Vanni Buttasi
La chiusura del Punto nascita di Borgotaro continua a far discutere: con Sergio Venturi, assessore regionale alle Politiche per la salute, abbiamo ripercorso tutte le tappe della vicenda.
Per il Punto nascita di Borgotaro, come Regione avete detto che per Roma non c'erano le condizioni di sicurezza: ma quello del ministero non era solo un parere consultivo, voi non potevate decidere in modo diverso? Perché penalizzare paesi di montagna come Borgotaro, Pavullo e Castelnovo e salvare invece Mirandola e Cento?
«Sulla sicurezza dei punti nascita di cui stiamo parlando si sono innanzitutto pronunciati i tecnici e i professionisti, e cioè neonatologi, pediatri, ostetriche, e non la politica. Prima nella commissione regionale e poi in quella nazionale. E dopo il primo parere negativo della commissione regionale, come Regione abbiamo deciso di chiedere al ministero la deroga, e cioè l’autorizzazione a tenere aperti i punti nascita, impegnandoci ad adeguare le strutture ai requisiti richiesti, a partire dal potenziamento del personale. Ma anche la Commissione nazionale ha espresso parere contrario, a causa dei pochi parti effettuati, molto al di sotto della soglia minima di 500 l’anno. Situazione che porta i medici a non voler lavorare nei punti nascita considerati non sicuri e quindi a rischio: il minimo contrattempo con ricadute su mamme o bambini sarebbe infatti loro addebitato. La responsabilità, per essere chiari, sarebbe loro. Ecco perché il parere del Comitato Percorso nascita nazionale assume la natura di un vincolo non solo normativo, ma anche etico in relazione appunto alla sicurezza delle madri e dei bambini; e al tempo stesso, lo ripeto, rappresenta un vincolo per l’operatore che potrebbe essere chiamato a rispondere personalmente degli eventuali eventi avversi che dovessero presentarsi. Aggiungo, poi, che andare contro il ‘no’ ministeriale comporterebbe anche la perdita dell’1% della quota del Fondo sanitario nazionale, che per l’Emilia-Romagna equivale a circa 80 milioni di euro, il che si tradurrebbe in minori investimenti nel servizio sanitario regionale, in termini di prestazioni fornite e organici. Quanto a Mirandola e Cento, il ministero ha concesso la deroga perché Comuni collocati nel cratere del sisma del 2012, e c’è la concreta possibilità che il rientro delle persone a seguito della ricostruzione possa portare a un aumento dei parti con il ritorno ai parametri previsti. Su Scandiano, il ministero ha invece tenuto conto che il numero di parti è sceso sotto la soglia di 500 parti per la prima volta nel 2016 e che dispone di un bacino di utenza e di un tasso di fidelizzazione che potrebbero consentirgli di rientrare sopra soglia».
Quali contromisure sono state previste per aiutare le mamme che dovranno partorire: cosa dovranno fare? Non teme che si possano verificare parti in ambulanza come è accaduto recentemente in Lunigiana, dove anche lì è stata decretata la chiusura di punti nascita?
«E’ bene chiarire che tutta l’assistenza pre e post parto continuerà ad essere fornita e garantita, anzi sarà potenziata e il reparto sarà mantenuto. La sospensione riguarda solo la funzione parto. L’assistenza del percorso nascita sarà arricchita attraverso molteplici azioni quali la personalizzazione dell’assistenza e accompagnamento delle partorienti e delle loro famiglie, la creazione dell’anagrafe delle gestanti, contatti telefoni con le ostetriche e visite ambulatoriali costanti, aumento delle attività consultoriali e di accompagnamento al parto (visite, ecografie, controlli, corsi di preparazione al parto, assistenza in puerperio, sostegno all’allattamento), sistemazioni alberghiere vicine al punto nascita prescelto, se gradite. Le mamme che avranno bisogno di un trasporto in ambulanza saranno molto poche. Per queste situazioni le Aziende sanitarie hanno già definito delle procedure di assistenza sulla base dei bisogni che saranno comunicati. Le mamme di Borgotaro che avranno bisogno di un trasporto in ambulanza potranno contare sull’accompagnamento di un’ostetrica. I parti precipitosi si verificano ovunque, anche in città e fortunatamente non sono quasi mai problematici».
La domanda che si fa tutta la Valtaro è questa: la chiusura del Punto nascita di Borgotaro non sarà il primo passo verso lo smantellamento dell'ospedale?
«Nessun ospedale e nessun reparto chiuderà. E’ vero esattamente il contrario. Abbiamo previsto un piano di investimenti da 3,5 milioni di euro. Noi vogliamo investire sull’ospedale di Borgotaro, con l’obiettivo di farne un punto di eccellenza per un’area territoriale vasta. Vogliamo portare nuove funzioni, allargare l’utenza, determinare dei numeri che consentiranno al territorio, nel giro di pochi anni, di disporre di un ospedale più efficiente e più sicuro e con le future mamme affidate al servizio sanitario regionale e la massima sicurezza garantita. Altro che primo passo verso la chiusura, noi mettiamo le basi per un rilancio vero sia dell’ospedale sia del territorio e come abbiamo proposto alle autorità, ai comitati di cittadini e ai sindacati locali, che abbiamo incontrato anche due giorni fa in Regione con il presidente Bonaccini, chiediamo all’intera collettività di condividere questo percorso fatto di investimenti, crescita, rafforzamento dei servizi».
I fondi che avete stanziato per Borgotaro come verranno investiti? E in quali reparti?
«La Regione, in condivisione con le Conferenze territoriali sociali e sanitarie, con i Distretti e con le Aziende sanitarie e con il confronto con le associazioni di volontariato, è impegnata in progetti di miglioramento delle strutture ospedaliere di Borgotaro, Castelnovo ne' Monti e Pavullo per circa 13 milioni tra strutture e personale. A Borgotaro si investirà per migliorare l’accessibilità all’ospedale, per ristrutturare il comparto operatorio e riorganizzare il punto di primo intervento. Le assunzioni riguarderanno 15 unità di personale che consentiranno di aumentare l’attività chirurgica di almeno 400 interventi l’anno».
Voci insistenti ipotizzano che la Regione abbia deciso di aprire a Reggio Emilia un centro di Neurochirurgia: quale ruolo verrà assegnato a Parma?
«Sulla base della programmazione regionale le attività di neurochirurgia di Reggio Emilia hanno sempre afferito a Parma. Così è sempre stato negli anni passati e non c’è motivo di cambiare».
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