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Chi era il bersaglio dell'assassino?

Chi era il bersaglio dell'assassino?

02 Gennaio 2017, 05:54

Turco ricoverato al Diagnosi e cura

Laura Frugoni

Non si chiude per ferie, non c'è tempo per i brindisi quando bisogna stanare un assassino. Quel «soggetto ignoto» bifronte (prima feroce, poi lucido e attento a non lasciare tracce) che per ora rimane un'ombra - ammesso che sia stato un uomo solo l'autore del massacro di Santo Stefano in quel casale di San Prospero di cui fino a pochi giorni fa sapevano la strada soltanto gli amanti delle emozioni forti. Ora tutti conoscono l'Angelica vip club per l'orrore di una notte, quella in cui hanno trovato la morte Luca Manici, nome d'arte Kelly, e Gabriela Altamirano. Trafitti entrambi dalle coltellate, Gabriela ritrovata con un laccio intorno al collo.

Chi dei due fosse il reale bersaglio dell'assassino rimane un enigma che stanno cercando di decifrare gli investigatori della Squadra mobile. Un compito non facile, visto l'orizzonte sfuggente in cui ci si ritrova a muoversi. Il mondo della trasgressione in cui si fa fatica ad entrare, figurarsi se indossi una divisa. Senz'altro «la Kelly» aveva vissuto pericolosamente per molto tempo: i suoi stessi amici intimi (quasi sempre rassicurati dall'anonimato) in questi giorni hanno alluso a risvolti opachi della sua esistenza: personaggi strani che le giravano troppo intorno (vedi il ventenne reggiano divenuto disinvolto habitué del rustico), questioni irrisolte di soldi, possibili nemici.

Ma anche Gabriela Altamirano, la 45enne venuta dall'Argentina che viveva a Salso e potevi trovare al bancone della gastronomia Amoretti, aveva un vissuto più complesso dell'apparenza: non era «soltanto» la donna sorridente e paciosa che ritrovi in una pioggia di foto su Facebook, che sia la pagina personale o quella dell'ex fidanzato. Già, quel Samuele Turco - altro personaggio chiave di questo giallo intricato: lui il primo a entrare nel casolare della mattanza - di cui la «Gazzetta» ha già parlato parecchio, protagonista di un lunga intervista-fiume giovedì scorso, nel ristorante che gestisce lungo la Statale della Cisa. Proprio quel giovedì sera, più tardi, era successo qualcos'altro. Riceve una chiamata: gli inquirenti lo vogliono ascoltare di nuovo, lui ha una crisi d'ansia (già quel pomeriggio era apparso parecchio prostrato) e addirittura ingurgita della varechina (peraltro una modica quantità, insufficiente a provocare lesioni). Quella sera in auto con alcuni familiari dalle pendici dell'Appennino arriva a Parma e subito comincia a sentirsi male: in ospedale ci arriva accompagnato dai poliziotti. Il giorno dopo viene trasferito al Diagnosi e cura dove si trova tuttora. A intermittenza continua a scrivere messaggi su Facebook, alternando nostalgici mea culpa («eravamo la coppia perfetta... farei qualsiasi cosa per ritornare indietro e correggere tanti errori») a sfoghi e invettive. Alcuni messaggi durano poco: cancellati dopo qualche ora.

Ma proprio i social continuano ad essere il volano preferito di mille emozioni, anche nelle tragedie. Canzoni, cuori e foto dagli amici «la Kelly». «Amavi la libertà», «ora sei libera» cerca di consolarsi chi le voleva bene.

Purtroppo è ancora libero anche il suo assassino.

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