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Suicidio di Turco, si indaga per omicidio colposo

Suicidio di Turco, si indaga per omicidio colposo

17 Agosto 2017, 11:00

Georgia Azzali

Un lenzuolo attorno al collo. E poi il tonfo sul pavimento della cella. La sera del 25 luglio Samuele Turco ha deciso di uscire di scena nel modo più drammatico. Era l'uomo accusato, insieme al figlio Alessio, della mattanza di Natale nel casale di San Prospero: una furia di coltellate contro la sua ex compagna, Gabriela Altamirano, e Luca Manici, la trans parmigiana Kelly. La scelta di sprofondare nell'abisso, prima di affrontare il processo. Una determinazione su cui nessuno può avere delle risposte certe. Ma su quel suicidio tra le sbarre del carcere di via Burla è stata aperta un'inchiesta per omicidio colposo, coordinata dai pm Emanuela Podda e Giuseppe Amara. Un atto dovuto, per verificare che non ci siano state omissioni o negligenze all'interno del penitenziario. E un fascicolo - tuttora - a carico di ignoti.

Al momento non sarebbero emerse irregolarità o inadempienze da parte del personale della polizia penitenziaria. L'autopsia, affidata ad Antonio Banchini, il medico legale incaricato dalla procura, ha accertato la tragica trama di quella sera: Turco ucciso da quel cappio che si stringe attorno al suo collo mentre lui si lascia cadere. Ma l'esame autoptico dimostra anche che il torace è stato massaggiato a lungo nel tentativo di fare ripartire il suo cuore. Insomma, in base all'autopsia e ai primi accertamenti degli inquirenti, i poliziotti della Penitenziaria avrebbero fatto fino in fondo il loro dovere.

Primi accertamenti, comunque. Perché l'inchiesta non è chiusa. E l'avvocato Laura Ferraboschi, che assiste la madre di Turco, insiste affinché si faccia chiarezza. «Vogliamo capire se ci sono eventuali responsabilità - dice -. Sicuramente, però, è morto prima che io gli potessi comunicare il risultato della perizia psichiatrica».

Turco non sapeva. Non sapeva che il perito Renato Ariatti, lo specialista nominato dal gip, l'aveva dichiarato capace di intendere e volere. Lo psichiatra che non ha rilevato alcuna infermità nemmeno nel figlio Alessio. Un paio di giorni prima Samuele Turco era stato separato dal compagno e trasferito in una cella singola: un provvedimento fatto scattare proprio perché sarebbe stato lui ad aggredire l'altro detenuto. Ma anche su questo aspetto, oltre che su quello della sorveglianza a cui l'uomo era sottoposto, dopo il passaggio da una cella all'altra, si dovrà fare completamente luce.

Il finale, però, Turco l'aveva forse già scritto da qualche tempo. Prima che venisse depositata la perizia, arrivata in cancelleria il giorno precedente il suicidio. «Una personalità istrionica, narcisistica e drammatizzante», ha scritto Ariatti nella sua relazione. Un uomo che amava stare al centro dell'attenzione, l'ex titolare della pizzeria «Al Miglio 76» di Cassio, ma altrettanto freddo e determinato nell'uccidere, secondo la ricostruzione del perito. Non c'era ombra di follia in quell'uomo, che prima si era divertito con serate hot insieme a Gabriela e ad altre coppie, poi - secondo l'accusa - l'avrebbe sfruttata quando la compagna aveva deciso di prostituirsi e poi uccisa.

Samuele Turco aveva già tentato il suicidio. «Gesti dimostrativi, nulla di realmente depressivo», aveva specificato lo psichiatra. I cadaveri di Kelly e Gabriela erano stati scoperti un paio di giorni prima, e Turco fu trovato nel casolare di San Prospero dagli uomini della Mobile. Aveva appena bevuto candeggina: caricato su un'auto civetta, il 42enne venne portato a tutta velocità al Pronto soccorso del Maggiore, ma ben presto si scoprì che la quantità di candeggina (tra l'altro forse allungata con l'acqua e in parte rigettata) ingurgitata non era sufficiente a provocare la morte di nessuno. Quasi quattro anni prima, nel febbraio 2013, Turco si tagliuzzò il braccio sinistro: ferite troppo superficiali per provocare emorragie gravi. Insomma, più che il gesto di chi cercava davvero di farla finita, sarebbe stata una sceneggiata.

Un uomo che avrebbe saputo imporsi anche con Alessio, il figlio ventenne trascinato in quell'impresa scellerata. Lui che ha sempre subito quel padre forte, pieno di eccessi. Anche il perito riconosce una «sudditanza» del ragazzo nei confronti del padre e i suoi «timori per una possibile reazione del papà». Quel padre che se ne è andato lasciando poche righe per dire che voleva raggiungere Gabriela, ma anche parole piene di rancore nei confronti dell'ex compagno di cella.

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