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Macbeth fortunato nonostante la «pioggia»

Macbeth fortunato nonostante la «pioggia»

di Lucia Brighenti

28 Settembre 2018, 06:41

Un cast ispirato (Salsi, Pertusi, Pirozzi) ha garantito il successo della «prima» che, però, è un po' scivolata sulla «pioggia» voluta dal regista Abbado. Nel foyer lodi per Salsi e Pertusi

«La vita!... Che importa? È il racconto d’un povero idiota; vento e suono che nulla dinota». Va in scena il disincanto di Macbeth, al Teatro Regio, opera che ieri sera ha inaugurato il Festival Verdi 2018, davanti a un pubblico foltissimo. Messa in scena nella versione originale del 1847, meno nota della rielaborazione parigina del 1865, l’opera ha ottenuto un buon successo. Equilibrato e affidabile il cast, che il pubblico di Parma conosce bene. Applauditissimo Luca Salsi come Macbeth, personaggio cui ha donato umanità, nonostante l’abiezione delle sue azioni; accolta da applausi anche Anna Pirozzi nelle vesti di una Lady Macbeth dal piglio guerriero; una certezza Michele Pertusi, un Banco autorevole e pieno di dignità.

Ha meritato dei bravo anche Antonio Poli (Macduff) nell’aria «Oh, la paterna mano». Sempre dalla mano leggera e attenta agli equilibri tra palcoscenico e buca la direzione di Philippe Auguin (che rispetta quei pianissimi segnati con cura da Verdi sulla partitura), alla guida della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro del Teatro Regio di Parma preparato dal maestro Martino Faggiani. L’allestimento firmato da Daniele Abbado gioca sulle tinte scure, cupe quanto la tragedia shakespeariana. Il nero dei fondali e il rosso, di cui le luci tingono a più riprese la scena, sono i colori dominanti, anche se la policromia non manca, per esempio, nella scena della caverna delle streghe, dove i costumi (di Carla Teti) e la regia esaltano il grottesco (tanto che la prima delle apparizioni sbuca da un piatto di portata) e sottolineano il registro comico che Verdi, come Shakespeare, non disdegnava di inserire in una tragedia.

Una pioggia di vapore acqueo scende a più riprese dall’alto, creando la nebbia da cui emergono le streghe ed evocando l’ambiente poco ospitale del clima scozzese. Tra il pubblico c’è chi lamenta un’eccessiva ripetizione di questo espediente (che crea un po’ di fruscio di fondo) e qualche scelta ma le luci (di Angelo Linzalata) e la regia nel complesso piacciono. Anche se non sono mancanti dissensi per Abbado e il suo staff all'uscita sul palcoscenico. Per gli interni del castello, sono state impiegate pareti che concretizzano un senso di claustrofobia, di chiusura attorno al rapporto malato tra Macbeth e la Lady. Eppure, grazie all’uso delle luci, quelle stesse pareti materiche diventano permeabili e trasparenti, lasciando trapelare le apparizioni di larve, spiriti e allucinazioni che popolano la mente di Macbeth.

La violenza, in tutto questo, non è solo evocata. Il corpo di Duncano martoriato viene esposto in scena, mostrando il primo cedimento di Lady Macbeth prima della scena del sonnambulismo. In scena anche Matteo Mezzaro (Malcolm), Gabriele Ribis (medico), Alexandra Zabala (dama di Lady Macbeth), Giovanni Bellavia (sicario, domestico, apparizione), Adelaide Devanari (apparizioni), Leonardo Maria Decarolis, Rebecca Mattina, Marco Nadotti, Anna Giada Vaccaro (apparizioni) e la banda di palcoscenico dell’Orchestra Giovanile della Via Emilia, formata da allievi dei Conservatori di Parma e Piacenza, e degli Istituti di Studi Superiori Musicali di Reggio Emilia e Modena. Movimenti coreografici a cura di Simona Bucci.

FOYER, LODI PER SALSI E PERTUSI

ILARIA NOTARI

Mancava dal Regio da quattro anni, per questo tutti gli occhi erano puntati su di lui e Luca Salsi, da molti considerato il miglior baritono verdiano del momento, non ha deluso le aspettative chiudendo la prima recita dell’opera inaugurale del Festival tra gli applausi del pubblico. Era per lui una sfida questo ritorno nella sua città e per convincerlo ci voleva un titolo significativo come Macbeth il suo cavallo di battaglia, in questa versione filologica. Il tempo è passato e in questi anni Salsi è diventato uno dei primi artisti sulla scena internazionale tra Scala e Metropolitan e la sua assenza dal Festival non poteva protrarsi oltre.

«Finalmente Salsi a Parma! - esulta Carlotta Neviani - Macbeth è pane per i suoi denti. Voce verdiana, fraseggio accurato e smorzature. Stupendo».

Le fa eco l’amica Giulia Gaeta «ha tratteggiato un Macbeth emozionante. Voto 9. Ottimo il coro nel Patria oppressa».

Al suo fianco la Lady di Anna Pirozzi che «ha tutti mezzi per fare Lady Macbeth - dice Cristina Mazza vice direttore di Ascom - se proprio dobbiamo contestarle qualcosa è che ha un timbro troppo bello per fare una Lady ripugnante come voleva Verdi. Ha reso comunque bene questa donna assetata di potere e sangue. E’ lei che trascina lui. Mi ha emozionata».

E Pertusi? «Cosa dobbiamo dire ancora di questo gigante? – dice Luca Lombardozzi - Io sono di Milano ma vedere due pilastri dell’opera come Pertusi e Salsi a cantare Verdi è emozionanante, dovete essere orgogliosi. Il suo “Studia il passo” è un manifesto di bravura anche in questa vocalità».

Nel foyer si commenta la regia di Abbado piaciuta al pubblico perché rispettosa, collocata in un’epoca senza tempo. «Uno spettacolo chiaro, leggibile - spiega Mario Gandolfi - con due elementi il nero del nostro inconscio e la nebbia che produce le visioni. Un plauso alle streghe e al coro».

Non manca qualche appunto. «Banco ucciso a ombrellate non si può vedere così come i sicari con l’ombrello!».

Applausi per la direzione da parte di Rossano Rinaldi del Club dei 27 «Mi ha entusiasmato il maestro Auguin - spiega - All’inizio sembrava troppo delicato per un’opera come questa poi invece mi ha portato all’interno degli abissi verdiani, nello scavo dei personaggi».

Per Maria Mercedes Carrara Verdi «i cantanti sono ottimi anche se la Pirozzi manca di pathos. Le scene non mi convincono e le streghe non sembrano streghe».

Per l’editore Beppe Azzali «questo è un Macbeth che si avvicina a quello definito del secolo con Lucchetti, Bruson e Dimitrova. Qualcuno si lamenta perché la Pirozzi urla, ma Lady deve essere graffiante. Salsi è stato strepitoso è una interpretazione superlativa. Poi c’è un Pertusi inarrivabile».

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