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Scandalo della casa: l'ex dipendente si defila: «Non ho niente da dire»

Scandalo della casa: l'ex dipendente si defila: «Non ho niente da dire»

11 Ottobre 2017, 07:02

Georgia Azzali

Il campanello suona a vuoto. La porta al terzo piano di quel palazzo popolare nella zona sud della città rimane chiusa. Di Maddalena Paolillo per ora c'è solo quella foto sfuocata del giorno dell'arresto. L'ex dipendente della Fondazione Regio di cui tutta la città bisbiglia (e contro cui tanti si scagliano) non si fa trovare. Avremmo voluto incontrarla, ascoltare la sua «verità», ma anche al telefono non risponde. Squilli ripetuti e muti. Poi, è lei che chiama il centralino della «Gazzetta» e dice perentoria: «Non chiamatemi più, tanto non ho niente da dire a voi giornalisti». Non ha nulla da dichiarare su quell'alloggio che il Comune le ha assegnato poco tempo fa, nonostante lei non abbia mai restituito un centesimo dei 432.429 euro fatti sparire dalle casse del Regio dal 2007 al 2012.

Chi è nel mirino si defila. Ma anche il sindaco sceglie il silenzio, sostenendo che non si tratta di una questione politica ma tecnica. Parole in linea con la replica del Comune, appena esploso il caso: «La procedura dell'assegnazione è stata corretta. La signora aveva tutti i requisiti: era senza lavoro, sotto sfratto per morosità, oltre ad avere problemi di salute».

Insomma, tutto a posto dal punto di vista formale. Tra i requisiti del bando per l'assegnazione delle case popolari non figura la fedina penale immacolata. Né tra i documenti da presentare c'è il certificato penale. Ed è giusto così: anche chi ha sbagliato, nel caso dimostri di averne diritto, deve poter avere una casa popolare. Ma il caso di Maddalena Paolillo è diverso: condannata in via definitiva a 1 anno e 10 mesi (pena sospesa) per appropriazione indebita e falso e licenziata dal Regio, non ha ridato nulla di quanto intascato, nonostante la condanna anche al totale risarcimento del danno. E non ha restituito niente a chi di fatto le ha assegnato l'alloggio, perché la Fondazione Teatro Regio è partecipata dal Comune e si era costituita parte civile al processo proprio nella persona del sindaco Pizzarotti.

Certo, il malloppo non è mai stato ritrovato. Ma era stata la stessa Paolillo a spiegare subito al giudice che quei soldi li aveva spesi. «Per garantire una vita dignitosa alla madre», aveva detto. Vero o falso, la domanda è una sola: chi è stato condannato per aver intascato soldi pubblici e non li ha mai restituiti, ha diritto a una casa dell'ente pubblico? L'altro ieri, il Comune ha detto di volere avviare una serie di verifiche. Ben vengano. Perché servono risposte.

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