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Curarsi con le piante: risale al 1722 l’Erbario del medico e botanico Casapini

Curarsi con le piante: risale al 1722 l’Erbario del medico e botanico Casapini

di Stefania Provinciali

25 Maggio 2020, 04:27

Di proprietà della Biblioteca Palatina - fu acquisito nel 1837 da Angelo Pezzana -  è   in deposito all’Orto Botanico:  costituisce non solo un prezioso reperto museale ma anche una straordinaria testimonianza 

Risale al 1722 l’Erbario del medico e botanico Giovan Battista Casapini, il Naturalis botanicae Icon, conosciuto come Erbario Casapini, dove sono classificate e annotate le piante in rapporto alla loro virtù medicamentosa. Oggi la medicina moderna ha altri riferimenti scientifici ma il tema della ricerca e della cura, così come è stato affrontato nel tempo, è sempre di grande attualità in particolare in una situazione di emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo causa Covid-19. 
L’Erbario Casapini, di proprietà della Biblioteca Palatina ma attualmente in deposito presso l’Orto Botanico di Parma (l’altro esistente è conservato a Modena) costituisce non solo un prezioso reperto museale ma anche una straordinaria testimonianza di come le erbe siano state considerate di primaria importanza per la cura nella medicina.
Giovan Battista Casapini, medico e botanico vissuto nei primi anni del Settecento, esercitò la medicina nel Ducato di Parma e raccolse nel territorio numerose piante utilizzate a scopo di cura. 
Studioso appassionatosi alla materia nei giardini dei Gesuiti e dei Benedettini della sua città, realizzò alcuni erbari al fine di studiare le piante medicinali del territorio parmense, dal punto di vista farmacologico e terapeutico, nonché per uso didattico. 
Una volta essiccate le riunì in erbari; uno dei due esemplari giunti sino a noi venne dedicato dallo stesso Casapini al marchese Maurizio De Sanctis, consigliere del duca Francesco Farnese. Va in propositi ricordato che lo stesso Duca, ridotto ad una cecità quasi totale, nutrì una profonda riconoscenza nei confronti del medico botanico, inventore dell’acqua oftalmica che gli curò la vista, detta appunto Acqua Casapini.
Le erbe erano note per le loro proprietà emostatiche, diuretiche, analgesiche, cicatrizzanti, antisettiche e costituivano pure un ineliminabile supporto per l’attività chirurgica. 
I poteri terapeutici delle specie vegetali venivano studiati con passione e rappresentavano un indiscusso patrimonio, soprattutto della tradizione monastica. 
Un esempio le piante soporifere, utilizzate in caso di interventi chirurgici poichè riuscivano a stordire il paziente o a tamponare le ferite. 
Allo stesso modo, risultava appurata l’efficacia di decotti, impiastri, tisane o sciroppi e il dosaggio delle erbe per comporre tali preparati costituiva una vera e propria arte.
Nell’erbario le piante vi sono classificate e annotate in rapporto alla loro virtù medicamentosa; raccoglie 199 specie di piante essicate e classificate in base alle loro proprietà ed è formato da 5 fascicoli di complessive 115 carte. 
L’ultimo fascicolo presenta un indice alfabetico. 
Le didascalie che accompagnano gli exsiccata sono di mano del compilatore della raccolta e propongono, oltre al nome scientifico della pianta, le sue proprietà terapeutiche e, in alcuni casi, la zona di raccolta della stessa. Il manoscritto si presenta assai raffinato in virtù anche di capilettera e cornici ornamentali realizzati ad inchiostro colorato.
Anche a Parma, da secoli, la botanica costituiva una scienza avanzata che richiamava diversi appassionati. 
Era insegnata normalmente dai medici e, nel Ducato, tra il 1705 e il 1738, ne teneva lezioni tal Bacicalue, lettore di chirurgia. 
Allora non esisteva ancora un vero e proprio Orto Botanico, realizzato tra il 1770 e il 1771, ma l’interesse per fiori e piante era assai vivo in virtù della possibilità delle varie specie di curare le più disparate patologie affiancando, in tal modo, la medicina tradizionale. 
Come in passato, nel XVIII e XIX secolo, la fitologia seguitò a coinvolgere nobili e governanti. Impossibile non ricordare in proposito la passione per piante e fiori di don Lodovico, il figlio del duca Ferdinando. 
Anche Maria Luigia, attratta dalla botanica, seguiva regolari studi sul tema sotto la guida del celebre ungherese Giorgio Jan, docente all’Università locale che ella apprezzava e sosteneva economicamente per i viaggi di aggiornamento all’estero.

Il pregiato volume che, nel 1837, fu acquisito da Angelo Pezzana, bibliotecario della Palatina, per arricchire le raccolte dell’istituzione da lui diretta ed oggi conservato presso l’Orto Botanico. L’esemplare va ad affiancare altri analoghi prestigiosi pezzi, quali la raccolta della contessa Albertina Montenovo Sanvitale, figlia della duchessa Maria Luigia, e il corposo erbario di Luigi Gardoni.

Restituito nella sua interezza, dopo un recente restauro, finanziato dal Club di Parma Est C.A.R.F. dell’Associazione Inner Wheel Italia e completato nel 2018, l’erbario trova la giusta collocazione espositiva grazie alla teca acquistata dalla signora Mariangela Medioli, socia Inner Wheel, che garantirà lo stato di conservazione più idoneo a preservare il prezioso manufatto nel tempo e si presenta allo sguardo di studiosi, appassionati o semplici curiosi quale interessante pezzo di storia della Botanica locale. Ma non solo si può anche considerare uno spaccato della flora diffusa nel territorio parmense nella prima metà del Settecento e che anticipa di circa 15 anni il metodo di classificazione utilizzato da Carlo Linneo.
 

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