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«Con la mente di un antropologo, l'occhio di un artista, il cuore di un poeta, Oreste crea immagini che ci trasportano nell'azione e nell'anima stessa di persone, luoghi e culture». Todd Gipstein del «National Geographic», fotografo, scrittore, regista, un'istituzione tra chi lavora con le immagini, dice tutto in poche battute. Ma aggiunge un'altra illuminante considerazione: «Le sue fotografie fanno ciò che fa il meglio dell'arte: catturano un momento della vita e lo presentano in un modo che ci fa fermare, guardare, pensare e sentire. Sono orgoglioso di poterlo definire amico».
E' davvero così. Gli scatti di Oreste Ferretti portano chi li guarda dentro mondi lontani, ed è incredibile perché è bellissimo vedere le cose con i suoi occhi. Sempre con la moglie Odetta Carpi, videomaker di primissimo ordine, ha girato il mondo.
Circa 50 i Paesi visitati (anche più volte), conosciuti, vissuti calpestando la terra, zaino in spalla, mischiandosi alla gente. Da viaggiatore, non da turista, Ferretti ha raccontato il Nepal, l'India - dalle sorgenti del Gange al tempio d'oro dei Sik in Punjab -, l'Africa - dal Marocco al Rwanda, dal Ghana alla Namibia -, il Tibet, la Cina, con tanto di passaggio sulla Via della Seta, l'Indonesia. E ancora, la Mongolia, la Birmania, la Cambogia, il Laos, l'Oman, Emirati Arabi. Ha passato in rassegna l'Europa, è stato in Islanda.
L'elenco è sterminato, non si può esaurire in poche righe: sembra impossibile che un essere umano - anzi, due esseri umani, sempre insieme Oreste e Odetta - abbia percorso tanti chilometri in una vita sola. Mai una volta che sia partito senza un piano di viaggio, sempre con il piglio di chi prima di tutto vuole capire usanze, tradizioni, costumi, non solo vedere. Ha percorso sentieri, guadato fiumi, fatto trekking, camminato su ponti tibetani, come quella volta che ha rischiato di finire nel vuoto per scattare una foto a sua moglie. E tutto questo spinto dall'irrefrenabile desiderio di fotografare l'anima dei luoghi.
Quale il Paese del cuore? «Non è facile dirlo, forse il Nepal - spiega -. Lì ci siamo stati 36 volte. L'ultima a 72 anni con un trekking di 250 chilometri al campo base dell'Annapurna. Per chi ama la natura è il paradiso» spiega con naturalezza, ricordando attimi fissati sulla carta delle sue fotografie.
Dipinge con la luce, Ferretti. Lo fa come nessuno, in un modo potente, intenso, inconfondibile. Ha raccontato il mondo con le immagini, tra realtà e sogno, a volte come miraggi, ma sempre fedele al vero, senza ritocchi né finzioni. In più occasioni insignito del titolo di «Fotografo dell'anno» non parla volentieri dei tanti riconoscimenti ottenuti, meglio guardare avanti, sembra pensare: prossima tappa, dopo lo stop forzato per colpa del covid, Parigi. Anche lì, a caccia di scorci mai visti.
Super corteggiato e richiesto, Ferretti ha alle spalle mostre importanti in varie città italiane e straniere, le sue fotografie sono state pubblicate da riviste specializzate internazionali prestigiose: una per tutte il «National Geographic» che lo porta in palmo di mano. Di lui hanno scritto, sempre elogiandone il lavoro, critici, esperti, appassionati e colleghi fotografi. Un maestro, insomma. Del reportage di viaggio, sicuramente. Ma anche dell'arte di fotografare la vita.
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