CULTURA
Nel ritratto scattatogli dal grande Nadar si possono indovinare gli alti e i bassi della vita di Guy de Maupassant, morto il 6 luglio di 130 anni fa? I suoi genitori hanno caratteri opposti e quando si separano Guy, ancora bambino, va a vivere con la madre Laure che lo colma di attenzioni. A Rouen frequenta il liceo; qui diventa amico del direttore della biblioteca municipale che lo esorta ad un “apprendistato perpetuo” in ambito letterario: l’allievo, ligio, divora Hugo, Gautier, Mérimée.
Nel 1869 si sposta a Parigi per frequentare Giurisprudenza. L’anno successivo due eventi infausti: si palesano i primi sintomi della sifilide e scoppia la guerra franco-prussiana - nucleo di molti futuri racconti - a cui partecipa. Smobilitato, poiché il padre non lo aiuta economicamente, per poter finire gli studi si fa assumere prima al ministero della Marina e poi della Pubblica istruzione. È un grigio lavoro da impiegato («Il mio ufficio è un inferno») da cui si distrae nuotando nella Senna o facendo canottaggio. Tuttavia, grazie al legame con Gustave Flaubert (amico della famiglia materna), Guy affina l’arte della scrittura e nel suo salotto conosce Zola e Edmond de Goncourt, ai quali non andrà mai a genio. L’autore di «Madame Bovary» si affeziona a quel ragazzo dallo sguardo che «mangia il mondo», lo stimola a lavorare con regolarità, gli offre consigli; in cambio gli chiede di fare ricerche per il suo «Bouvard e Pècuchet». Messe in scena alcune discutibili commedie, nel 1880 esce su rivista il primo racconto di Maupassant, «Palla di sego», che Flaubert non esita a definire un capolavoro. La morte improvvisa del maestro non gli permette tuttavia di assaporare il successo: «I suoi pensieri mi tornano in mente senza sosta» scrive afflitto a Zola «ad ogni istante lo vedo in piedi dinnanzi a me, nel suo gran vestito scuro».
Anche le emicranie di cui soffre fin dall’infanzia non danno tregua; a ciò si sommano vari disturbi (soprattutto agli occhi) che lo costringono ad usare l’etere e farmaci pesanti come bromuro di potassio e arsenico. Intanto sia i romanzi («Bel-Ami» e «Pierre e Jean» i più noti) sia le novelle convincono, un poco scandalizzano e quindi vendono bene: da sempre attratto dal mare, Maupassant può permettersi dei battelli - uno chiamato proprio «Bel-Ami» - e persino un pallone aerostatico. Ha numerose amanti, molte delle quali resteranno anonime. Viaggia molto, tra le mete preferite l’Algeria e l’Italia: detesta Roma, Firenze la visita febbricitante, resta incantato da Napoli e dalla Sicilia. Però gli effetti della sifilide e i problemi famigliari (in primis la malattia mentale del fratello) a poco a poco lo piegano. «Si sta animalizzando. Passa le giornate a guardare la parete che ha davanti» annota maligno de Goncourt nel suo diario.
Dopo alcuni tentativi di suicidio e un breve coma, Guy si spegne a Parigi a 43 anni. È Zola a tenere il discorso funebre. Messi all’asta, gli arredi e le carte di casa Maupassant rendono 24.500 franchi, meno di 4000 euro. La tomba, nel cimitero di Montparnasse, ricorda una soglia, un portale magico che può mettere in comunicazione l’oggi con l’Ottocento. Come attivarne il meccanismo? Leggendo quest’estate i suoi testi.
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