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Fumetti Quando «Coronavirus» era il perfido rivale di Asterix

Fumetti  Quando «Coronavirus» era il perfido rivale  di Asterix

06 Marzo 2020, 11:15

CESARE PASTARINI
In tempo di epidemia il fumetto e l’ironia ci vengono in soccorso per stemperare un po’ l’ansia da emergenza sanitaria, per merito del trentasettesimo albo della serie «Asterix», uscito – tenete a mente questa data – più di due anni fa, nell’ottobre 2017, edito da Panini Comics e estratto dalla libreria di un parmigiano appassionato della serie ideata da Goscinni e Uderzo nel 1959. 
Il volume si intitola «Asterix e la corsa d’Italia» ed è firmato, con la supervisione del novantaduenne Uderzo, da Jean-Yves Ferri per i testi e Didier Conrad per i disegni (René Goscinny non è più tra noi dal ‘77).
La storia è questa. Nel 50 a.C. l’Italia è per gran parte sotto il dominio di Roma. Lo Stivale è formato da regioni che rivendicano indipendenza, ma Giulio Cesare sogna un’Italia unita. E dominata da lui, s’intende. Per l’imperatore ogni occasione è buona per dimostrare il suo valore e la sua capacità di governare. Però ha un problema da risolvere con urgenza. Il lastricato delle italiche strade accusa pesanti segni di degrado: buche dappertutto, cavalli che inciampano, le ruote dei carri si incastrano tra le pietre, la viabilità nelle vie consolari è in difficoltà. Tutto sommato non molto differente dal 2020 d.C. Come non bastasse, il potere politico è accusato di corruzione nella gestione della res publica. E allora Cesare che fa? Indice e proclama la più importante corsa mai tenuta lungo la Penisola, proprio per dimostrare l’eccellente manutenzione delle strade. A una sola, irrisoria condizione (tenuta nascosta): che a vincere sia un romano de Roma.
Ecco allora che ai semafori di partenza, non a caso da Monza, si presentano forti e improbabili squadre su quadrighe, una addirittura trainata da zebre, tutte titolate per arrivare prime al traguardo di Napoli. Figuriamoci se i due fieri Galli, il piccoletto e il gigante buono, tradizionalmente accompagnati dal cagnolino Idefix, si lasciano sfuggire l’occasione per – è il caso di dirlo – mettere un bastone tra le ruote all’imperatore. Così i due (vabbè, i tre) si iscrivono con una quadriga che pare svolazzante dalla forma di gallo, nel tentativo di combattere e vincere sul cattivo di turno, che invece si presenta, non casualmente, su carro a figura d’aquila e che si chiama… Coronavirus. 
Sì, proprio così.  Corre pure con una maschera, per non svelare l’identità. Manco fosse una profezia.
In «Asterix e la corsa d’Italia», scendendo da Nord a Sud si passa anche da Parma, anzi la nostra città è proprio la prima di quattro tappe, dove ad accogliere i piloti (pardon, cocchieri) c’è un oste che somiglia a Luciano Pavarotti e che cerca, con scarso risultato, di spiegare a Obelix che il prosciutto di Parma andrebbe mangiato a fette, non a bocconi. Lo stesso Obelix replica perplesso che «manca solo di ridurre in polvere il formaggio».
 Come finisce la rocambolesca gara non è difficile da intuire, nonostante una strada lunga, tortuosa e piena di insidie. Coronavirus e il suo fedele Bacillus che lo affianca non potranno andare lontani. Stavolta grazie a due francesi.
 

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