Lezioni Treccani
Come si possono raccontare 60 anni di Nomadi in 200 pagine? Una bella sfida che il bolognese Gianluca Morozzi ha raccontato lunedì sera allo Spazio Malerba, nell’ultimo degli incontri delle Lezioni Treccani.
Personalità prolifica ed eclettica, autore di 43 romanzi e oltre 300 racconti, Morozzi nel corso della serata, introdotta da Pasquale De Santis di Fondazione Treccani Cultura, che ha curato la rassegna in collaborazione con Kratesis, ha svelato curiosità e retroscena di una delle band più amate della musica italiana, prendendo spunto dal libro «Una voglia di ballare che faceva luce. Il romanzo di noi Nomadi», edito da Aliberti.
Scritto a quattro mani con Beppe Carletti, storico tastierista e co-fondatore del gruppo nel 1963 insieme all’indimenticabile Augusto Daolio, il libro, dal titolo di ispirazione gucciniana, non è una biografia ma si legge come un romanzo. Novanta concerti l’anno, una media annuale di un milione di spettatori, 82 album, 15 milioni di dischi in sessant’anni. Successi, lutti, rinascite, costellano la vita della band emiliana da poco ricevuta al Quirinale dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Un’icona musicale che pur compiendo 60 anni (solo uno in meno dei Rolling Stones) è senza tempo, come i propri successi.
Morozzi ha snocciolato aneddoti e ricordi. Dagli esordi di Carletti, con il suo suonare a ritmo sul corrimano delle scale di casa e la fisarmonica pagata con le cambiali dai genitori. Per arrivare a raccontare di Augusto, a quel suo inconfondibile odore di sigarette e cuoio, amante degli scherzi e della convivialità, che diventa «Augusto dei Nomadi» nell’estate del’63 ingaggiato nelle stagioni estive della riviera per intrattenere i turisti stranieri. E poi le scelte della vita: cosa sarebbe stato se i Nomadi anziché incontrare Guccini, avessero prima incontrato Mogol e Battisti (che chiesero loro di incidere «Non è Francesca»)?
Raccontare la storia dei Nomadi significa raccontare l’Italia, dal dopoguerra sino all’uscita del libro. Significa attraversarla nelle sue evoluzioni come loro fecero, con i capelli lunghi e gli abiti sgargianti, con la voglia giovanile di cambiamento, più volte contestati come fu ai tempi dell’uscita di «Dio è morto» (censurato dalla Rai, ma trasmesso da Radio Vaticana). Per arrivare a quel 1992, l’anno più tragico, con la morte del giovane bassista, Dante Pergreffi, e, dopo mesi di malattia, quella di Augusto. E subito dopo il domandarsi che fare, quali decisioni prendere su come andare avanti e su come gestire la sua eredità musicale, per arrivare a una nuova storia che inizia con Danilo Sacco e arriva all’attuale Yuri Cilloni. Nomadi ma dalle radici forti per una storia in divenire e un romanzo che non conosce l’ultimo capitolo.
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