Chiara Pozzati
«Sempre aperto» è ancora appiccicato sulle porte del vecchio ingresso. In effetti la promessa non tradisce: «Di sera entrano gli spacciatori e chissà chi altro. Tutto attorno, vicino ai garage, troviamo siringhe e preservativi usati e nei capannoni c’è di tutto, persino una vecchia auto abbandonata. In realtà chiunque può varcare la soglia di questa cattedrale nel deserto».
Provare per credere, lo spot battente del mobilificio biellese, questa volta te lo ripetono i dirimpettai dell’ex mobilificio Aiazzone. Che dopo il via vai di clienti, il collasso con cause per truffa annesse, deve fare i conti con un nuovo assalto. Quello dei clochard, dei derelitti in cerca di una dose, un tetto, o un alcova di fortuna.
«Abbiamo anche tentato di mettere un lucchetto, ma è scomparso nel giro di una settimana». A parlare è Angelo, un signore di origine polacca, a Parma da una vita, che si dà da fare per il quartiere.
E’ lui ad accompagnarci in via Cicerone, spicchio di via Emilio Lepido, per riaccendere i riflettori su questi capannoni: «Non vogliamo che diventino l’ennesimo ricettacolo di malaffare». Dove una volta c’era il mobilificio, con tanto di stand, c’è un immondezzaio. In parte, va detto, per la presenza dei piccioni che hanno lordato tutti i pavimenti. In parte per i resti totalmente umani.
Un gabinetto abbandonato, cartoni, qualche straccio qua e là. E s’intravede un’auto, che pare «cannibalizzata», forse letto improvvisato per qualcuno.
«Ci sono pile e pile di compensato, materiale altamente infiammabile, probabilmente i resti degli stand del mobilificio – spiegano ancora i residenti -. E’ pericolosissimo basta un istante perché scoppi un incendio». Al di là della rabbia - «ormai sappiamo quando c’è uno spacciatore, perché s’intravede una luce dentro» - spirano venti d’angoscia: «Ma se ci scappasse il morto? Se scattasse un incendio, come peraltro già successo in passato? Cosa accadrebbe a chi vive qua attorno? In fin dei conti, anche se Aiazzone è fallito da anni, qualcuno dovrebbe pur mettere in sicurezza i capannoni. Almeno per evitare rischi per il circondario».
Anche «Optilook», prestigiosa catena di occhiali, aveva aperto lì per qualche anno, salvo poi trasferirsi di fronte, dall’altro lato di via Emilio Lepido.
«Avevano subito diversi furti – ti racconta sempre il circondario che non ha mai smesso di sbirciare nell’ex regno dei mobili – per il resto non si ricordano altre attività. Non si capisce dove si alimentino per la luce e nemmeno perché sulla buca delle lettere spicchi un nome straniero».
«Diverse volte abbiamo chiamato anche i vigili, ma non sono mai entrati. D’accordo che si tratti di una proprietà privata, ma qui può entrare chiunque e farsi i comodi propri, mentre le divise non possono fare nulla».
E ancora: «Visto e considerato che esistono dei disagi effettivi per il resto degli abitanti, l’amministrazione dovrebbe intervenire sul proprietario dell’area perché effettui la messa in sicurezza dei locali».
Anche il punto vendita parmigiano fu travolto dallo tsunami e non ha più consegnato i mobili. Un caso che richiamò l’attenzione dei media nazionali e finì con centinaia di denunce. Poi l’oblio e una lenta discesa nel degrado. «E’ solo che oggi la situazione sta peggiorando: l’ex Aiazzone è l’ennesima cicatrice della nostra città».
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