GIANNI CUGINI
Parma dall'inizio del 1200 è stata una città ghibellina ed in particolare da quando Federico di Svevia fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero.
Dove oggi è la sede del Collegio Maria Luigia, fu allora costruito il Palazzo dell'Arena che era la sede imperiale dove l'imperatore poteva dimorare quando era di passaggio. Questa tendenza si modificò a partire dal 1243, allorchè il 25 giugno di quell'anno salì al soglio pontificio Sinibaldo Fieschi con il nome di Innocenzo IV.
I Fieschi erano i Signori di Lavagna e la loro signoria si estendeva anche a diversi territori dell'alta Valtaro. Sinibaldo era stato per diversi anni canonico del Duomo di Parma ed era imparentato con diversi casati parmensi come i Sanvitale ed i Rossi e da canonico aveva intrattenuto rapporti con quasi tutti i personaggi e le famiglie più influenti della città e del territorio parmense. Considerava Parma la «sua» città.
L'azione che Innocenzo IV intraprese per portare Parma sotto l'ala della chiesa ebbe un primo risultato concreto all'inizio del 1245 quando Bernardo Rossi, che era suo cognato, con Ugo Sanvitale, Giberto da Gente, Supramonte Lupi e Gherardo da Cornazzano, capeggiarono una rivolta cacciando dalla città il «vicario imperiale» e procedendo alla nomina di un podestà di parte Guelfa. Federico II, che stanziava a Pavia, si precipitò a Parma con il suo esercito, riprese in mano la situazione, nominò un nuovo podestà ed esiliò i promotori della rivolta che si rifugiarono a Piacenza e Parma ritornò ad essere una città ghibellina.
Papa Innocenzo IV, che si era nel frattempo rifugiato a Lione con la corte papale sotto la protezione del Re di Francia, convocò un Concilio che il 17 luglio 1245 scomunicò nuovamente Federico II, creando così le condizioni politiche per la disobbedienza dei vassalli cattolici.
Nel giugno del 1247 gli esuli parmigiani rifugiatisi a Piacenza, sapendo che l'esercito di re Enzo, figlio dell'imperatore, che teneva sotto controllo le città ghibelline dell'Emilia, era fortemente impegnato in un assedio in Lombardia, raccolsero le loro forze e puntarono a riconquistare Parma.
A Borghetto di Noceto si scontrarono con la guardia armata del podestà ghibellino di Parma: lo sconfiggono e lo uccidono ed entrano il 16 giugno a Parma dove nominano un nuovo podestà.
Re Enzo si riporta subito verso Parma, però attende le truppe del padre per dare l'assalto alla città.
Nel frattempo Innocenzo IV ingiunge al legato papale in Lombardia, Gregorio da Montelongo, di andare sollecitamente in aiuto dei guelfi parmigiani con mille cavalieri milanesi ed altrettanti di quattro città guelfe viciniori: Piacenza, Mantova, Verona e Genova. Quando il 2 luglio Federico e suo figlio Enzo arrivano con le loro truppe alle mura di Parma trovano la città pronta e ben organizzata a difendersi. Comincia così un assedio che durerà più di 7 mesi.
L'imperatore vuol distruggere la città e costruirne una nuova, denominata Vittoria, che nei suoi propositi deve diventare la capitale dell'impero. Per gli assediati sono 7 mesi di sofferenze e di barbarie (i prigionieri parmigiani venivano decapitati), ma non si arrendono.
Federico II, oltre ad essere un condottiero, era anche un letterato ed un appassionato della nobile arte della caccia con il falco e nelle pause degli scontri militari si dedicava a questa sua passione. Il 18 febbraio 1248, si avventurò con una consistente scorta armata lungo il Taro, alla caccia degli uccelli di passo; i difensori di Parma ne vengono a conoscenza e allora decidono di dare l'assalto, con tutte le forze disponibili e con la stessa popolazione ,all'accampamento imperiale, nella periferia della città, sotto la guida del legato pontificio Gregorio da Montelongo e del parmigiano Giberto da Gente.
Le forze imperiali presenti, prese di sorpresa, vengono sconfitte e la città-accampamento Vittoria distrutta. Federico non potè più ritornare sotto le mura di Parma e dovette ritirarsi, passando per San Donnino (Fidenza) nella città ghibellina di Cremona. Fu l'inizio della fine del potere svevo in Italia ed in Europa, che terminò definitivamente venti anni dopo a Tagliacozzo con la sconfitta di suo nipote Corradino.
Nella distruzione dell'accampamento imperiale un popolano di Parma, noto come Cortopasso perché era di bassa statura, si appropriò della corona imperiale che cedette al Comune dietro lauto compenso.
La corona rimase in possesso della città di Parma per oltre cinquant'anni e fu restituita all'inizio del 1300 all'allora casa imperiale germanica da una rappresentanza ufficiale del nostro Comune.
Il 18 febbraio 1248 resta una data tra le più significative della storia bimillenaria di Parma, perché testimonia il coraggio di una città che seppe difendere la propria autonomia e la libertà dei propri cittadini dal potere di uno dei più potenti regnanti del Medioevo.
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