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Cannavaro: «Indimenticabile Parma»

Cannavaro: «Indimenticabile Parma»

di Sandro Piovani

09 Febbraio 2017, 03:54

Ora fa l'allenatore (in Cina) e può guidare giocatori come Pato o Witsel. Intanto si tiene informato sulle sorti dei crociati e non ha dubbi: «Torneranno dove meritano»

Il sorriso è quello di sempre: Fabio Cannavaro è sempre lo stesso. E rivederlo in tuta evoca vecchi ricordi. Adesso però la casacca è quella del Tianjin Quanjian che Cannavaro allena per la seconda stagione. Tra gli altri ci sono Pato e Witsel, tanto per citarne un paio. Cannavaro sorride ancora, è a Firenze con la sua squadra per un'amichevole pro-terromatati contro il Pisa dell'amico Gattuso. Il Tianjin Quanjian a dire il vero è in Italia da un paio di settimane, in ritiro pre-campionato a Catania. Dopo la gara con il Pisa, altre amichevoli: con il Sassuolo (e forse con la Reggiana in un triangolare) e poi a Catania per la chiusura del ritiro. E il 5 marzo, in Cina, via col campionato (a sedici squadre, con due retrocessioni). Spiega tutto, da allenatore. E fa un po' impressione, almeno per chi l'ha conosciuto giocatore (molto legato al Parma). «Qui faccio un po' tutto, non solo l'allenatore. Il segretario, il mercato, mi occupo del ritiro...». E sorride. «Ci pensavo ieri: tra club e nazionale ho giocato quasi 900 partite». Ma la carica è ancora quella dei bei tempi. Intanto sollecita un fax dalla federazione asiatica (per ufficializzare le amichevoli), parla con lo chef e chiama i giocatori. Si fatica a stargli dietro. Anche se la location è un salotto d'hotel in pieno centro a Firenze. Finalmente una pausa, se si vuole ancor più stupefacente. Perché è Cannavaro che fa le domande. «Chi è rimasto dei “vecchi” in questo Parma?». Si parla di magazzinieri, di giardinieri, di alcuni medici e del segretario... «E Melli?». No, lui non c'è. Amarcord e sorriso: malinconia condita dal peso del tempo che passa. Del resto sono passati quasi quindici anni da quando Cannavaro ha lasciato la maglia crociata. «Già, eravamo in autostrada... Ci hanno fatto girare: la destinazione era Sestola, arrivai a Milano». Sponda Inter, altre storie. Del Parma di adesso sa che si è rinforzato e non poco. Quasi fosse aggiornato e non poco. «Credo che sia normale... Ci ho passato quasi sette anni e non è poco. A Parma ho tanti amici e appena posso chiedo. Credo che il posto giusto del nuovo Parma non sia la serie C».

Da ex come hai vissuto questa parabola, prima il fallimento poi la rinascita.
«Dispiace, perché tutti eravamo legati al vecchio Parma. Purtroppo sono cose che fanno parte anche del calcio. Anche il Napoli, per fare un esempio positivo, si ritrovò in serie C ed ora lotta per lo scudetto. Spero che sia un esempio per tutti quanti».

Del resto a Parma hai vinto anche in Europa. Cosa che in altri grandi club, tipo Juventus, non ti è riuscita.
«Vero... La Coppa Uefa resta sempre un grande ricordo. In Europa, in quegli anni, comandavamo alla grande. Con gli altri club ho vinto i campionati facendo fatica in Europa. E con quel Parma lì, non aver vinto il campionato è drammatico».

Non hai mai pensato di ripartire dal basso, in Italia, come allenatore?
«Sono andato in serie B in Cina... Mi sono messo in discussione. E' andata bene perché ho guidato un progetto vincente. E anche perché qui non faccio solo l'allenatore, ma esperienze diverse: faccio il mercato, parlo con i magazzinieri, pago hotel e pullman...».

Come è questo ritiro in Italia?
«Una cosa nuova per i giocatori e per il club. Li ho portati in posti dove si respira quotidianamente il calcio. Per fare capire come sono strutturate le società e per far capire il livello del nostro calcio. Pisa, Sassuolo e Catania sono test importanti per noi».

Per te, campione del mondo, cosa significa allenare un club cinese dove il calcio non è ancora tradizione?
«Esperienza per crescere. So che il mio futuro è in Europa perché la mia idea è di fare l'allenatore per tanti anni. Un modo per fare esperienza, per conoscere delle lingue diverse, delle culture diverse... Per poi un giorno farmi trovare pronto e non essere invece alle prime armi».

Qual è la tua idea di calcio, da allenatore?
«Simile a quella da calciatore. Mi piacciono le squadre aggressive, che attaccano. Dalla Spagna mi porto dentro la parte tecnica, dall'Italia quella fisica. Mi piacciono le squadre che giocano a calcio. Non sono un difensivista».

In ogni caso possiamo dire che il tuo futuro è europeo.
«Non snobbiamo il calcio cinese però perché se vi faccio vedere la lista di chiamate avute in questo ultimo mese, è pazzesca. Però so anche che il calcio europeo è superiore: a livello tecnico, tattico, fisico... Se uno ha delle ambizioni, se uno vuole allenare ad un certo livello allora deve venire qua».

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