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Femmine, maschi e gli stereotipi che ingabbiano

Femmine, maschi e gli stereotipi che ingabbiano

di Chiara Cacciani

21 Febbraio 2018, 11:02

Differenze di genere, Torti: «Diamo la libertà di scegliere qualsiasi strada»

Gli esempi pescati dal quotidiano sono innumerevoli: vissuti, osservati, raccontati. Il giocattolaio che indica «il reparto femmine è di là» quando hai in mano un gioco tecnologico per tua figlia, ad esempio. O le bambine che ti dicono di voler essere maschi «perché loro fanno i capi, gli ingegneri e giocano con le costruzioni».

«Ma anche ai bambini, quanti paletti mettiamo! A quanti non è consentito piangere? A quanti viene impedito di giocare con una cucinetta?» dice Rita Torti, studiosa delle tematiche della differenza di genere e già autrice di «Mamma, perché Dio è maschio?».

E' lei che alla Biblioteca Pavese ha raccontato quanto la nostra vita sia troppo spesso ingabbiata dagli stereotipi. Lo ha fatto nell'incontro organizzato da Famiglia Più per la rassegna «Piccole donne piccoli uomini crescono». Il tema è spinoso, riconosce: «Suscita reazioni non paragonabili ad altro ed è capace di creare movimenti di massa che scatenano panico. E anche chi è in buona fede rischia di riprodurre false informazioni».

«Come li educhiamo?» era la domanda di partenza. E non a caso rifuggiva l'infinito «educare»: per evitare l'effetto vademecum e riportare invece il pallino tra le mani degli adulti. Ciascuno singolarmente e poi nella relazione con i bambini che gli sono accanto. «Perché quando parliamo con loro o li descriviamo, non siamo mai neutrali: mandiamo messaggi ben precisi partendo da ciò che abbiamo maturato». Maturato dall'esperienza primaria, dal rispecchiamento col genitore dello stesso sesso, dai messaggi sociali diversi per maschi e femmine, dal proprio vissuto. E' così che nasce ciò che nei bambini e nelle bambine incentiviamo e reprimiamo. «E a ciò si aggiunge l'educazione informale della società, che influisce profondamente in tutti i campi, a partire dal rapporto lavoro/famiglia, costringendo chi non si sente rappresentato da questi modelli a un grosso lavoro interiore. Spesso le cose che la società continua a veicolare producono infelicità e non creano terreno fertile per buone relazioni tra i sessi. Ed è anche lì che la violenza sulle donne si nutre di ottimi sali minerali», continua Torti.

Su cosa agire, allora? «Serve ampliare i modelli che proponiamo e dare a figli, nipoti o alunni la libertà di intraprendere qualsiasi strada. C'è bisogno di ridare alle bambine la genealogia: far loro sapere che tante donne prima di loro hanno fatto cose grandi, nonostante oggi non compaiano nei libri di testo. E ai bambini restituire la parzialità: il maschile si è costruito come universale e sufficiente, ma in realtà in certi campi ha completamente delegato alle donne, a partire dalla cura di sé. C'è bisogno di affidare a entrambi, maschi e femmine, la dimensione della cura e dell'autorità». E da lì ripartire.

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