblico.
Il terzo titolo del cartellone ha avuto la sua prima ieri sera nel Teatro Farnese, ed è stato salutato da moltissime ovazioni, per il cast – applaudito con moltissimo calore, in particolare, il trittico Luciano Ganci (Stiffelio), Maria Katzarava (Lina), Francesco Landolfi (Stankar) - e per il regista.
Niente barricate, dunque, come aveva suggerito Riccardo Muti. È vero che i loggionisti, avendo ottenuto che l’opera fosse messa fuori abbonamento, alla prima di ieri non erano presenti, ma è anche vero che molti melomani hanno assistito alla prova generale di Stiffelio, mercoledì sera, conclusasi anch’essa tra gli applausi.
Se infatti qualcuno obietta che musica e dramma verdiano sono messi in secondo piano dalle idee del regista, molti si fanno conquistare dalle voci e dal sentirsi parte dello spettacolo. Lo Stiffelio di Vick si potrebbe definire, in effetti, una sorta di “realtà immersiva” non virtuale, in cui lo spettatore si può muovere liberamente all’interno dello spazio scenico, circondato a trecentosessanta gradi dall’azione e dalla musica. A volte un corista ti sussurra in un orecchio, osservi le espressioni dei cantanti da vicino, ascolti la polifonia dall’interno, come se anche tu ne facessi parte. C’è anche un aspetto social, perché il pubblico, che fa uso dei telefonini per leggere i sottotitoli, è libero di fotografare, filmare e condividere la sua esperienza.
Tuttavia, il rendere così partecipi gli spettatori comporta alcuni inconvenienti. Un cast buono – Giovanni Sala, (Raffaele), Emanuele Cordaro (Jorg), Blagoj Nacoski (Federico di Frengel), Cecilia Bernini (Dorotea) –, l’Orchestra e il Coro del Teatro Comunale di Bologna diretti da Guillermo Garcia Calvo fanno, si potrebbe dire, miracoli, viste le difficoltà che pone l’allestimento (i cantanti vedono il direttore solo in alcuni schermi, il direttore non vede la scena, il coro è sparpagliato nella platea, le distanze tra gli artisti sono enormi) ma non sempre possono evitare qualche sfasamento ritmico.
Inoltre, pubblico e interpreti condividono gli stessi spazi: i solisti cantano su piattaforme rialzate, montate su ruote, che vengono spostate a scena aperta. Così capita che, nel mezzo dell’azione e della musica, gli spettatori siano invitati a spostarsi da figuranti che “dirigono il traffico” per far spazio alle pedane, perdendo inevitabilmente la concentrazione su quanto sta accadendo nella trama.
Vick sceglie di cercare un parallelo tra la vicenda del libretto e l’attualità (sono infatti contemporanei i costumi di Mauro Tinti, che firma anche le scene): se nello Stiffelio la donna è schiacciata dalla mentalità chiusa della setta assasveriana, oggi non sempre le idee sono più aperte. Ecco allora gli striscioni anti gender e a favore della famiglia “tradizionale” srotolati sulle gradinate, la protesta delle femen che irrompono in scena con uno striscione in difesa del diritto all’aborto (“I’m a woman, not a womb”), i baci gay tra i figuranti, puniti con calci e pugni. Quanto alla vicenda principale, Lina è una donna che finisce nelle braccia di un amante perché non appagata dal marito.
Completano lo spettacolo le luci di Giuseppe Di Iorio, i movimenti coreografici di Ronald Howell. Maestro del coro: Andrea Faidutti.
I PARERI DEL PUBBLICO
Ilaria Notari
Dopo tanto parlarne, finalmente ecco lo Stiffelio di Verdi in versione Graham Vick accolto da un’ovazione per i cantanti e per la regia. Che comunque ha diviso. Alla vigilia del debutto, le incognite sull’esito erano parecchie. Tutto poteva succedere dal punto di vista della reazione del pubblico. Il Farnese ha infatti un pubblico tutto suo ben diverso da quello del Regio. L’enorme fascino della struttura e la fama dei registi interpellati non seduce chi vuole ascoltare la musica e il canto più che vedere uno spettacolo dal momento che il teatro ligneo è acusticamente difficile. Il successo è stato pieno e trionfale per il cast, con in testa Luciano Ganci nei panni di Stiffelio. In scelte di regia come queste la linea di confine tra l’operazione geniale e la “boiata” è molto sottile. Tra le femen, il banchetto che vende le magliette come ad un concerto pop, Stiffelio che autografa il suo libro, striscioni vari, amplessi omosessuali e tanto buon canto tutto poteva accadere. Ma il pubblico, rigorosamente in piedi, ha capito il senso dell’operazione. «Mi ha colpito il grado di coinvolgimento di tutti, attori coro, spettatori e il pubblico risponde bene» dice Fabio Cappel giornalista di Rainews24. «Mi sembra molto interessante- spiega il compositore Martino Traversa - si rifà al teatro sperimentale anni ‘70 quindi nulla di nuovo, ma per il pubblico di sicuro suona come una novità e questa è una cosa positiva. L’orchestra suona benissimo, ha un bel suono verdiano e il maestro è preciso e interpreta bene. Vick è un regista dissacrante quindi è normale il fatto che la gente sia più concentrata sull’aspetto visivo e provocatorio che sulla musica». Per Giancarlo Landini critico musicale «è notevolissimo, da Festival e anche lo stare in piedi conferisce un senso di coralità verdiana. Uno spettacolo da professionisti». Di altro segno Angiolo Carrara Verdi «non sono pronto per questi spettacoli. La regia è scollegata dalla musica. Cosa c’entrano con Stiffelio tutti quei messaggi? Ma Verdi ha le spalle larghe e sopporta tutto!» Paolo Zoppi del Club dei 27 è conquistato: «L’esperimento è molto bello. Ti mette al centro della vicenda. Certo devi essere concentrato per non farti distrarre da tutti gli stimoli intorno. Ne facevo a meno. Io sono rimasto concentrato sulla musica e mi è arrivata. Forse Vick doveva fermarsi un metro prima del traguardo e non mettere quegli striscioni». «Attenzione - mette in guardia Claudia Alberti - vogliono far passare noi per tradizionalisti. Va bene la contemporaneità ma deve avere un senso! Lina e Stiffelio sono superlativi ma anche il baritono è ottimo». Il pubblico gira, osserva, mentre il tenore Ganci infila la naturali e si bemolli, la gente si perde a guardare i mimi. «Non voglio parlare, lasci perdere - dice Mario Ferrari - i cantanti su questi carrelli stile bollito, visto che siamo a Parma e di lesso ve ne intendete, fanno miracoli. La compagnia di canto è la scelta migliore. Per il resto non ci siamo». Fulvio Gennari è entusiasta «Da rivedere!».
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