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Arresti per l'acquedotto, domani gli interrogatori dei 5 arrestati

Arresti per l'acquedotto, domani gli interrogatori dei 5 arrestati

12 Aprile 2017, 05:14

Probabilmente si avvarranno della facoltà di non rispondere. Il gip: «Lavori lottizzati in anticipo»

Georgia Azzali

Un maxi appalto che faceva gola: 8.491.500 euro per lavori di manutenzione e costruzione di reti e infrastrutture dell'acquedotto che fa capo a Emiliambiente, la società pubblica di cui sono soci 16 Comuni della provincia, tra cui Parma, e che gestisce direttamente il servizio idrico di 11 paesi del nostro territorio, soprattutto nella Bassa. Tanto appetibile quel contratto biennale da scatenare appetiti voraci. Con buste delle offerte taroccate e sostituite a gara in corso. E' l'operazione «Rischiatutto» - con buona pace del grande Mike Bongiorno - quella che ieri mattina ha fatto finire ai domiciliari Marco Granelli, 55 anni, noto imprenditore edile salsese nonché vice presidente di Confartigianato e presidente di Coimpa, consorzio parmigiano con 17 soci. Stessa sorte per Dino Pietralunga, 55 anni, fidentino, direttore generale di Emiliambiente e presidente della commissione di gara, per Aldo Toscani, 53, residente a Fontanellato, vice presidente di Coimpa, per Stefano Ghidini, 54, parmigiano, collaboratore di Toscani, e per Aldo Perlini, 61, residente a Noceto, responsabile dell'ufficio appalti di Coimpa. Tutti sono indagati in concorso per turbata libertà degli incanti, falso materiale e ideologico e soppressione di atti veri. Pietralunga e Toscani devono anche rispondere di rivelazione e utilizzazione di segreto d'ufficio.

Sigla e numero sulla busta

Il bando di gara viene pubblicato alla fine di marzo dello scorso anno. Pochi mesi, e a luglio si accendono i riflettori dei carabinieri della compagnia di Fidenza, coordinati dal pm Umberto Ausiello. E' il 13 luglio quando in caserma, come hanno spiegato il tenente colonnello Marcello Robustelli e il capitano Giuseppe Fiore, si presentano i quattro membri della commissione di Emiliambiente, tra cui lo stesso Pietralunga: fanno mettere nero su bianco che la busta «3/C», quella contenente l'offerta economica dell'associazione temporanea di imprese guidata da Coimpa, sarebbe stata sostituita. Il giorno dopo, la commissione si presenta di nuovo davanti ai militari, ma senza Pietralunga. I tre membri parlano chiaramente di anomalie riscontrate durante la procedura della gara. E ricostruiscono l'iter del bando, a cui avevano partecipato tre associazioni di impresa, compreso Coimpa.

Quella fotocopia «rivelatrice»

Una gara che prevedeva la presentazione di un'offerta tecnica, ossia il tipo di servizio proposto, e un'offerta economica, con l'indicazione del ribasso sul prezzo. Giorno cruciale, il 17 maggio 2016: vengono aperti i plichi, Pietralunga sigla e numera le buste e le consegna a uno dei commissari, che ripone quelle con l'offerta economica (le buste «C») in un armadio separato e - soprattutto - fa una fotocopia del frontespizio. Le chiavi restano nelle mani del commissario fino al 1º luglio, quando la donna le consegna a una collega, membro della commissione. Quest'ultima le passa a Pietralunga l'8 luglio: il direttore generale le tiene per tre giorni, poi le restituisce alla commissaria che aveva inizialmente provveduto a separare le buste.

Tre giorni per cambiare le sorti di un appalto già segnato. Secondo la procura, infatti, Pietralunga, avendo visto già il 4 luglio che l'offerta tecnica di Coimpa non è la migliore, si muove su due fronti: avverte Toscani, che comunque l'avrebbe più volte pressato, dicendogli di presentare una nuova offerta economica, così da poter comunque sbaragliare la concorrenza. E poi passa all'azione: una volta ricevuta l'offerta, secondo l'accusa, sottoscrive e mette la sigla «3», falsificando così l'attestazione che era stata messa nella seduta pubblica del 17 maggio, poi fa sparire la vecchia busta, quella con l'offerta perdente.

Le manovre del consorzio

Da parte loro, invece, Ghidini e Perlini, su istigazione di Toscani, avrebbero predisposto la nuova offerta economica: in particolare, analizzando il pc di Perlini, è emerso un file contenente il modello per la compilazione delle offerte e stampato il 5 luglio. Un foglio poi sottoscritto da Granelli, che sarebbe stato assolutamente a conoscenza del piano, da qui le accuse nei suoi confronti. Sarebbero poi stati Ghidini e Toscani a consegnare a Pietralunga, l'8 luglio, la nuova documentazione durante un incontro avvenuto nelle vicinanze della sede di Emiliambiente, a Fidenza. Un appuntamento che non sarebbe sfuggito a uno dei membri della commissione di gara, già in «allerta» da giorni per l'atteggiamento di Pietralunga. Poi scatterà la denuncia. E l'inchiesta che scoperchierà il vaso di Pandora.

Il pm aveva chiesto il carcere

Il modus operandi del dg di Emiliambiente, Dino Pietralunga, e dei vertici di Coimpa? All'insegna della «spregiudicatezza», sottolinea il gip Mattia Fiorentini nell'ordinanza di custodia cautelare.

Il pm Ausiello aveva chiesto la custodia cautelare in carcere per tutti i cinque indagati, ma il giudice ha ritenuto fossero «sufficienti» i domiciliari per evitare il rischio di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio (quest'ultimo solo in riferimento a Pietralunga). Il quadro indiziario, però, è assolutamente solido, secondo il gip, che parla di «collusione ferrea» tra Coimpa e Pietralunga. Non solo. Il direttore generale di Emiliambiente avrebbe continuato a svolgere un ruolo di primo piano anche dopo la denuncia e la decisione di revocare il bando, dando il via a un nuovo appalto. «... nonostante la ripetizione della gara (guarda caso, aggiudicata in via definitiva il 16.3.2017 proprio da Coimpa, che a seguito delle rivelazioni del Pietralunga ha potuto partecipare presentando un'offerta tecnica "rialzata" rispetto alla precedente...) e il formale mutamento della composizione della commissione, il Pietralunga ha continuato a condizionare l'aggiudicazione, partecipando attivamente alla valutazione delle offerte alla stregua di un vero e proprio commissario "di fatto"».

Un accordo granitico, secondo il gip, quello tra Pietralunga e Toscani, per conto di Coimpa, tanto da rendere «inutile lo svolgimento di procedure di selezione per l'affidamento dei lavori, già in anticipo lottizzati e garantiti a Coimpa». Ma Toscani - aggiunge il giudice - sarebbe «appoggiato, nella "politica aziendale" fraudolenta dal presidente Granelli».G.Az.

I disturbatori di frequenze

Ciò che veniva detto nella sala riunioni di Coimpa doveva rimanere tra quelle quattro mura. Ma - soprattutto - non doveva essere captato. Quando i carabinieri hanno perquisito i locali del consorzio (con sede operativa in piazzale Badalocchio e legale in viale Mentana) hanno trovato due «jammer», ossia due dispositivi di disturbo delle frequenze: uno era sulla scrivania, l'altro sotto il televisore della sala riunioni. «La finalità degli apparecchi è unicamente quella di ostacolare eventuali sistemi di captazione - scrive il gip nell'ordinanza - e la loro presenza all'interno della sala riunioni disvela la predisposizione ad hoc di accorgimenti per depistare le indagini in corso (di cui Coimpa aveva quantomeno il sentore, visto che la gara era stata annullata e che il 13.7.2016 era stata comunque presentata denuncia per la sostituzione della busta "3/C" e la turbativa della gara), a dimostrazione della pervicacia degli indagati nella conduzione degli affari secondo il protocollo già esaminato».

Quel protocollo che, secondo il giudice, ha portato la dirigenza di Coimpa a farsi avanti senza troppi scrupoli per ottenere l'appalto e ha «convinto» Pietralunga a pilotare la gara. Una misura interdittiva sarebbe dunque insufficiente, per il gip, che ha fatto scattare i domiciliari. «... è fuor di dubbio che si deve estromettere tutti gli indagati dalle società di riferimento non solo legalmente, ma anche fisicamente - si legge nell'ordinanza - impedendo loro di farvi rientro e di accedere a qualsivoglia documento/atto (che non hanno esitato a sopprimere e a falsificare alla bisogna) o bene strumentale di attinenza aziendale».G.Az.

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