Vittorio Testa
C’è chi al colmo dell’esasperazione ha versato sottoterra litri di benzina e chi ha sparso esche velenose. Altri si sono affidati a paletti e bottiglie di plastica vuote risuonanti con l’aria. Qualcuno ha addirittura tentato con il gas di scarico della macchina, saturando i cunicoli con ossido di carbonio. In Inghilterra avevano messo a punto una pallina esplodente, ma il risultato fu che alcuni ci rimisero una mano. Tutto inutile. Anche le trappole in commercio danno scarsi risultati se non si sa come e dove piazzarle. E nel frattempo orti, giardini, parchi, coltivazioni e campi da golf si riempiono di cumuli terrosi sotto i quali si dipanano le gallerie scavate da questo instancabile e insonne mammiferetto capace anche in perfetta solitudine di devastarvi il giardino creando condotti carsici ogni giorno di dieci metri più lunghi. L’ostinata e laboriosa escavatrice finì persino con il profanare il terreno papale di Castel Gandolfo ai tempi di Ratzinger, non certo ottenendone il perdono, anzi. E questa fu la vittoria che aureolò di fama internazionale Sergio Zeni, l’infallibile Cacciatore di talpe: «La chiamata della segreteria di Papa Ratzinger la interpretai come un’indulgenza: ogni tanto mi rammaricavo per i tanti simpatici animaletti finiti nelle mie trappole», dice celiando Zeni: «Per me fu come se il Papa in persona mi assolvesse».
Sessantaquattrenne modenese di Mirandola, terra di Pico prodiga di mattocchi geniali, trent’anni fa gestore di un centro sportivo afflitto dalle escavazioni, Zeni si ricordò del signor Besutti, una vita da cacciatore di talpe, un professionista: «Negli anni Cinquanta era un mestiere redditizio, le pelli erano ricercate sul mercato per farne colli, pellicce e guanti per signora». Besutti aveva messo a punto una trappola invisibile e fatale, un legnetto, un’asticella, due fili di rame. «Funzionava a meraviglia. Gliela copiai e la battezzai Bracchetta, come una segugia che non sbaglia un colpo». A Zeni basta un sopralluogo per capire l’entità del problema, adocchiare il punto giusto dei percorsi talpeschi, scoperchiare il cunicolo scavando rapido con le mani e collocarvi la Bracchetta, segnalandone la presenza agli umani con una bandierina. «La talpa crea una sorta di arteria principale, quella d’ingresso, lungo i muretti o le siepi delimitanti la zona. E’ attratta dall’acqua e i giardini sono spesso dotati di se impianto d’irrigazione…».
Trovato l’habitat ideale, il terreno umido e ricco di lombrichi, la talpa procede nei suoi raid sotterranei. Lunga una spanna, pelliccia lustra e zampette sproporzionate, è per sua sfortuna condannata alla voracità. «Per sopravvivere ha bisogno di mangiare ogni giorno l’equivalente del proprio peso (da uno a due etti) quindi scava e procede incessantemente, espellendo con le zampine il terriccio». Non va in letargo, dorme sì e no un paio d’ore, è instancabile. Sicché in superficie è un disastro di cumuli, il terreno frana perché bucato dalle gallerie venti centimetri sotto. Ma come agiscono, in gruppi? In famigliole? Spiega Zeni: «La talpa neonata è facile preda di animali, cani, gatti, volpi. Inesperta, risale a pelo d’erba e viene aggredita facilmente».
Questo fa sì che sopravvivano le più astute, le quali, cieche ma con udito e olfatto finissimi campano quattro anni ruspando senza sosta, pronte a darsela a gambe non appena compare in scena l’umano soprastante: che spesso ha l’isterico comportamento di nevrotico posseduto dalla sindrome talpesca, annichilito dai giardini che sembrano bombardati, orti devastati, coltivazioni rovinate: «Ho conosciuto persone sull’orlo dell’esaurimento nervoso» ricorda Zeni: «Un signore di Roma ogni notte armato di zappa e torcia passava ore e ore appostato. La moglie mi telefonò disperata: mi creda è alle soglie della pazzia. Abbiamo provato di tutto: niente, il parco è ridotto da far paura». Grossi problemi anche in agricoltura, ovviamente. «Qui nella nostra pianura» dice Zeni, «d’estate le coltivazioni di meloni e angurie vengono danneggiate al massimo». Come mai? - si scherza volentieri con questo mirandolese dalla battuta pronta - la talpa va pazza per le cucurbitacee? «No, è che accanto a ciascun frutto c’è un gocciolatoio che crea un paradiso sottostante per la nostra simpatica amica che nel giro di due o tre giorni manomette, anzi… zampamette interi campi».
Per non dire dei campi di golf traforati a più non posso. Famoso quanto ai suoi tempi Buffalo Bill, Sergio Zeni (Talpa Bill?) è diventato il miracoloso risanatore dei green di mezza Europa, Lettonia, Slovenia, Austria. Ha debellato talpe infestanti parchi e giardini di illustri nomi, da Berlusconi a Marzotto a Barilla. Ha messo in piedi un’organizzazione efficientissima. Insieme a tre collaboratori tiene corsi per insegnare come usare al meglio le trappole, che ovviamente sono anche in vendita. «Risolta la situazione, lascio al cliente alcune Bracchette: gli spiego come e dove metterle. Nel caso, ritorno». I costi? Dipende dall’entità dell’intervento, se uno solo o più, e dalla distanza da Mirandola. «Il pagamento avviene soltanto a risultato raggiunto. Si va dai duecento, trecento euro in su. Certo in Lettonia ho dovuto piazzare duecento trappole e star lì tre giorni, più il viaggio…».
La società Sealtalpe ha un sito assai cliccato e offre anche un video di un’ora, una guida dettagliata all’uso delle trappole. Gli affari vanno a gonfie vele: «Sono orgoglioso d’essermi inventato, unico in Italia, questa professione» dice lo Zeni Talpa Bill che ha allargato il piccolo impero anche alla ristorazione. Due matrimoni, tre figli - due quarantenni, una bimba di quattro anni e un maschietto in arrivo dalla seconda unione con la giovane moglie - questo instancabile mirandolese trova il tempo di gestire anche un albergo e una trattoria famosa per i tortellini. Entusiasta e benestante, Sergio Zeni potrebbe certo inscrivere nel blasone famigliare il detto di Marx mutuato da Shakespeare: «Ben scavato, vecchia talpa».
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