Era andato a ordinare quell'anello prima di Natale, Paolo Cocconi. Un solitario dell'ultima collezione di Damiani (il prezzo di listino sfiora i ventimila euro). In gioielleria quel particolare modello non era disponibile, per cui l'avevano fatto arrivare appositamente dalla maison e inevitabilmente i tempi s'erano un po' allungati.
Il cliente, tuttavia, non aveva fretta: almeno non all'inizio. Alla titolare della gioielleria del centro, Cocconi aveva detto che voleva regalarlo alla sua donna nel giorno di San Valentino.
Poi, ha cambiato idea e ha anticipato i tempi: proprio giovedì mattina era passato nel negozio a ritirare il solitario. Perché scegliere proprio giovedì sera?
«Ha detto che lei era in partenza per un viaggio e sarebbe stata via per un po', quindi aveva deciso di regalarle l'anello prima», dice la gioielliera. Quando ieri ha saputo del dramma di via Gibertini, è rimasta impietrita: «Mi ha fatto un'impressione tremenda. Ieri mattina era quell'uomo qui davanti a me. No, non era un nostro cliente abituale ma per quell'anello aveva fatto diversi giri. Sempre da solo». Arianna non l'aveva mai accompagnato? «No, non era mai venuta qui in gioielleria. E comunque lui aveva ripetuto più volte che voleva farle una sorpresa».
Che immagine resta di Paolo Cocconi? «Una persona carinissima. Gentile, in ordine. Ben vestito. Proprio per questo l'impressione adesso è ancora più tremenda. E' come se chiunque potesse trasformarsi in un assassino». l.f.
Ritratto di Arianna Rivara
Chiara Pozzati
Alla fine di un venerdì tremendo, quel che rimane davvero è la foto di Arianna Rivara. Quella postata sul suo profilo Facebook la vigilia della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Il suo viso franco e quel «no» che a vederlo oggi, a distanza di due mesi scarsi, sembra quasi profetico.
Ora purtroppo la conosciamo come l’ennesima figlia di una tragedia che colpisce tante, troppe donne e senza esclusione di colpi. Ed è innegabile chiedersi se quella foto - oltre che un messaggio chiaro - racchiudesse una scheggia dolorosa del suo vissuto. Viene da chiedersi se anche lei non abbia subito sulla pelle l’ossessione di un uomo che l’ha punita perché gli stava sfuggendo. Forse non lo sapremo mai.
Ma quel che sappiamo è che fra poco meno di un mese Arianna avrebbe compiuto 44 anni. Lei che era entusiasta della vita e che tutti ricordano con gli occhi gonfi e il cuore infranto.
Un ruolo prestigioso all’interno della Barilla, azienda che era diventata per lei una seconda famiglia, e mille e più interessi. Ecco il ritratto che emerge di Arianna, assistente del responsabile del mercato europeo del colosso di Pedrignano. Nella multinazionale lavorava da oltre vent’anni ed è quasi impossibile intercettare i colleghi ancora sotto choc dalla scomparsa della 43enne.
Una notizia deflagrata fin dalle prime ore della mattina, a cui tanti non hanno voluto credere. Dopo il diploma conseguito all’istituto Melloni si era gettata a capofitto nella professione, con competenza e quella dose di umiltà che non ha mai perso lungo la strada.
Volitiva e appassionata d’arte, di sport, natura, aveva intrecciato una relazione con Cocconi da diversi anni ormai.
Delle spine nel rapporto fra i due nessuno dice nulla, nonostante la notizia della fresca separazione - «si erano lasciati nel luglio scorso» - è tornata alla mente di molti.
Solo una giovane amica si sbilancia: «Negli ultimi mesi Arianna sembrava preoccupata per qualcosa, ma non si era mai confidata. Era molto riservata e non amava raccontare della sua vita privata».
Poi arriva la supplica: «Mi raccomando andate oltre la tragedia e ricordatela per la persona meravigliosa che era. Solare, appassionata della vita».
Era iscritta allo Sci-club Barilla, anche se i ricordi delle escursioni di gruppo sono rari. Quel che rimane impresso a tutti era invece il sorriso radioso e la forza di volontà di questa giovane donna, figlia di una solida famiglia di Sissa.
Che oggi, travolta dal dolore, chiede un doveroso rispetto. E sono in tanti in questo placido paese della Bassa a stringersi attorno alla famiglia Rivara. In particolar modo alla sorella, consigliere comunale per diversi anni e molto apprezzata, approdata insieme alla madre in via Gibertini.
Lì, oltre quella porta chiusa sulla tragedia. Nella stessa casa che, per qualche tempo, era diventata un «nido» per la coppia. Il sorriso di Arianna lo ricordano anche a Casaltone, dove la donna ha vissuto per qualche tempo ma ha lasciato una traccia indelebile.
La sua foto e il suo messaggio contro la violenza sulle donne ci ricorda che siamo spettatori di una tragedia che è sempre in agguato. Ci impedisce di voltarci dall’altra parte, ci rende dolorosamente partecipi e ci permette d’immedesimarci.
Che poi, a farla breve, significa anche restare umani, o almeno provarci.
Ritratto di Paolo Cocconi
Muscoli scolpiti e passione per il bodybuilding. Ma anche cocktail di psicofarmaci e una depressione che forse lo stava artigliando da mesi. Ecco le due facce di Paolo Cocconi, 50 anni, uomo che appare avvilito, rabbioso.
Sicuramente tormentato. Lui avrebbe spezzato la vita di Arianna Rivara, l’ex compagna, prima di farla finita. «Ma era la persona più pacifica del mondo, voi non lo conoscevate. Siamo rimasti così sconvolti perché nessuno avrebbe mai potuto anche solo immaginare quello che sarebbe accaduto».
Ecco cosa ti senti dire dagli amici del 50enne, con voce impastata di amarezza. Sempre in bilico tra il ricordo dei bei tempi andati e dell’uomo delle ultime ventiquattro ore. In cui a stento riescono a riconoscerlo.
«Era davvero una persona tranquilla, serafica, in una parola: normale - ti dice chi con il 50enne ha condiviso molti ricordi -. Lavorava in amministrazione alla Barilla da anni, aveva una figlia, frutto del suo precedente matrimonio, a cui era profondamente legato…». Chiaramente il racconto si blocca appena spunta il nome di Arianna. «Mi dispiace davvero moltissimo, io non la conoscevo ma so che lui era molto legato a lei». E allora anche chi voleva bene a Cocconi rimane di sale e tenta di aggrapparsi al passato: «Lui non era un mostro. Gli piacevano le auto di lusso e se ne intendeva discretamente. Ultimamente lo vedevo girare sempre in moto».
Scene di vita quotidiana che sembrano lontane anni luce dal dramma che si è consumato in via Gibertini. Il 50enne gravitava da una vita attorno a una palestra nella zona di via Venezia, i cui frequentatori sono sotto choc da ieri mattina.
«Non possiamo ancora credere a quel che sta accadendo. Li conoscevamo entrambi e non ci sono parole» spiega con voce rotta il titolare, circondato da alcuni habitué, prima di un saluto frettoloso.
«Veniva in palestra quasi tutti i giorni in pausa pranzo - trova la forza di rivelare un amico -. Era puntuale e preciso, particolarmente attento alla cura del corpo e alla propria fisicità. Arianna faceva altri orari rispetto ai nostri, non so onestamente quali, ma so che si era creata un gruppo di amici anche qua».
Cene spensierate e felici fino alle settimane scorse. E tra i partecipanti rintocca sempre la stessa frase: «Non c’erano segnali, niente che lasciasse presagire tutto questo».
Un uomo «normale», «cordiale», «schivo ma non per questo maleducato» anche secondo alcuni residenti di via Gibertini. «Certo a casa non c’era quasi mai, del resto lavorava molto - commenta una pensionata che pare saperla lunga -. Le tapparelle delle finestre erano sempre abbassate, ma quando lo incontravi per le scale era sempre garbato». Di Arianna il vicinato sa poco nulla: «La vedevamo pochissimo» dice qualcuno. «Non sapevo neppure fosse fidanzato» replica qualcun altro.
E poi ti arriva la chiamata di chi negli ultimi giorni ha composto il suo numero di cellulare. Una chiamata in cui non si addensa solo dolore, ma anche un pizzico di rimorso, e poco importa se probabilmente ingiustificato. «Forse avremmo potuto fare qualcosa, se solo avesse chiesto aiuto».Ch.Poz.
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