Intervista
Per scrivere il graphic novel ci è voluto un anno e mezzo, tra studio, ricerca e realizzazione. Perché raccontare la complessità del suo protagonista ha richiesto molto approfondimento. L’hanno intitolato «Guido Picelli. Un antifascista sulle barricate» (17 euro, 115 pagine) e i due autori parmigiani, Francesco Pelosi, che si è occupato di soggetto e sceneggiatura, e «Rise the cat», l’artista che ha realizzato le illustrazioni, per descrivere le vicende dell’Oltretorrente e di uno dei suoi protagonisti più rappresentativi, hanno scelto le immagini e i linguaggi del romanzo a fumetti.
Pubblicato dalla casa editrice Round Robin, specializzata nell’arte del comics, e prodotto da Anppia nazionale, il volume, oltre a descrivere con più particolari possibili (e una fitta documentazione che si trova al termine del libro), evoca non solo i fatti dell’agosto del 1922, di cui tra poche settimane sarà celebrato l’anniversario, ma anche il viaggio verso il confino di polizia con Antonio Gramsci e la morte in Spagna.
«Il problema principale nel racconto di Picelli è legato alla mitologia e alla leggenda: ho lavorato a stretto contatto con alcuni storici, come William Gambetta e Marco Minardi, e dopo la stesura dei miei testi verificavamo che storicamente fosse tutto corretto – spiega Pelosi -. Di Picelli esiste pochissimo riguardo al suo carattere, per esempio: abbiamo scritti politici, qualche lettera privata, soprattutto di quando era in Spagna, e poco altro. La complessità nel trasporre la sua persona in un fumetto e in un linguaggio che presuppone un certo grado di fiction è stata la sua assenza: non c’era lui o il suo carattere, ma c’erano foto e ciò che altri dicevano di lui. Per far emergere la sua figura, quindi, ho cercato di attenermi il più possibile a quel poco che avevamo di lui. Picelli è inafferrabile e siccome una certa parte di città lo ha reso una sorta di busto mitologico e una leggenda, quello che noi abbiamo cercato di fare nel fumetto è toglierlo da lì».
Per tratteggiare (letteralmente) le vicende raccontate nel libro, «Rise» ha utilizzato lo scratchboard, una tecnica basata sull’asportazione di inchiostro nero da un foglio acetato trasparente. «Si fa con delle punte diverse a seconda del segno che si vuole ottenere: a me piace avere segni modulati e uso punte a goccia; sotto all’acetato si tiene un foglio bianco per rendere evidente il disegno come in una sorta di negativo – ha chiarito l’illustratore -. Nel graphic novel ho cercato di non dare importanza esclusiva alla figura di Picelli, seguendo anche gli intenti del testo, ma il volto stesso del protagonista è di per sé fortemente iconico e inevitabilmente carico di espressività. Mi sono concentrato sulla sua mimica, perché trovavo molto interessante l’ombra portata delle sopracciglia sugli occhi e il suo carattere grottesco, in particolare in alcune foto con forti contrasti. A tutti gli altri personaggi, da Isola a Gorreri, ho dedicato grande attenzione durante il lavoro di sintesi dei loro tratti espressivi, lasciandomi guidare dai limiti e dai pregi della tecnica utilizzata e dal suo risultato spigoloso. A livello contenutistico, certamente ci sono motivazioni legate al carisma che volevo trapelasse dai miei disegni raffiguranti Guido, motivo per cui lo si vede sempre con una cravatta rossa, ma il risultato finale è dettato da un aspetto emotivo».
E se, in generale, si può prescindere dalla fiction quando si parla di romanzo a fumetti, per Pelosi, in questo caso è stata necessaria: «Si parla di fatti di 100 anni fa e non potevamo fare del giornalismo a fumetti: dovevamo, per forza, cercare di stare a metà. Di immagini di Picelli o degli interni delle case, per esempio, ce ne saranno una decina ed è stata necessaria tanta opera di immaginazione. Ed è anche per questo che ho voluto ci fosse un apparato di note che spiegasse determinati elementi». Per «Rise» i passaggi più complessi da illustrare, ma anche i più «soddisfacenti», sono state le scene di battaglia tra le barricate, in particolare nella gestione dello spazio e della resa illustrativa.
«Gambetta dice sempre che quando entri nel mondo delle barricate di Parma, se un minimo ti risuona dentro, poi ne vieni risucchiato in qualche modo – racconta, ancora, sorridendo Pelosi -. Quando ho iniziato a consultare i libri degli studiosi, mi sembrava di leggere dei romanzi. La parte che mi ha affascinato di più è stata quella finale, quando Picelli è in Spagna, sia perché è quella più oscura, sia perché esistono in quella fase dei suoi momenti privati che non avevo mai trovato da nessuna parte. Marco Severo riporta dei passaggi del diario di Giorgio Braccialarghe, anarchico e amico di Picelli, dove sono citate delle sue considerazioni molto umane che, subito, hanno acceso la mia immaginazione. L’altro elemento molto interessante, per me, è stata la ricostruzione dei borghi dell’Oltretorrente del 1922, con il suo humus popolare e la sua identità anche mitica, e per farlo ho consultato Fuochi oltre il ponte della storica Margherita Becchetti e tutte le situazioni, i modi di dire e l’aneddotica, che sono risultati molto affascinanti».
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