Carla Giazzi
Quasi un anno, dal 30 agosto 2016 all’8 luglio, a Deep Cove, quartiere di Vancouver Nord. Ma a Matilde Perego un «semplice» viaggio di studio all’estero non bastava: in Canada ha preso il diploma alla «Seycove secondary school», unica a farlo con un altro italiano, e ottenuto una borsa di studio come migliore studentessa internazionale della scuola (erano un centinaio). A Parma aveva «lasciato» una media dell’8.9, in 1ª A al liceo classico Romagnosi. Doveva rientrare a gennaio, ma «a Natale ho cominciato a sognare in inglese: così sono rimasta, grazie al sostegno dei miei genitori, dei prof del Romagnosi, del preside, degli amici».
Matilde, una scout dai riccioli biondi, abituata all’indipendenza e con un bel carattere risoluto, si sta riadattando alla sua realtà parmigiana, ma il cuore è già oltre. Recupera il programma perso in latino, greco, filosofia, e intanto prepara per settembre il test di accesso a medicina. Solo per mettersi alla prova, visto che prima dovrà fare l’ultimo anno di liceo. Figlia di medici, è determinata a diventarlo a sua volta: «Voglio curare le persone e farlo in Canada, dove il sistema sanitario pubblico è avanzato».
La decisione di partire, con l’associazione Wep, l’ha presa «in un momento di grande trasformazione, in cui avevo voglia di andar via, e con l’obiettivo di imparare bene l’inglese», dice Matilde. Anche se, non lo nega, la scuola in Canada è più semplice, la severità dei professori italiani è sconosciuta: «Il rapporto è fin troppo confidenziale».
Oltre alla lingua, Matilde ha studiato matematica, fisica, storia comparata, materie di introduzione al lavoro. «La scuola è connessa con il lavoro, aiuta gli studenti a trovare un impiego, retribuito. Gli alunni fanno volontariato e sport, sono informati di economia e politica, anche in laboratorio e tecnologie ci surclassano. Manca, però, la cultura. A noi insegnano a pensare, e questo loro ce lo invidiano. A me, il latino, il greco, la filosofia hanno aiutato ad adattarmi a un diverso metodo di studio. E mi sono mancati. Ma ho guadagnato in apertura mentale e in uno sguardo diverso sul mondo».
Ha trascorso l’anno in famiglia, Matilde. I primi tre mesi sono stati difficili: «I canadesi sono più liberi e con meno pregiudizi, ma freddi: fare amicizia mi è costata fatica. Ma, alla fine, io e i miei cinque compagni di classe italiani siamo diventati "the Italians", invitati a feste e camping». Indimenticabili rimarranno i rapporti creati. Come la maestosità della natura, con le montagne che si specchiano nell’Oceano e la foresta da attraversare per andare a scuola, e la cerimonia di «graduation», con tocco e toga: «Un rituale ferreo, scandito dall’inno nazionale, in cui lo studente sente l’importanza del passaggio che sta compiendo».
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