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I figli, la droga e una mamma "condannata" per troppo amore

I figli, la droga e una mamma "condannata" per troppo amore

di Carlo Brugnoli

20 Febbraio 2017, 07:46

«Vi vogliono far credere che fumare una canna è normale, che faticare a parlarsi è normale, che andare sempre oltre è normale. Qualcuno vuol soffocarvi». Lo ha detto durante i funerali del figlio, rivolgendosi ai giovani, Antonella Riccardi, la madre del 16enne che si è suicidato a Lavagna durante una perquisizione della Guardia di Finanza perché era stato trovato in possesso di 10 grammi di hashish.
Da giorni si è innescato, con l'immancabile contributo dei social, il linciaggio mediatico nei confronti di quella mamma. Una povera donna disperata che voleva salvare suo figlio, non sopravvivergli. E che l'ergastolo già ha iniziato a scontarlo sotto forma di senso di colpa. Che cosa avrebbe dovuto fare Antonella dopo essersi accorta che il figlio stava imboccando una bruttissima strada? Voltarsi dall'altra parte sperando che quel giovane uomo che aveva allevato con amore, che aveva educato, al quale aveva cercato di trasmettere valori positivi, la smettesse con quel brutto vizio e tornasse ad essere un ragazzo normale? Sarebbe stato l'atteggiamento più comodo, la soluzione del problema affidata al destino. E invece no. Quella mamma ha deciso di esporsi, di imboccare la strada più faticosa senza ovviamente immaginare il tragico epilogo.
Non si è vergognata Antonella, come fanno tanti genitori che tengono rinchiusa nelle quattro mura di casa l'enorme disgrazia di avere un figlio che fa uso di sostanze. Non ha mentito a se stessa e al mondo ma ha deciso di intervenire.
Evidentemente, da mamma, si è resa conto che il suo bambino da solo non ce l'avrebbe fatta ad uscire dal pauroso vortice della dipendenza e ha chiesto aiuto. Bisogna crocifiggerla per questo? Forse sono più colpevoli quei genitori che vedendo il figlio o la figlia tornare a casa la notte stonati perché si sono fatti una «canna», danno loro una pacca sulla spalla e li mettono a letto rimboccandogli anche le coperte tanto «che cosa vuoi che faccia uno spinello». Semplicemente si voltano dall'altra parte, non vogliono affrontare un percorso carico di dolore e di tensioni parlando a muso duro con i figli di quel problema. E di conseguenza costringerli ad affrontare un percorso di disintossicazione.
Due giorni fa la Gazzetta ha pubblicato un'inchiesta sul fenomeno droga dal quale emergevano due elementi. Il primo è agghiacciante: i nuovi eroinomani iniziano a 12 (badate bene dodici) anni e usano quella droga per calmare l'effetto eccitante di cocaina e metanfetamine.
Il secondo aspetto è quello evidenziato da don Luigi Valentini che da molti anni si batte contro la piaga della droga. Ebbene, don Valentini ha detto: «E' un problema enorme ma non interessa». Fino a quando non te lo ritrovi in casa e non sai come affrontarlo perché non ci hai mai avuto a che fare. E allora le soluzioni sono due: o adotti una strategia «fai da te» che non porta a nulla ed anzi nella maggioranza dei casi aggrava il problema, o ti rivolgi a persone esperte che possono aiutarti a salvare tuo figlio o tua figlia. Non ci sono vie di mezzo.
Il calvario di Antonella ci insegna una cosa: se vuoi bene ai tuoi figli fai di tutto per salvarli quando li vedi in pericolo. E quella povera mamma può essere condannata solo per un reato: il troppo amore.

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